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Cosa è e cosa prevede il Mes

Mes

Sale di nuovo la tensione sulla ratifica del Mes da parte del Parlamento italiano, rinviata probabilmente al 2024. Ma cos’è e perché fa così ‘paura’ ad alcune forze politiche? 

Arrivederci Mes al 2024. A manifestare l’intenzione del governo e dei principali partiti di maggioranza di rinviare ancora una volta la discussione in Parlamento sulla ratifica del Mes, prevista per il 14 dicembre, è stato oggi il ministro Crosetto. La discussione sul Mes “penso che potrà avvenire alla fine di un percorso europeo, intanto – ha sottolineato il ministro  – il Consiglio Ue di questo fine settimana in cui si parlerà di bilancio europeo. Successivamente si capirà, quando l’Ecofin si riunirà, quale sarà il nuovo Patto di stabilità e le nuove regole che l’Europa vorrà darsi. Alla fine di questo percorso complessivo il Parlamento potrà esprimersi sul MES, ma penso che” potrà farlo “solo alla fine di un percorso più ampio all’interno del quale il Mes è solo una piccola parte. Il che vuol dire, prossimo anno…”.

Continua quindi a prevalere l’orientamento in particolare di Lega e FdI di prendere tempo per vincolare il sì al Mes al via libera dall’Ue sul Patto di stabilità e crescita. Alcune modifiche procedurali del Meccanismo attendono la ratifica dell’Italia. Nel 2021 il nostro Paese ha firmato con gli altri Stati membri l’intesa per riformare il Mes. Il no del M5S allora impedì la ratifica e l’arrivo in Aula. Se neanche sotto il governo Meloni viene ratificato, il Mes non diventa operativo.

COS’E’ IL MES

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes – European Stability Mechanism, ESM) è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE, nel 2012. La sua funzione fondamentale – come spiega Bankitalia sul proprio sito- è concedere, sotto precise condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato.

La condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi.

DA CHI E’ GUIDATO IL MES E QUANTI PAESI NE FANNO PARTE?

Il Mes è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa con i paesi che la ricevono). Il Mes può operare a maggioranza qualificata dell’85 per cento del capitale qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione europea e la Bce richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria.

IL CONTRIBUTO DEI PAESI AL FONDO, L’ITALIA TRA I MAGGIORI SOTTOSCRITTORI

Come ricorda una recente analisi del portale Openpolis, tutti gli stati dell’area euro hanno sottoscritto una quota di capitale a favore del Mes. Ogni paese contribuisce al fondo in modo proporzionale alla popolazione e al prodotto interno lordo. Il capitale sottoscritto finora è pari a 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 miliardi sono stati effettivamente versati dagli Stati membri nelle casse dell’organismo mentre 620 mld derivano dalle emissioni di obbligazioni. La sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi.

I principali finanziatori sono Francia, Germania e Italia, rispettivamente con 189,45 miliardi di euro, 142,27 miliardi e 125,02 miliardi di capitale sottoscritto. Contribuiscono complessivamente a finanziare il 64,5% del fondo. Sono quindi paesi che nelle votazioni hanno un peso decisionale maggiore, pari nell’ordine al 26,7%, al 20,1% e al 17,6% e possono porre il diritto di veto nelle decisioni più urgenti. In termini invece di capitale versato invece, tutti gli stati si assestano all’11,4% di quello sottoscritto. In cifre assolute, la Germania ha versato 21,65 miliardi di euro, la Francia a 16,26 e l’Italia a 14,29.

Attualmente, sono cinque i programmi di finanziamento conclusi a cui ha preso parte il Mes: Irlanda (2010-2013), Grecia (2012-2018), Spagna (2012-2013), Cipro (2013-2016) e Portogallo (2011-2014).

COSA PREVEDE LA RIFORMA DEL MES?

La proposta di riforma del Trattato istitutivo del Mes – scrive Bankitalia – interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal Mes in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata; la riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, non affida al Mes compiti di sorveglianza macroeconomica. La riforma, inoltre, attribuirebbe al Mes una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie.

IL MES SERVE O NO ALL’ITALIA?

Bankitalia sul proprio sito ha pubblicato una sorta di ‘question & answer’ sui principali interrogativi che ruotano intorno al dibattito in corso: “Il Mes non è un organismo inutile e, certo, non danneggia il nostro paese; serve all’Italia tanto quanto a ciascun altro paese dell’area dell’euro. Il Mes attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia). La presenza del Mes riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito (per gli altri non cambia nulla).

Con la riforma, che consente al Mes di fungere da backstop del Fondo di risoluzione unico, il Mes contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, il rifinanziamento dell’elevato debito pubblico del nostro paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese”.

LE OBIEZIONI DEI SOSTENITORI DEL NO AL MES

Tra i più fermi oppositori a qualsiasi ratifica o riforma del Mes c’è Claudio Borghi. Il parlamentare della Lega ha pubblicato sui social un decalogo sui motivi per cui il cosiddetto meccanismo salva-Stati non è una buona idea. Tra questi , spiega Borghi che “non è vero che si può ratificare ma non usare il Mes. Una volta attivate le modifiche esse diventano direttamente impegnative, vedi salvataggi banche, e se l’Italia perdesse l’accesso ai mercati non ci sarebbe nessuna scelta possibile se non farne uso”. Inoltre “il nuovo trattato Mes scrive chiaramente che in caso di intervento sarà possibile prevedere un taglio del valore dei titoli di Stato in mano ai risparmiatori” e “il Mes diventerebbe una specie di “agenzia di rating” con il potere di decidere sulla sostenibilità o meno del debito. In pratica potrebbe causare una crisi dichiarando a suo piacimento che un debito è insostenibile”.

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