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Cpr, cosa sono e perché sono stati affidati al Ministero della Difesa

Cpr

I Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) sono al centro della nuova strategia del governo Meloni per contrastare l’emergenza migranti. Ecco tutti i dettagli

La premier Giorgia Meloni ha deciso di affidare al Ministero della Difesa la responsabilità di costruire nuovi Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) per fronteggiare l’ondata di migranti in arrivo sulle coste italiane. Occorre farlo “nel più breve tempo possibile” per “trattenere gli immigrati illegali”, la cui permanenza è stata aumentata a 18 mesi. I nuovi Cpr, come recita la nota del Consiglio dei ministri, dovranno essere realizzati “in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili” secondo un piano che sarà elaborato dal Genio civile.

LA RESPONSABILITA’ DEI CPR AFFIDATA AL MINISTRO CROSETTO

La norma in vigore prima dell’approvazione delle nuove misure è l’articolo 19 comma 3 del D.L. 13/2017 e prevede che spetta al Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottare le iniziative per ampliare della rete dei Cpr.

E allora perché la premier ha optato per il trasferimento di competenze al Ministero della Difesa? Tutto dipende dagli inquilini dei due dicasteri. Come riportano i retroscena, si sarebbe trattata principalmente di una mossa politica per sottrarre il dossier dalle mani dell’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto del ministro Salvini ai tempi del governo gialloverde, per affidarlo al titolare della Difesa, Guido Crosetto, in quota Fratelli d’Italia e quindi vicino alla Meloni.

COSA SONO I CPR?

I Cpr sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (art. 14, D.Lgs. 286/1998) e rimpatrio.

Le modifiche approvate dal Cdm estendono a 18 mesi (6 mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi). Il limite attuale è di 3 mesi, con una possibile proroga di 45 giorni.

Tra il 2014 e il 2020 solo circa il 20% delle persone con ordine di espulsione dall’Italia sono state poi effettivamente rimpatriate (fonte Openpolis). Al 31 agosto i rimpatriati erano appena 2.293 (in linea con il 2022, quando furono in tutto 3.275): in Tunisia sono state riportate 1.441 persone (nel 2022 erano state 2.308), in Albania, 362; in Egitto, 212.

QUANTI SONO I CENTRI DI PERMANENZA PER I RIMPATRI?

Al giugno 2020, fonti Ministero dell’Interno, i centri di permanenza per il rimpatrio erano dislocati a: Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo (GO), Macomer (NU), Palazzo San Gervasio (PZ), Roma, Torino, Trapani. Successivamente (ottobre 2020) è stato riaperto il centro di Milano.

In totale sono 1.100 i posti disponibili. Come capienza, il principale Cpr presente in Italia è quello di Roma (situato a Ponte Galeria, a sud-ovest della città), con 210 posti disponibili, seguito da quello di Torino (all’interno della città), con una disponibilità di 180 posti, e da quelli di Trapani, Palazzo San Gervasio e Gradisca d’Isonzo, con 150 posti a disposizione (Fonte openpolis).

Nel 2021 sono transitati nei Cpr 5.174 migranti (Corte dei conti, Relazione concernente il rimpatrio volontario ed assistito nella gestione dei flussi migratori, maggio 2022).

COSTRUZIONE E ADEGUAMENTO DEI CPR

Delle 10 strutture odierne non tutte sono operative. Giorgia Meloni ha annunciato di volerne realizzare almeno uno per Regione, sollevando reazioni da parte di alcuni governatori, tra cui il presidente del Veneto Zaia (“Non ho notizie di richieste di Centri in regione”) e il presidente della Toscana Giani (“Non darò l’ok a nessun Cpr”). Per realizzare le nuove strutture in tempi brevissimi verranno utilizzate caserme, aree militari dismesse, non sono escluse tendopoli con il ministero della Difesa che avrà a disposizione 42,5 milioni per i prossimi tre anni per attrezzarli.

La norma prevede che “la dislocazione dei centri di nuova istituzione deve avvenire, sentito il presidente della regione interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l’assoluto rispetto della dignità della persona”.

I COSTI

Scrive Francesco Grignetti su La Stampa: “il costo pro-capite per migrante trattenuto, facendo di conto, si aggira sui 50 euro al giorno, solo per vitto e alloggio. Dato che si ipotizza una detenzione massima di 18 mesi, pari a 550 giorni, ogni clandestino alla fine costerebbe allo Stato quasi trentamila euro”.

Openpolis spiega che ogni giorno vengono spesi mediamente 40.150 euro per la detenzione di circa 400 persone. Una cifra che inoltre esclude i costi del personale di polizia e quelli legati alla manutenzione delle strutture. Per costruire nuovi Cpr e fare la manutenzione di quelli esistenti il bilancio del ministero aveva previsto nel 2022 la spesa di 26,7 milioni di euro; nel 2023 si è saliti a 32 milioni di euro. Sarebbero previsti 46 milioni per il 2024.

“Ma ovviamente tutto ciò non basterà – aggiunge Grignetti su La Stampa – se davvero bisognerà impiantare dieci nuovi Cpr. Anche questa cifra, a spanne, andrebbe raddoppiata, arrivando a 100 milioni. Ci sono infine da computare i costi dei voli. Il Dipartimento di Ps ha quantificato con una recente circolare che il costo medio del rimpatrio di un irregolare costa 2.365 euro. C’è stato un aumento dei costi del 30% rispetto ai 1.798 euro del 2022. Nel 2020, per dire, come certificato dalla Corte dei Conti, furono spesi 8 milioni 334 mila euro. Alla fine – conclude – dagli 80 milioni di euro che spendiamo oggi, con queste misure potremmo arrivare al doppio se non al triplo”.

– Leggi anche: Migranti e “Operazione Sophia”, ecco qual è la proposta a cui pensa il governo

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