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Crisi post Covid, quante imprese sono a rischio usura?

Imprese Usura Pmi Covid

Terminata l’emergenza sanitaria rischia di aprirsi quella delle PMI insolventi. Roma è al primo posto con 13.310 aziende, subito dopo scorgiamo Milano con 9.931, Napoli con 8.159, Torino con 6.297, Firenze con 4.278 e Brescia con 3.444. Realtà segnalate alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia e che dunque non possono accedere al credito legale: tutte imprese, insomma, a rischio usura…

Uno dei problemi maggiori della crisi economica del Coronavirus, lo ricordiamo tutti, è stata l’esiguità degli aiuti economici per sostenere il tessuto produttivo durante il lockdown. Artigiani, partite Iva, commercianti, PMI hanno visto fermare il proprio lavoro e hanno dovuto fare i conti con l’interruzione dell’afflusso del contante in cassa. Secondo i calcoli della CGIA di Mestre, sono poco meno di 176.400 le imprese italiane che oggi si trovano in sofferenza; tra queste una su tre è ubicata al Sud. Roma, Milano, Napoli e Torino sono le realtà territoriali maggiormente in difficoltà.

“Parliamo – spiegano gli analisti – di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una “bollinatura” che, per legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale. Pertanto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai”. Per evitare che la platea di queste aziende in difficoltà aumenti, “la CGIA spera che il Governo Draghi potenzi le risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura” e aiuti le banche a sostenere le imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione. Grazie all’attivazione di queste due misure, lo stock complessivo delle aziende in sofferenza non dovrebbe crescere”.

I NUMERI DELLE IMPRESE IN SOFFERENZA A RISCHIO USURA

A livello provinciale, il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 13.310 aziende, subito dopo scorgiamo Milano con 9.931, Napoli con 8.159, Torino con 6.297, Firenze con 4.278 e Brescia con 3.444. Le province meno interessate da questo fenomeno, invece, sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Belluno (con 360 aziende segnalate alla Centrale Rischi), Isernia (333), VerbanoCusio-Ossola (332) e Aosta (239) (vedi Tab 1). Se analizziamo i dati per ripartizione territoriale ci accorgiamo che l’area più a “rischio” è il Sud: qui si contano 57.992 aziende in sofferenza (pari al 32,9 per cento del totale), seguono il Centro con 44.854 imprese (25,4 per cento del totale), il Nordovest con 43.457 (24,6 per cento del totale) e infine il Nordest con 30.070 (17 per cento del totale).

IL MESE DI SETTEMBRE NON AIUTA…

La Cgia di Mestre fa inoltre notare come, la gragnuolata di scadenze fiscali che si sono concentrate nel mese di settembre, certo non aiuti gli imprenditori in difficoltà. Entro il 15 e il 16 settembre scorsi le imprese (soggette agli ISA, ovvero agli ex studi di settore) dovevano pagare l’Irpef, l’Ires, l’Irap e l’ Iva. Lunedì, invece, è stato l’ultimo giorno utile per il ravvedimento breve e il 30 settembre è prevista la scadenza per il versamento delle rate della rottamazione-ter e del saldo e stralcio scadute il 31 luglio 2020.

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