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Un anno dopo il 7 ottobre è “guerra totale” in Medio Oriente

Maed

Quel che non doveva succedere è accaduto. L’Iran ha risposto ad Israele lanciando oltre 200 missili e un anno dopo l’eccidio del 7 ottobre la guerra in Medio Oriente si è allargata perché gli obiettivi di Netanyahu sono cambiati, non gli basta più  lo sradicamento di Hamas. Il mondo trema e il nostro governo pensa a come ritirare i nostri soldati dal Libano.

I “lampi di guerra” così titola il Corriere della Sera  per spiegare l’attacco dell’Iran e “lo scudo di Israele”.  La guerra “totale” domina le prime pagine dei quotidiani italiani e non solo. “Iran-Israele, adesso è guerra” scrive in prima la Stampa, “Pioggia di fuoco su Israele” riporta il Messaggero e per il Fatto Quotidiano “La rappresaglia dell’Iran buca lo Scudo di Israele”. Di certo siamo arrivati ad un punto di non ritorno e, purtroppo, anche la cronaca dei giornali sembra “vecchia” di fronte al rapido susseguirsi di bombe ed attacchi incrociati.

IRAN ISOLATO DAL MONDO ARABO

Chi avrebbe detto che un anno dopo la strage del 7 ottobre saremmo precipitati fino a questo punto? Si domanda Federico Rampini nell’editoriale sul Corriere della Sera che spiega le ragioni di questa guerra estesa. “Il conflitto in Medio Oriente sembra sfuggito di mano a tutti i protagonisti: Israele, l’Iran con la sua galassia di organizzazioni terroristiche, l’America”. Ma per l’editorialista del quotidiano milanese è soprattutto l’Iran ad essere in difficoltà perché il mondo arabo non appoggia questa escalation. E ricorda: “Nel 1973 la guerra dello Yom Kippur aveva colto Israele impreparato, come il 7 ottobre 2023. Sembrò all’inizio una vittoria araba, soprattutto quando l’Opec mise in ginocchio gli alleati occidentali di Israele con l’embargo petrolifero. In realtà cominciò allora a maturare nelle classi dirigenti di Egitto e Giordania la consapevolezza che non avrebbero mai sconfitto Israele militarmente. Da lì nacquero, alcuni anni dopo, i primi accordi di pace. Se l’Iran aprisse finalmente gli occhi sul vicolo cieco in cui si è cacciato, dalla tragedia odierna forse potrebbe estrarre le lezioni giuste”.

ISREALE HA ALLARGATO I SUOI OBIETTIVI

Di certo tutto è mutato anche perché in questo anno di conflitto gli obiettivi di guerra israeliani sì sono allargati. Lo scrive nella sua analisi su la Stampa  Nathalie Tucci: “non più «solo» lo sradicamento di Hamas, ma anche la sconfitta di Hezbollah, e quello che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha definito il «cambio dell’equilibrio» di potere in Medio Oriente, fino ad arrivare, chissà, a un cambio di regime a Teheran. Per farlo, l’escalation israeliana potrebbe rivelarsi una trappola esistenziale per l’Iran”. Tutto questo perché, secondo Tucci l’Iran non ha buone opzioni nell’immediato. “Sarebbe stato quindi più saggio per Teheran non fare nulla, mentre Israele fa il passo più lungo della gamba e rischia di impantanarsi (di nuovo) in Libano. Come ogni marzialista sa,di fronte alle capacità preponderanti dell’avversario, è inutile contrapporre forza a forza. Basta attendere e usare la forza altrui a proprio vantaggio, facendo leva sugli errori dell’altro”.

POSSIBILE RITIRO NOSTRO CONTINGENTE UNIFIL DAL LIBANO

Intanto l’escalation in Medio Oriente preoccupa il governo italiano. Giorgia Meloni ha convocato un vertice a Palazzo Chigi alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e i vertici dell’intelligence. Il Foglio scrive che uno dei temi sollevati, per la prima volta, è il possibile ritiro del contingente italiano Unifil dal Libano, da concordare eventualmente con l’Onu e con gli altri paesi contributori della missione. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, fanno sapere fonti diplomatiche. E aggiunge: “Osservatori e analisti parlano in queste ore di una risposta potenzialmente molto dura, che potrebbe riguardare attacchi in profondità e avere tra gli obiettivi, per esempio, le strutture petrolifere iraniane (il petrolio iraniano è sotto embargo ma il suo commercio illegale è una linea di credito vitale per il regime). Il governo italiano si aspetta, nella risposta del gabinetto di guerra di Benjamin Netanyahu, un coordinamento decisivo fra America e Israele”. Che fino ad ora, ad essere sinceri è mancato.

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