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Anac, la relazione annuale di Cantone sul modello italiano anti corruzione

Anac Cantone

Attività svolte, sanzioni irrogate, vigilanza, whistleblowing, decreto Sblocca Cantieri: nell’ultima relazione annuale dell’Anac il presidente Cantone racconta il “modello italiano” della prevenzione e della corruzione

In questi anni l’Autorità nazionale anticorruzione ha creato il “modello italiano” della prevenzione e della corruzione che è entrato nel dna della nostra amministrazione pubblica, oltre ad aver ricevuto apprezzamenti all’estero, dal Consiglio d’Europa all’Ocse. È un bilancio positivo – pur nella consapevolezza dei tanti passi da compiere ancora – quello tracciato da Raffaele Cantone nella Relazione annuale dell’Anac, l’ultima da presidente. “La cifra che ha caratterizzato il difficile lavoro dell’Autorità in questo periodo è stata certamente quella dell’apertura, della collaborazione e del confronto. L’ottica perseguita – ha detto il magistrato – è stata quella di affiancare e accompagnare le amministrazioni nei loro compiti di attuazione della nuova normativa, esercitando i poteri sanzionatori solo come extrema ratio”.

Nel suo intervento Cantone ha tracciato una sorta di quadro delle attività svolte in questi cinque anni soffermandosi in particolare su quelle relative alla vigilanza. In merito ai contratti pubblici, ha ricordato l’intervento del Governo e del Parlamento con il decreto sblocca Cantieri di cui ha evidenziato alcune criticità pur sospendendo il giudizio complessivo sull’impianto in attesa della sua conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega.

LE ATTIVITÀ SVOLTE

Da luglio 2014 a dicembre 2018, ha evidenziato Cantone, l’Autorità ha aperto oltre 30mila fascicoli istruttori, effettuando circa 200 verifiche ispettive, molte insieme al Nucleo Speciale Anticorruzione della Guardia di Finanza; ha reso oltre 3.150 pareri in materia soprattutto di contratti pubblici e stipulato 78 protocolli di vigilanza collaborativa, che hanno consentito di verificare più di 200 procedure di particolare rilevanza o impatto economico. A queste si devono aggiungere altri 10 accordi di alta sorveglianza su grandi eventi da cui sono scaturiti oltre 1.000 pareri elaborati dall’Unità Operativa Speciale, nata con Expo e diventata poi una presenza strutturale.

Circa 2.000 sono state le sanzioni irrogate perlopiù nel settore dei contratti pubblici in cui l’Anac svolge la funzione di accertare infrazioni rilevate da altri (soprattutto stazioni appaltanti). Numerosi, ha ricordato ancora il presidente, sono stati anche gli atti a carattere generale adottati per dare indicazioni ad amministrazioni e stazioni appaltanti (oltre 60 tra piano nazionale anticorruzione, linee guida in varie materie, bandi-tipo e prezzi di riferimento) e 35 le segnalazioni a Governo e Parlamento per evidenziare disfunzioni e proposte di modifica normativa, “segnalazioni che purtroppo quasi mai hanno avuto seguito” ha sottolineato.

Si tratta di numeri importanti e – anche se estirpare la corruzione è un obiettivo “forse irraggiungibile, visto che non esistono Paesi al mondo a corruzione zero” – dimostrano che “gli attori del sistema, in primis le amministrazioni pubbliche, hanno capito e cominciato a utilizzare al meglio lo strumentario legislativo pensato per farvi fronte”. Anche grazie, ha notato Cantone, alle attività svolte attraverso il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), “vero perno dell’attività di prevenzione, elaborato tramite il confronto con gli operatori e sempre più strutturato in modo da essere attento alle specifiche realtà, ai rischi e alle possibili misure per sterilizzarli”.

