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Bankitalia e Fmi, cosa preoccupa il governo

Bankitalia

Nuovo bollettino economico di Bankitalia che rivede al ribasso le stime sulla crescita. Il monito dell’Fmi sul deficit

Bankitalia taglia le stime sul Pil e di fatto corregge al ribasso quelle del governo, temendo rischi di un calo per la crescita economica. Mentre per l’Fmi le stime del governo italiano sul Pil sono ambiziose ma fattibili, lanciando allo stesso tempo un avvertimento: i paesi combattano l’alto deficit per contribuire a far abbassare l’inflazione.

BANKITALIA: NEL 2023 PIL +0,7%, NEL 2024 +0,8%

“Nello scenario di base del nostro quadro previsivo” il Prodotto interno lordo dell’Italia “aumenterebbe dello 0,7% quest’anno, dello 0,8 nel 2024 e dell’1% nel 2025”. E’ quanto stima la Banca d’Italia nel suo ultimo bollettino economico, mentre in luglio la previsione era dell’1,3% per quest’anno, dello 0,9% per il 2024 e dell’1% confermato per il 2025.

“La crescita risentirebbe dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza degli scambi internazionali” mentre “beneficerebbe degli effetti delle misure del Pnrr e del graduale recupero del potere d’acquisto delle famiglie”, spiega Bankitalia.

Nella Nadef approvata pochi giorni fa dal governo Meloni la crescita è stimata a +0,8% nel 2023 a +1,2% nel 2024.

I dati dell’Istituto di via Nazionale arrivano pochi giorni dopo le dichiarazioni di Sergio Nicoletti Altimari della Banca d’Italia in audizione sulla Nadef.: “L’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil è un serio elemento di vulnerabilità: riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi; espone il Paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari; aumenta il costo del debito per lo Stato, e in ultima analisi per le famiglie e le imprese”.

RAPPORTO DEBITO-PIL IN CALO SOLO MARGINALE

Per quanto riguarda il rapporto debito-Pil, il bollettino economico di Bankitalia evidenzia come “l’incidenza del debito” pubblico italiano “sul prodotto nel prossimo triennio segnerebbe una riduzione solo marginale, con rischi tendenzialmente al rialzo”. “Secondo i nuovi obiettivi di finanza pubblica – aggiornati dal Governo alla fine di settembre – nel 2023 l’indebitamento netto e il debito in rapporto al Pil continuerebbero a diminuire e si collocherebbero rispettivamente al 5,3 e al 140,2 per cento”, ricorda Bankitalia, spiegando che “è programmata per il 2024 un’espansione del disavanzo rispetto al quadro a legislazione vigente di circa 0,7 punti percentuali del prodotto. L’indebitamento netto scenderebbe gradualmente nei prossimi anni, fino al 2,9 per cento del Pil nel 2026”.

PER BANKITALIA INFLAZIONE NEL 2024 IN NETTO CALO, AL 2,4%

L’inflazione in Italia si dovrebbe ridurre al 2,4% l’anno prossimo (dal 6,1% di quest’anno) e all’1,9% nel 2025. Queste le stime della Banca d’Italia. In luglio la previsione era del 6% per quest’anno, del 2,3% per il 2024 e del 2% per il 2025. “Il calo riflette il netto rallentamento dei prezzi all’importazione, determinato soprattutto dalla flessione in termini tendenziali dei corsi delle materie prime energetiche. L’inflazione di fondo – spiega Bankitalia – scenderebbe al 2,3 per cento nel 2024 (dal 4,6 del 2023) e all’1,9 nel 2025, in linea con il progressivo svanire degli effetti dei passati rincari energetici e con il rallentamento della domanda interna”, si legge nel bollettino economico periodico della Banca d’Italia.

FMI: STIME DEL GOVERNO SUL PIL 2024 AMBIZIOSE MA FATTIBILI

“Le stime del governo italiano di una crescita del Pil dell’1,2% nel 2024 sono ambiziose ma fattibili”. Lo afferma il direttore del dipartimento europeo del Fondo Monetario Internazionale Alfred dopo la riunione annuale del Fmi commentando le previsioni della Nadef. Kammer ha ricordato come il taglio alle stime nelle previsioni dell’Fmi sia dovuto “meccanicamente” al calo visto dal Pil nel secondo trimestre, sottolineando gli effetti dei fondi del Next generation Eu.

I GOVERNI COMBATTANO L’INFLAZIONE RIDUCENDO IL DEFICIT

L’Fmi scrive inoltre che i governi e le autorità politiche dell’Europa “possono e dovrebbero aiutare” le banche centrali nella lotta all’inflazione “riducendo gli ancora alti deficit per ricostruire o preservare i ‘cuscinetti’ di risorse” nei bilanci pubblici “in modo da aiutare a riportare l’inflazione verso il basso più velocemente”.

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