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Autonomia secondo i 5 Stelle, ne ha parlato Lezzi in Commissione su federalismo fiscale
Il ministro per il Sud Barbara Lezzi in audizione: nessuno deve essere penalizzato, gap Nord-Sud cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni. Tutti i dubbi su scuola e Lep
Nel contratto di governo fra Lega e Movimento Cinque Stelle sono previste le richieste di autonomia e vanno accolte ma senza favorire alcune Regioni a discapito di altre. A dirlo il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, in audizione davanti alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. La questione è molto sentita dall’esponente di governo che ha rimarcato come oggi esistano già “disuguaglianze in diverse aree del territorio italiano” e come “negli ultimi 25 anni il gap del Sud con il Nord sia cresciuto a dismisura”. “Nessuno deve rimanere penalizzato” ha fatto presente spiegando però che, in merito alle richieste di autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, “è nelle nostre intenzioni rispettare quei referendum, e la Costituzione, quindi avviare il percorso dell’autonomia. Non stiamo ostacolando niente. Noi vogliamo che venga perseguito questo obiettivo, anche perché lo abbiamo inserito nel contratto di Governo. Così come abbiamo inserito la riduzione del gap tra Nord e Sud”.
LE PERPLESSITÀ SULLE BOZZE RIGUARDO ALLA SCUOLA
Il responsabile del dicastero per il Sud ha affermato che “nel contratto di Governo è scritto che ‘il legame dei docenti con il proprio territorio non può essere declinato in chiave semplicemente autonomistica o regionalistica, nelle parti in cui ciò si traduce in una mera duplicazione di procedure e competenze, che rischiano di inficiare il buon andamento del sistema scolastico’. In tal senso – ha proseguito -, è opportuno mantenere una prospettiva grandangolare dal momento che, con tali forme di differenziazione, si verrebbe a creare non solo un vulnus difficilmente sanabile, ma si istituirebbe un precedente che potrebbe influire in modo determinante nel sistema nazionale dell’istruzione su talune possibili derive a carattere localistico”.
Lezzi si è poi soffermata sulle bozze di intese tra Stato e Regioni per l’autonomia differenziata e in particolare sugli articoli 10 e 11 in materia di istruzione. Nell’articolo 11, ha detto, “c’è una giustapposizione tra funzioni e competenze statali e regionali che si verrebbe a creare circa la definizione dei ruoli, nonché le procedure di reclutamento del personale della scuola”. In tal modo “si andrebbe contro il principio di semplificazione, dal momento che la creazione di identici ruoli e funzioni sarebbe disciplinata indifferentemente dallo Stato o dalla Regione. Ad esempio, due scuole, in uno stesso Comune, potrebbero avere in organico un dirigente scolastico statale o regionale, e il personale docente in parte statale e in parte regionale”.
Un’altra critica, sempre in tema di istruzione, il ministro l’ha mossa riguardo alle norme sulla mobilità regionale del personale scolastico e sulla tempistica ad essa correlata che “non si conciliano e non tengono conto di quanto previsto attualmente dalla normativa nazionale in materia di assegnazione provvisoria”. Per quanto riguarda invece l’articolo 10, che disciplina “i criteri del riconoscimento della parità scolastica, e conseguentemente dell’assegnazione dei contributi ad essa relativi, nonché delle funzioni di vigilanza, non può essere demandata tout court alle Regioni in alternativa allo Stato senza creare una differenziazione nel trattamento fondata su base localistica e territoriale, che andrebbe in contrasto con i principi di ordine generale, incidendo indirettamente anche sul dettato costituzionale”.
Inoltre, per quanto attiene alla programmazione dell’offerta formativa integrata, Lezzi teme “un appiattimento delle funzioni dell’apprendimento didattico-formativo sulle esigenze correlate alla formazione professionale. Si addiverrebbe così al rischio di un ulteriore depauperamento di quelle competenze maggiormente correlate al libero sviluppo della persona, piuttosto che a necessità meramente legate a prospettive economico-professionali”.
IL PROBLEMA DEI LEP
Durante l’audizione a Palazzo San Macuto il ministro per il Sud ha poi espresso un’altra perplessità sulle bozze di intese per l’autonomia differenziata ovvero “l’attuale mancata definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti Lep, definiti solo in parte nell’ambito sanitario, con l’inevitabile conseguenza dell’assenza di un riferimento per la definizione del giusto livello di risorse per ciascun ente”. Il documento che è stato preparato prevede che i Lep siano definiti dallo Stato il quale deve “garantirli su tutto il territorio nazionale, in quanto ad essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni”. Il punto però è che, senza aver definito i livelli essenziali e con carenza di risorse finanziarie, “diventano complesse le scelte per il progressivo abbandono del criterio della spesa storica, in favore del criterio dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard. Il problema fondamentale, in materia di livelli essenziali – ha notato Lezzi -, rimane quello della loro definizione e del loro aggiornamento. Un passaggio fondamentale perché i diritti sociali non rimangano sulla carta, ma siano effettivamente esigibili, e l’esigenza di una chiara definizione dei livelli essenziali è poi tanto più urgente se si considera che la legge n. 42 del 2009, la Legge delega sul federalismo fiscale, delinea un sistema basato sulla distinzione fondamentale fra spese essenziali, destinate a finanziare i Lep, e spese cosiddette libere”.