LA VIGILANZA SU INCOMPATIBILITÀ E I CONFLITTI DI INTERESSE

Il numero uno dell’Anac si è soffermato sull’attività di vigilanza sulle inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, previste dal decreto legislativo 39 del 2013, che è stata “particolarmente intensa”. “Sin dall’inizio – ha detto – si sono rivelate materie ‘ostiche’ per le numerosissime questioni sottoposte (150 sono i procedimenti del 2018 e quasi 700 quelli complessivamente avviati in questi anni), per l’impatto che le decisioni dell’Autorità hanno su amministrazioni e soggetti destinatari degli incarichi, ma soprattutto per le notevoli difficoltà interpretative”.

L’Autorità ha predisposto otto segnalazioni a Governo e Parlamento, “senza ottenere riscontri”; la prima, con 25 punti problematici, risale al giugno del 2015, quando sembrava in calendario la riforma del decreto 39, poi abbandonata. Strettamente legata alla materia delle inconferibilità e incompatibilità è la tematica dei conflitti di interesse, “situazione considerata anche a livello internazionale come fonte di maggior rischio di fatti corruttivi”.

Anche sul punto, “gli innegabili passi in avanti compiuti con l’introduzione del dovere di astensione ad opera della legge Severino risultano, però, non ancora sufficienti e rendono auspicabile una normativa di sistema in materia, che tante volte è stata annunciata nel corso degli anni – ha evidenziato Cantone -. Allo stato, infatti, le armi per sterilizzare i conflitti di interesse sono decisamente spuntate; in tante occasioni sono state segnalate possibili (e gravi) situazioni di conflitti di interesse anche strutturale e l’Autorità si è dovuta limitare a rilevarne l’esistenza e a evidenziarla all’amministrazione con una semplice richiesta di rimuovere il conflitto”.

IL WHISTLEBLOWING

Il presidente dell’Autorità si è poi soffermato sul whistleblowing, un “istituto che sta dimostrando grande vivacità” visto il forte aumento delle segnalazioni e delle istruttorie, passate da 125 nel 2015 a 764 nel 2018, per un totale di circa 1.460. Le questioni segnalate vanno dagli appalti irregolari ai concorsi illegittimi ai comportamenti di maladministration, “anche se continuano a pervenire, pur sotto l’egida della legge 179 del 2017, esposti su questioni di natura meramente personale, esclusi dalla tutela con la nuova normativa”. Le segnalazioni, ha evidenziato, sono oggi acquisite attraverso un sistema informatico che garantisce riservatezza, sicurezza e affidabilità e il software utilizzato è stato recentemente messo a disposizione di altre amministrazioni che lo hanno richiesto.

LE AZIONI PER LA TRASPARENZA

Nella relazione spazio anche alla trasparenza, “uno dei pilastri per un’’efficace azione di prevenzione della corruzione ma anche un principio entrato ormai a pieno titolo nella costituzione materiale del Paese”. In questo senso, secondo il magistrato, va letta la recente e attesa sentenza della Corte Costituzionale (n. 20 del 21 febbraio 2019), che si è pronunciata sulla questione di legittimità relativa agli obblighi di pubblicazione dei compensi, dei dati patrimoniali e delle spese per viaggi di servizio e missioni dei dirigenti pubblici, accogliendola parzialmente e limitatamente ai dati patrimoniali e ai soli dirigenti non apicali.

Secondo Cantone “l’impianto introdotto con la normativa anticorruzione è uscito rafforzato dalla decisione della Consulta, che ha ritenuto configurabile un vero e proprio diritto, costituzionalmente tutelato, dei cittadini ad accedere ai dati in possesso delle amministrazioni, diritto che va bilanciato, secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza, con l’altro, pur ugualmente tutelato a livello costituzionale, di riservatezza dei dati personali”. La soluzione adottata dalla Corte “non è dissimile da quella che l’Autorità aveva indicato con una propria segnalazione a Governo e Parlamento e richiederà comunque una modifica legislativa per individuare con precisione le categorie di dirigenti tenuti agli obblighi di trasparenza”.

