skip to Main Content

Pochi soldi, aiuti insufficienti. Così il Covid ha aiutato riciclaggio e usura

Riciclaggio

Sono poco più di 176 mila le imprese italiane che presentano crediti in sofferenza: non riuscendo a ottenere credito, sono facili prede dell’usura

Imprenditori in difficoltà economica a causa delle chiusure e delle restrizioni e aiuti di Stato col contagocce. Gli usurai ringraziano. Nel 2020, le segnalazioni sospette di riciclaggio ricevute dall’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia risultano in aumento. Secondo l’ultimo della CGIA di Mestre, sono state 113.187 (+7 per cento sul 2019): una soglia, quella in valore assoluto, mai toccata negli anni precedenti. Oltre il 99 per cento del totale di queste “denunce” riguarda operazioni di riciclaggio di denaro che, molto probabilmente, sono di provenienza illegale e solo lo 0,5 per cento, invece, sono riconducibili a misure sospette di terrorismo e proliferazione di armi di distruzione di massa.

A livello territoriale le situazioni più critiche si sono registrate nelle province di Prato (352 segnalazioni ogni 100 mila abitanti), di Milano (331,3), di Napoli (319,6), di Roma (297,9) e di Caserta (247,5). Le province meno coinvolte, invece, sono state quelle di Nuoro (76), di Viterbo (75,5) e la Sud Sardegna (57,8).

MANCA IL CREDITO, L’USURA UNICA ‘SCELTA’

Come ha denunciato la stessa UIF nella Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie nel gennaio scorso, le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nel tessuto produttivo del Paese avvengono sempre più spesso attraverso il ricorso ad attività usurarie o estorsive nei confronti di attività che, rispetto ad altre, hanno risentito maggiormente della crisi pandemica. In particolar modo a quelle che appartengono all’immobiliare, all’edilizia, ai servizi di pulizia, al tessile, al turistico-alberghiero, alla ristorazione, ai trasporti, etc. Ancorché provvisorie, si segnala che nel 2020, a seguito delle chiusure imposte alle attività economiche e alle misure di confinamento a cui gli italiani sono stati sottoposti, le denunce pervenute alle forze dell’ordine in riferimento ai reati contro il patrimonio sono diminuite in misura significativa:

estorsioni (-6 per cento);
danneggiamenti (-15,4 per cento);
rapine (-18,1 per cento);
ricettazione (-26,5 per cento);
furti (-32,9 per cento);
contraffazione (-43,5 per cento)

In controtendenza solo le truffe/frodi informatiche (+14,4 per cento) e, purtroppo, l’usura (+16,2 per cento).

Sebbene non vi sia una omogeneità statistica tra gli istituti di ricerca che monitorano la “penetrazione” delle organizzazione malavitose nell’economia del nostro Paese, il giro d’affari in capo alla criminalità organizzata è sicuramente molto importante. Secondo l’Istat, ad esempio, in Italia ammonterebbe a 19,3 miliardi di euro (dato riferito al 2018)5 , mentre l’Università Cattolica Sacro Cuore-Transcrime stima un fatturato che sfiorerebbe i 30 miliardi di euro (anno 2014)6 . La Banca d’Italia, infine, in un suo approfondimento non proprio recentissimo, ha preso come parametro di riferimento la quantità di moneta in circolazione. Ebbene, i ricercatori di via Nazionale sono giunti alla conclusione che l’economia illegale presente in Italia tra il 2005 e il 2008 potrebbe aver pesato per oltre il 10 per cento del Pil: ovvero attorno ai 170 miliardi di euro.

LE IMPRESE FACILI VITTIME DELL’USURA

Sempre secondo quanto riporta la CGIA, sono poco più di 176 mila le imprese italiane che presentano crediti in sofferenza. Parliamo cioè di aziende e partite Iva che risultano essere “schedate” presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia come insolventi. Una classificazione che, di fatto, pregiudica a questi soggetti economici di accedere a prestiti erogati dalle banche e dalle società finanziarie.

Una condizione che, ricordano sempre dall’Ufficio studi veneto, non consente di avvalersi nemmeno delle misure agevolate approvate l’anno scorso con il “decreto Liquidità”. Non potendo ricorrere a nessun intermediario finanziario queste Pmi, strutturalmente a corto di liquidità e in grosse difficoltà finanziarie, in questo periodo di carenza di credito rischiano molto più delle altre di scivolare tra le braccia degli strozzini. Per evitare tutto questo è necessario incentivare il ricorso al “Fondo per la prevenzione” dell’usura. Uno strumento, quest’ultimo, presente da decenni, ma poco utilizzato, anche perché sconosciuto ai più e, conseguentemente, con scarse risorse economiche a disposizione.

Una platea di aziende, quelle segnalate alla Centrale dei rischi, a cui è pressocchè interdetta la possibilità di chiedere un “sostegno” alle banche che, rispetto alle altre, sono le più esposte al rischio di essere “avvicinate” dalle organizzazioni criminali. Una tesi che è stata confermata anche dai vertici del Ros (Raggruppamento operativo speciale). In un’intervista rilasciata sul principale giornale economico del Paese11 ben prima dell’avvento della crisi pandemica, il comandante Pasquale Angelosanto ha sottolineato come i mafiosi detengono una quantità enorme di liquidità proveniente da operazioni illecite da reimmettere nel mercato. Spesso, manager in doppio petto si offrono alle imprese in difficoltà come risolutori di queste crisi. Insomma, si presentano come una banca, anche se poi applicano ben altre regole. Il finanziamento erogato diventa il “grimaldello” per acquisire una partecipazione significativa nell’amministrazione societaria dell’impresa. Poichè l’imprenditore non è più nelle condizioni di restituire la somma ricevuta, col tempo i malavitosi diventano i nuovi proprietari.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top