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Fake news, cos’hanno detto Garante Privacy, Agcm, Corecom, Odg e Fieg

Fake News

Iniziate le audizioni in commissione Cultura e Trasporti alla Camera sulle pdl per istituire una commissione d’inchiesta sulle fake news

Una commissione d’inchiesta sulle fake news: a chiederla sono quattro proposte di legge depositate alla Camera dove le commissioni Cultura e Trasporti hanno iniziato un ciclo di audizioni in merito. Ieri è stata la volta dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, del Garante per la Privacy, del Coordinamento nazionale dei presidenti dei Comitati regionali per le comunicazioni (Corecom), dell’Ordine dei Giornalisti (Odg) e della Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg).

Nel calendario, secondo indiscrezioni dell’agenzia di stampa Public Policy, potrebbero trovare spazio – fra le altre – le audizioni di Steve Bannon, di Facebook Italia, di Google, e di Davide Casaleggio. Ma vediamo intanto che cosa si è detto ieri.

GARANTE PRIVACY: SOFTWARE NON È SOLUZIONE, PIÙ RIMOZIONE DI CONTENUTI ILLECITI E CONTROLLI

In audizione il garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, ha esposto la sua ricetta: “La scorciatoia tecnologica, ovvero un software per mettere in coda le notizie considerate meno attendibili, non pare una soluzione convincente perché si alimenta della stessa logica viziata cui si cerca di porre rimedio” mentre possono aiutare “misure di carattere tecnico per permettere di segnalare la distorsione di contenuti informativi”.

Inoltre “andrebbe rafforzato il sistema di rimozione dei contenuti illeciti online, limitandone la diffusione ulteriore e responsabilizzando il gestore, pur con la riserva di decisione, in ultima istanza, all’autorità pubblica. In particolare, ha aggiunto Soro, per contrastare l’hate speech “sarebbe utile una norma che disciplini, anche dal punto di vista temporale, la procedura che i gestori sono tenuti a seguire a seguito della ricezione di istanze di rimozione, con tempi celeri come previsto per il cyberbullismo e con il diritto anche della controparte di adire il Garante in caso di contestazione”. Nei rimedi elencati dal Garante per la privacy, “nel caso in cui non siano in questione dati personali ma i contenuti diffusi siano illeciti perché volti a realizzare campagne di disinformazione”, si potrebbe anche immaginare “un sistema simile a quello tedesco, in cui la segnalazione di fake news venga decisa da soggetti indipendenti e determini, se fondata, l’obbligo per il gestore di rimuovere la notizia e comunicare la rettifica agli utenti che abbiano ‘interagito’ (mediante condivisione, like o commento) con la notizia falsa. Il tutto con la possibilità di adire il giudice in caso di contestazione della decisione, così da riservare all’autorità pubblica la decisione in ultima istanza su diritti fondamentali”.

Alla legge vigente in Francia si ispira invece un secondo livello di intervento in modo da regolare “l’uso oggi anomico e ritorsivo dell’anonimato in rete, rendendolo realmente reversibile, ovvero suscettibile di consentire l’identificazione dell’autore di contenuti illeciti su richiesta dell’autorità giudiziaria”. Pe Soro dunque si potrebbe optare per l’obbligo di fornire al gestore della piattaforma social, nel momento in cui si apre un profilo, un documento identificativo che sia inaccessibile da parte del gestore. Anche in questo caso, però, non ci troveremmo di fronte a una misura risolutiva “in assenza di un’uniformazione a livello internazionale della disciplina dell’anonimato in rete che, bilanciando libertà di espressione e dignità, consenta di rendere effettiva la tutela delle vittime di illeciti online, oggi ostacolata dal ricorso a metodi i più vari di mascheramento dell’identità”.

ANTITRUST: BENE COMMISSIONE D’INCHIESTA, FENOMENO HA RISVOLTI ANCHE CONCORRENZIALI

Il fenomeno delle fake news ha risvolti anche concorrenziali ma non è detto che debba prevedere un intervento dell’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato che però è favorevole all’istituzione di una commissione d’inchiesta. A dirlo in audizione Enrico Quaranta, capo di gabinetto dell’Agcm. “Ad oggi non esiste una casistica di applicazione della normativa sulla concorrenza” ha spiegato evidenziando che “allo stato non risulta chiaro se gli strumenti a disposizione siano i più efficaci per farvi fronte, seppure non sia raro il caso in cui le fake news siano prodotte all’interno di un circuito editoriale per attirare investimenti pubblicitari grazie al traffico”.

“In altre parole – ha chiarito Quaranta -, sebbene sia possibile affermare che il fenomeno ha risvolti anche concorrenziali, ciò non significa necessariamente che quello delle fake news sia un fenomeno da affrontare ex post, tramite un intervento dell’Antitrust. Altri strumenti sembrerebbero più efficaci, come la tutela del consumatore e una regolazione puntuale dei comportamenti degli operatori, in primo luogo delle piattaforme”.

Piazza Verdi ha suggerito poi “un sistema di autoregolamentazione in cui si riconoscono vantaggi ai soggetti che si impegnano nel contrastare la circolazione delle fake news” e si è dichiarata “favorevole” alla costituzione di una commissione d’inchiesta “proprio per l’opportunità di approfondire il fenomeno”.

CORECOM: EDUCARE I GIOVANI A VERIFICARE E A RICONOSCERE LE FONTI

Alessandro De Cillis, vicepresidente nazionale del Coordinamento nazionale dei presidenti dei Comitati regionali per le comunicazioni (Corcom), non ha dubbi: bisogna puntare su “attività di media education che è imprescindibile per formare i ragazzi sin dalla più giovane età a sviluppare un autonomo senso critico anche sulla fruizione di notizie”. De Cillis nel corso dell’audizione si è detto peraltro “molto fiducioso sulla propensione adattiva dell’essere umano a interiorizzare l’abitudine alla verifica”.

Il Corecom, che si è dichiarato disponibile a fornire “strumenti nuovi per rispondere alla crescente richiesta di tutela nei confronti della disinformazione”, ha rilevato “una imprescindibile necessità di distinguere tra le sorgenti di comunicazione e le autorevoli fonti giornalistiche di informazione. Indispensabile quindi una relazione tra media e contenitori digitali, in modo da incidere sulla pubblicabilità di notizie certificate da una redazione giornalistica. Per intenderci un modello di riconoscibilità della fonte. Anche in questo caso si dovrà insistere per ottenere una penalizzazione a livello di algoritmo per chi diffonde abitualmente fake news. Una sorta di moral suasion digitale che preveda eventualmente una quarantena”. Un altro elemento d’aiuto, secondo il rappresentante dei Corecom, può derivare dal fornire “un supporto anche economico alle aziende di informazione, per incentivare la diffusione online delle proprie notizie”.

ODG PENSA A BOLLINO DIGITALE, PER LA FIEG AUTOREGOLAMENTAZIONE NON BASTA

Durante l’audizione a Montecitorio l’Ordine dei Giornalisti, rappresentato dal presidente Carlo Verna, ha detto che l’Odg sta “riflettendo anche sulla opportunità di un eventuale bollino digitale dell’Ordine dei giornalisti”. Inoltre Verna ha chiamato in causa l’Agcom che a suo parere “dovrebbe rendere esplicita e riconoscibile la matrice di una notizia, per sapere se sia umana o automatica”. Critica sulla situazione attuale la Federazione italiana editori giornali (Fieg) secondo cui l’autoregolamentazione è insufficiente: “Forse si possono trovare delle formule intermedie” ha suggerito Fabrizio Carotti, direttore generale della Fieg.

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