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Vaccini, perché 70 milioni di dosi Johnson e Johnson rischiano lo stop

Johnson & Johnson Italia Johnson E Johnson

Secondo il New York Times, in un centro di produzione di Baltimora non sarebbero state rispettate le più elementari regole a presidio dell’igiene e adesso si rischia di buttare via milioni di fialette Johnson e Johnson

Nuovo possibile inciampo dei vaccini Johnson e Johnson della belga Janssen Pharmaceutica su suolo statunitense. La Food and Drug Administration americana, secondo quanto scrive il New York Times, starebbe infatti valutando se sia opportuno sospendere la distribuzione nel territorio statunitense di 70 milioni di dosi di vaccino Johnson & Johnson, prodotte in uno stabilimento di Baltimora in cui sarebbe mancato il rispetto delle più elementari norme igieniche.

Secondo quanto riporta il giornale americano, dato che nel medesimo impianto viene prodotto anche il vaccino AstraZeneca, nel passare da una linea di produzione all’altra, gli addetti non avrebbero seguito le necessarie procedure anti contaminazione dei sieri sulla linea di assemblaggio.

I test di sicurezza hanno così identificato tracce del virus di AstraZeneca in un lotto di vaccino J&J prima che lasciasse la fabbrica, ma la massima autorità statunitense in materia sarebbe preoccupata per il fatto che i controlli non sarebbero stati in grado di riscontrare contaminazioni di livello inferiore anche in altri lotti prodotti nello stesso periodo, come raccontato alla testata di New York da un funzionario federale che, per ovvi motivi, preferisce restare anonimo.

Ora bisogna comprendere sia eventuali rischi per la salute legati a fialette J&J contaminate con AstraZeneca, sia le conseguenze sulla logistica e sulla somministrazione che poi si ripercuotono in modo assai forte sui piani vaccinali dei singoli Paesi. Sempre secondo il New York Times, per quanto riguarda gli States e l’Unione europea le ripercussioni sarebbero relativamente modeste, data la scarsa distribuzione del siero J&J, mentre potrebbero rivelarsi molto più pesanti in Sudafrica e negli altri Paesi dove la distribuzione dei vaccini stenta ancora a decollare.

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