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scioperi

Vi racconto il ritorno degli scioperi e dei conflitti sociali

Negli ultimi anni, a partire dagli Stati Uniti, stiamo assistendo al  ritorno in grande stile del conflitto sociale e degli scioperi. Con nuove modalità, nuovi protagonisti

Sciopero. Davamo per finiti i sindacati. Davamo per indifesi i lavoratori. Davamo per esaurito il ruolo delle organizzazioni collettive nell’arena pubblica. E invece – è proprio vero che il mondo ci sta cambiando davanti agli occhi – gli ultimi anni hanno visto un ritorno in grande stile del conflitto sociale. Con nuove modalità, nuovi protagonisti.

Cancellato negli anni’ 80 dal binomio anti-sindacale Reagan-Thatcher, il conflitto è riesploso proprio dove meno ce lo si aspettava: in America e nel Regno Unito. In particolare, negli Stati Uniti la nuova “vitalità” dello sciopero e delle “forme aggregative” ha dato notizia di sé a ottobre 2021 con la protesta dei 1400 dipendenti di Kellogg’s e poi si è propagata in varie direzioni. Basti ricordare, solo per citarne alcuni, gli scioperi che hanno coinvolto Starbucks, gli infermieri, i portuali della West Coast, i piloti di American Airlines, i corrieri UPS e perfino attori e sceneggiatori di Hollywood.

GLI SCIOPERI AMERICANI DI CUI I MEDIA ITALIANI HANNO PARLATO POCHISSIMO

Ma il più significativo è stato senz’altro quello degli operai dell’auto. I media italiani generalisti ne hanno parlato pochissimo, e non è un caso. I metalmeccanici americani UAW – grazie a una nuova e combattiva leadership, quella di Shawn Fain – dopo una protesta di sei settimane, clamorosa per gli USA, hanno battuto i tre colossi dell’automotive: GeneralMotors, Ford, Stellantis. Persino Biden si è fatto vedere ai loro picchetti.

Proprio per Biden, però, si apre la questione più scomoda: assecondare il conflitto sociale, col rischio di accenderlo troppo e perdere consensi al centro. Oppure ignorarlo, col rischio di perdere sostegno prezioso a sinistra?

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