Altro elemento positivo: “I dati in nostro possesso – ha notato il presidente – dimostrano che le amministrazioni e i cittadini hanno ormai conseguito una discreta maturità nell’utilizzo degli strumenti disponibili. Infatti, le attività di vigilanza sugli obblighi di pubblicazione avviate dall’Autorità (circa 220 nel 2018 e 1.400 nel quinquennio) hanno portato all’irrogazione di sanzioni in meno del 10% dei casi esaminati”.

CONTRATTI PUBBLICI

Cantone ha poi parlato del codice sui contratti pubblici varato nel 2016 per recepire le direttive comunitarie in materia. “Non credo di sbagliare nel dire che quanto accaduto su quel testo non ha molti precedenti nella storia del nostro Paese: adottato con grandi auspici e senza nemmeno particolari contrarietà, da un giorno all’altro è diventato figlio di nessuno e soprattutto si è trasformato nella causa di gran parte dei problemi del settore e non solo” ha rimarcato notando che certamente da quell’articolato sono derivate delle criticità dovute “soprattutto al fatto che è stato attuato solo in parte”. Governo e Parlamento hanno ritenuto però, “con una scelta legittima”, di apportare profonde modifiche.

IL DECRETO SBLOCCA CANTIERI

Eccoci dunque ai giorni nostri con il decreto Sblocca Cantieri annunciato a fine 2018 e varato a metà aprile 2019 e con una legge delega all’esame del Parlamento per una riforma radicale del codice. “Il decreto, non ancora giunto all’approvazione nemmeno di uno dei rami del Parlamento, è stato fatto segno di numerose e sostanziali modifiche e ad oggi si fa fatica ad orientarsi fra gli emendamenti e i subemendamenti approvati e modificati e a individuare, quindi, un testo su cui potersi confrontare – ha sottolineato Cantone -. Sicuramente esso incide anche sui poteri dell’Anac, prevedendo il ritorno al regolamento attuativo in luogo delle linee guida dell’Autorità. Non ci sentiamo di criticare questa opzione” ha proseguito rivendicando però il lavoro svolto dall’Autorità: delle 10 linee guida previste ne sono state varate 7.

Tra le criticità dello Sblocca Cantieri segnalate da Cantone c’è la previsione di una soglia abbastanza alta (150 mila euro) entro la quale adottare una procedura molto semplificata che aumenta “il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi”. Alcune opzioni invece, come il ritorno dell’appalto integrato, l’aumento della soglia dei subappalti al 40%, la possibilità di valutare i requisiti per la qualificazione delle imprese degli ultimi 15 anni, le amplissime deroghe al codice concesse ai commissari straordinari, “paiono troppo attente all’idea del ‘fare’ piuttosto che a quella del ‘far bene'”.

Il magistrato non condivide neppure la scelta di sospendere l’albo dei commissari di gara per un biennio, che è stata introdotta in uno degli ultimi emendamenti “proprio quando questa novità stava per partire”, in quanto “rischia di incidere su un momento topico della procedura, facendo venir meno un presidio di trasparenza, oltre che rendere inutile il cospicuo investimento economico (500 mila euro circa) che l’Autorità ha sostenuto per applicare la disposizione”.

Nel complesso, però, il giudizio sul provvedimento “resta sospeso anche in attesa che si completi l’iter legislativo della conversione e soprattutto dell’approvazione della legge delega”. Di sicuro però Cantone lascia un “suggerimento”: “Il settore degli appalti ha assoluto bisogno di stabilità e certezza delle regole, e non di continui cambiamenti che finiscono per disorientare gli operatori economici e i funzionari amministrativi”.

