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Concessioni balneari, come sono regolamentate negli altri Paesi Ue?

Variante Delta Turismo Settembre

Anche l’Italia, a fatica, ha europeizzato la disciplina delle concessioni balneari, ma come è regolamentata la materia negli altri Paesi Ue?

Com’è noto, in tema di riordino delle concessioni balneari, dopo le scudisciate del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che non vuole altri ritardi sui ddl Concorrenza (cruciale soprattutto ai fini dell’ottenimento dei fondi del Recovery Fund), la maggioranza di governo ha faticosamente trovato, in seno alla Camera Alta, un compromesso che fissa la partenza di tutte le gare per il 31 dicembre del 2023, con numerose deroghe di un anno solo per quei Comuni oggettivamente impossibilitati a mettere al bando le concessioni. Modalità ed entità degli indennizzi agli imprenditori che non riuscissero a rinnovare le concessioni saranno oggetto dei decreti delegati dei ministeri delle Infrastrutture e del Turismo da varare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge. Anche l’Italia, insomma, ha europeizzato la disciplina delle concessioni balneari, dando infine attuazione alla Direttiva Bolkestein, ma come è regolamentata la materia negli altri Paesi Ue?

CONCESSIONI BALNEARI, COSA AVVIENE NEGLI ALTRI PAESI UE

Tra i Paesi Ue più vicini a noi, non solo geograficamente, c’è la Francia, dove si prevede che la durata delle concessioni balneari non superi i 12 anni e il legislatore è intervenuto imponendo che l’80% della lunghezza e l’80% della superficie della spiaggia devono essere liberi da costruzioni per sei mesi l’anno: gli stabilimenti vanno quindi rigorosamente montati e poi smontati.

In Francia, le concessioni per gli stabilimenti balneari sono rilasciate per un massimo del 20% della superficie del litorale mentre il Conservatoire du Litoral, ente sotto controllo pubblico, si occupa di riacquistare per lo Stato i tratti di spiaggia di proprietà privata. I Comuni, enti preposti per il rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni, sono obbligati a informare la collettività di qualunque progetto e su qualunque nuovo soggetto che intenderà gestire le spiagge; al tempo stesso i cittadini possono effettuare proposte sulla corretta gestione del patrimonio costiero pubblico.

Dal lato opposto del Mediterraneo, a Est,  la Croazia ha previsto nuovi regimi di valutazione delle concessioni balneari, che variano al variare dello scopo e dell’importo degli investimenti necessari e di tutti gli effetti economici complessivi che saranno raggiunti con la concessione, sempre e solo tramite bandi di gara. In Croazia il “permesso di concessione” è valido solo per 5 anni e include le attività di: trasporto dei passeggeri; noleggio delle barche; trasporto delle merci; depurazione delle acque marine; apertura di ristoranti e negozi (chioschi, edifici a terrazzo, etc.); avvio di attività commerciali e ricreative (parchi acquatici, parchi di divertimenti, noleggio di ombrelloni e sdraio, etc.); apertura di scuole di vela, canottaggio e nuoto; formazione subacquea e le relative escursioni.

Quanto ai divieti, in Croazia riguardano la costruzione di qualsiasi opera ancorata al suolo, come ristoranti, dehor e chioschetti, per una distanza minima di 1 km stabilendo una continua ed unica “Area protetta costiera” di alto valore naturale, culturale e storico. Le costruzioni esistenti che si trovano nella fascia a 100 metri dalla costa non possono in nessun modo essere ampliate, mentre per le nuove costruzioni vige il divieto di realizzarne entro una zona distante 1.000 metri dalla costa.

In Spagna non ci sono ancora regole definite per le concessioni balneari: è insomma uno dei Paesi Ue a non aver fatto propria la Bolkestein, ma secondo l’ultimo report di Legambiente sulle spiagge, “risulta difficile trovare esperienze di Comunità Autonome che le rilascino per via diretta. La proroga delle concessioni esistenti è soggetta a un rapporto ambientale che indichi gli effetti dell’occupazione sull’ambiente ed espliciti le condizioni per garantire la protezione del demanio pubblico marittimo e terrestre. È previsto inoltre il limite di un chiringuito (tipico chiosco/lido spagnolo) ogni 150 metri per garantire la vista del mare, mentre nel nostro Paese, come sappiamo, i manufatti degli stabilimenti sono spesso uno accanto all’altro”.

Infine, per quanto riguarda la Grecia, nonostante le concessioni abbiano una durata variabile e stabilita dai Comuni, la regola costante per tutto il territorio è quella di affidare la gestione di tratti di spiaggia tramite bandi di gara, con procedure di selezione che garantiscono imparzialità e trasparenza.

 

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