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L’inarrestabile produzione di rifiuti elettronici: mai così tanti come nel 2019
Ogni anno le Nazioni Unite pubblicano un report che fornisce una panoramica sulla produzione mondiale di rifiuti elettronici: nel 2019 sono stati prodotti 53,6 milioni di tonnellate in tutto il mondo, 7,3 chilogrammi per abitante
Il report Global E-waste Monitor fornisce un’analisi sulle quantità di rifiuti elettronici (E-waste) prodotti nel mondo e sugli strumenti legislativi a disposizione, facendo previsioni fino al 2030. È un invito ai policymaker affinché aumentino le attività per misurare e monitorare i rifiuti elettronici, utilizzando un quadro metodologico riconosciuto a livello internazionale. La fotografia scattata sullo scorso anno è tutt’altro che confortante. Il 2019 è infatti l’anno in cui sono stati prodotti più rifiuti elettronici in assoluto, un vero record: 53,6 milioni di tonnellate in tutto il mondo, 7,3 chilogrammi per abitante. Si parla di un aumento del 21% negli ultimi cinque anni e lo studio prevede che si arrivi addirittura a 74 milioni di tonnellate entro il 2030.
MAGLIA NERA ALL’ASIA (E ALL’ITALIA)
Il continente che ha prodotto più rifiuti elettronici nel 2019 è l’Asia con 24,9 milioni di tonnellate, seguita dall’America con 13,1 ed Europa con 12, mentre Africa e Oceania rispettivamente 2,9 e 0,7 milioni di tonnellate. L’Europa, in particolare, è prima al mondo per la produzione di rifiuti tecnologici pro capite: 16,2 kg. Si distanzia di poco l’Oceania con 16,1 kg pro capite, segue l’America con 13,3 kg, l’Asia con 5,6 kg e infine l’Africa con 2,5 kg. In fondo alla classifica europea si posizionano i Paesi del Sud, tra cui l’Italia, che produce una quantità di rifiuti elettronici compresa tra i 15 e i 20 kg pro capite. L’Europa, se da un lato è il peggior continente in quanto a produzione, dall’altro è almeno il più efficiente nello svolgere la raccolta e il riciclo dei rifiuti elettronici. Le materie prime contenute nei rifiuti dei 39 paesi dell’Europa continentale analizzati varrebbero quasi 13 miliardi di dollari. Non solo, il report parla di un potenziale rilascio di CO2 pari a 12,7 tonnellate.
IL RICICLO
Si legge nel report che solo il 17,4% dei rifiuti elettronici è stato riciclato nel corso del 2019 – e pensare che se tutti questi ventilatori, condizionatori, computer, televisori, cellulari e stampanti venissero recuperati invece che buttati varrebbero 57 miliardi di dollari. Non va infatti dimenticato che è vero che i rifiuti elettronici si compongono soprattutto di materiali come plastica e silicio, ma contengono anche grandi quantità di rame, oro, argento e altri metalli preziosi. Lo smaltimento è dannoso per l’ambiente a causa del rilascio di CO2 ed è tossico per la salute delle persone considerando il contenuto di composti come il mercurio. Il problema è che le attività di riciclo non stanno al passo con la crescita dei rifiuti elettronici globale. Le statistiche evidenziano che nel 2019 il continente con il più alto tasso di raccolta e riciclo è stato l’Europa (42,5%), al secondo posto l’Asia (11,7%), America (9,4%), Oceania (8,8%) e Africa (0,9%). Dal 2014 il numero di Paesi che ha adottato politiche, leggi o regolamentazioni nazionali in merito alla materia è passato da 61 a 78. Per gli autori del report è ancora possibile rimediare, ma è necessaria una soluzione che si basi sull’economia circolare, iniziando a riciclare questi materiali già a livello locale, rispettando le regole e incentivando la tutela dell’ambiente (e dell’essere umano).
LA SPUGNA D’ORO
Il processo di riciclo e di recupero di materiali rari o preziosi è complesso. I metodi adottati attualmente per riutilizzare l’oro, il rame, il ferro o altri sono dispendiosi in termini energetici. E qui potrebbe venire in soccorso la chimica proponendo nuove alternative e attirare numerosi investimenti per il recupero di questi dispositivi abbandonati. Uno studio condotto dall’Istituto superiore coreano di scienze e tecnologia (KAIST) afferma di aver realizzato un nuovo polimero denominato “COP-180” che potrebbe rivoluzionare il riciclo dei rifiuti elettronici. La sua composizione si basa sulla porfirina, una molecola la cui struttura eterociclica ha grandi capacità assorbenti. La composizione di questo polimero poroso avrebbe la capacità di trattenere certi atomi metallici – tra cui l’oro – per questo è stato chiamato anche “spugna d’oro”. La serie di test svolti dagli scienziati, descritti in dettaglio da Ars Technica, ha permesso di catturare tra il 94 e il 99% di oro presente nei circuiti stampati in 30 minuti. Secondo i risultati dello studio, questo procedimento sarebbe facile ed economico da realizzare. Produrre un grammo di questo polimero costa 5 dollari e lo stesso grammo ha la capacità di catturare una quantità di oro pari a 64 dollari.