LA VIGILANZA SULLE CONCESSIONI, SUI RIFIUTI E SULLA SANITÀ

Parlando di quanto fatto dalla nascita dell’Anac, nel 2014, Cantone ha ricordato che – in merito alle concessioni – prima del crollo del Ponte Morandi, l’Autorità ha avviato un’ampia indagine precedente all’esercizio dei poteri di vigilanza previsti dall’art. 177 del codice (il cui avvio è stato poi rinviato con il decreto sblocca cantieri) chiedendo informazioni a concedenti e concessionari. Dall’esame sono emerse diverse problematiche, “segnalate anche a Governo e Parlamento lo scorso ottobre”, relative soprattutto alle proroghe e allo “scarso” controllo dei concedenti.

Sui rifiuti Cantone ha ricordato di aver rimarcato varie volte “come il settore, da nord a sud, si caratterizzi da anni per problemi strutturali e violazioni sistematiche del codice. Il quadro – ha aggiunto – è aggravato dalle significative infiltrazioni mafiose e dal paradosso che, anche in presenza di interdittive antimafia, non si riesce spesso a sostituire il gestore del servizio per la difficoltà di impostare gare realmente concorrenziali”. Per questo l’Anac ha dedicato all’argomento un capitolo del Piano Nazionale Anticorruzione del 2018, con cui ha provato a indicare possibili soluzioni alle problematiche, sia su alcuni aspetti della governance sia sulla predisposizione dei bandi.

Infine, riguardo al tema sanità, Cantone ha citato un’indagine conoscitiva effettuata nel 2018 sui prezzi e sulle modalità di approvvigionamento dei dispositivi per diabetici da parte degli enti del servizio sanitario nazionale dalla quale risulta che i prezzi ottenuti tramite gara sono molto più bassi e che se tutte le regioni si allineassero a questi prezzi, si avrebbe un risparmio a livello nazionale di oltre il 42%, pari a circa 216 milioni di euro all’anno.

GUARDANDO AL FUTURO

Alla vigilia dell’addio, il presidente dell’Anac si è interrogato sulle prospettive future dell’Autorità che, a suo avviso, si intersecano con una domanda: “Serve davvero la prevenzione nell’ambito della politica di contrasto alla corruzione?”. “Convintamente positiva” la risposta di Cantone. “Giudicare negativamente gli esiti della prevenzione sulla scorta del ripetersi di fatti corruttivi, anche particolarmente gravi come quelli accaduti di recente, è operazione non corretta – è la sua opinione -, analoga a quella che si farebbe, ad esempio, mettendo in discussione la politica di prevenzione degli infortuni sul lavoro solo perché questi nefasti episodi non si sono interrotti”.

Invece il persistere della corruzione “invita a continuare nella strada intrapresa, che nessuno ha mai pensato potesse sostituire (ma solo affiancare) quella repressivo-penale” la cui riforma è ben vista da Cantone che giudica “l’importante” legge Bonafede “condivisibile in gran parte delle novità recate”.
Secondo il magistrato “il modello italiano, fondato su innovative politiche di prevenzione della corruzione e su un’autorità indipendente che ne monitora l’attuazione e aiuta le amministrazioni nel loro compito, si è rivelato, nel merito, una scelta felice” che ha pure portato l’Italia dal 69esimo al 53esimo posto nella graduatoria di Transparency International.

Dunque, “l’auspicio è quello di proseguire sulla strada intrapresa, evitando di rincorrere ricette banalizzanti, che sembrano perseguire l’obiettivo, non della condivisibile sburocratizzazione del sistema amministrativo, ma di una inaccettabile deregulation, già vista in opera nel Paese negli anni scorsi con risultati deleteri anche sul fronte della lotta alla corruzione. Tornare indietro, come nel gioco dell’oca – è la conclusione -, mentre il sistema italiano inizia a funzionare e viene preso a modello in altri Paesi, mentre la maggioranza degli Stati, compreso il Vaticano, sta facendo propria la politica di prevenzione, sarebbe difficilmente comprensibile”.

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