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Le parole di Di Maio sul Recovery Fund e l’errore del governo

Di Maio Recovery Fund

Di Maio ha definito il Recovery Fund “un’occasione unica” per la modernizzazione dell’Italia. Ma le linee guida del Piano del governo contengono un errore importante

Durante l’audizione alla Camera, ieri, sulle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha definito il fondo “un treno che non ripasserà più” e “un’occasione unica per modernizzare il nostro Paese”.

Il fondo Next Generation EU, anche noto come Recovery Fund, vale infatti 850 miliardi di euro, di cui oltre 200 dovrebbero essere destinati all’Italia. Ecco perché Di Maio ha detto che “quelle messe a disposizione dall’Europa sono risorse ingenti: il Recovery Fund vale più del Piano Marshall. Dobbiamo fare presto, ma anche bene”.

Il piano europeo, per Di Maio, è dunque “un banco di prova”: “Vogliamo cogliere questa opportunità lavorando tutti insieme, con il Parlamento, maggioranza e opposizione, e con le forze sociali”.

IL PIANO DEL GOVERNO, SECONDO DI MAIO

“Quello che intendiamo fare”, ha detto dunque il ministro, “è concentrare le risorse in modo strategico e affrontare i nodi strutturali e i tanti colli di bottiglia che, per troppo tempo, hanno frenato la crescita italiana. Lavorare per fare sì che queste risorse vengano utilizzate in modo responsabile e lungimirante rappresenta un dovere che abbiamo, in primo luogo, nei confronti dei nostri cittadini e delle generazioni future”.

“La pandemia ci ha mostrato in modo ancora più deciso quanto profonde siano le interdipendenze e le connessioni tra gli Stati membri; ha evidenziato quanto i nostri destini siano accomunati. Anche per questo molti Stati membri dell’Unione e le opinioni pubbliche europee guardano all’Italia con grande attenzione. Abbiamo una responsabilità anche nei loro confronti. Il governo è ben consapevole della grande responsabilità che deriva dalla mole di risorse senza precedenti che l’Unione Europea ha deciso di mettere in campo e destinare al nostro Paese”.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – ovvero il documento che contiene le linee guida del piano vero e proprio che Roma dovrà presentare prossimamente a Bruxelles per accedere ai miliardi del Recovery Fund – è per Di Maio “un’occasione unica per stimolare tutta la pubblica amministrazione verso l’efficienza energetica e la digitalizzazione. Nell’Europa di domani, l’Italia non può permettersi il lusso di perdere la sfida della competitività tra pubbliche amministrazioni”.

“Quando saremo pronti per presentare i progetti” sull’utilizzo del Recovery Fund, “i nostri progetti avranno già scontato un confronto con la Commissione europea perché non possiamo permetterci progetti che tornano indietro”.

L’ERRORE NELLE LINEE GUIDA DEL GOVERNO

Lo scorso 16 settembre il governo ha trasmesso alle Camere la proposta di Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta di un documento che espone gli obiettivi che l’Italia si prefigge di raggiungere con i soldi del Recovery Fund. Il piano vero e proprio, nella sua completezza, dovrà poi essere presentato all’Unione europea entro l’inizio del 2021, ma è possibile sottoporre a Bruxelles le bozze già a partire dal prossimo 15 ottobre.

Le linee guida del governo, però, hanno un problema: contengono un errore importante. Come fatto notare dall’economista Carlo Cottarelli su Twitter, il governo afferma che nell’ultimo decennio l’Italia è cresciuta ad un tasso annuo dello 0,8%, ma il dato reale è 0,2%.

Uno degli obiettivi del piano messo a punto dall’esecutivo è infatti “Raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana (0,8% nell’ultimo decennio), portandolo quantomeno in linea con la media UE (1,6%)”, come si legge a pag. 11 delle Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Ma è un dato errato. I dati Eurostat, ripresi dal sito di fact-checking Pagella Politica, dicono piuttosto che dal 2010 al 2019 la crescita media italiana è stata dello 0,25%, con picchi massimi nel 2017 (+1,7%) e minimi nel 2012 (-3%).

Per arrivare alla media dell’Unione europea – quella sì corretta: 1,6% dal 2010 al 2019 – il PIL italiano non dovrebbe semplicemente raddoppiare, ma crescere di sei volte.

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