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Quanti sono i Contratti collettivi nazionali di lavoro?

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In Italia c’è un florilegio di Contratti collettivi nazionali di lavoro. Durissima la CGIA (che li ha contati): “Spesso sottoscritti da un’accozzaglia di organizzazioni improbabili che non rappresenta nessuno”

Si parla spesso di Contratti collettivi nazionali di lavoro, ma finora nessuno sapeva quanto fossero in totale. Perché, come spesso avviene nel nostro Paese, sono ovviamente un profluvio fuori controllo. Ha provato a vederci chiaro l’Ufficio studi della CGIA e ha scoperto che, su 935 Ccnl vigenti e depositati al CNEL entro il 31 dicembre scorso, 351 sono stati firmati da associazioni datoriali e organizzazioni sindacali non riconosciute dallo stesso Consiglio Nazionale: praticamente 4 su 10, precisamente il 37,5 per cento del totale.

Secondo lo studio, dei 935 Contratti collettivi nazionali di lavoro presenti nel Paese 351 sono stati firmati da associazioni datoriali e sigle sindacali dei lavoratori dipendenti non iscritte al CNEL. “Un’accozzaglia di organizzazioni improbabili”, dicono dalla CGIA – che nella stragrande maggioranza dei casi non rappresentano quasi nessuno, ma consentono un’alternativa a quelle imprese e a quei lavoratori subordinati che vogliono fare dumping sociale, aggirando i contratti siglati dalle organizzazioni più rappresentative e diffuse su tutto il territorio nazionale”.

Tra tutti i settori la situazione più critica si riscontra nell’edilizia. A fronte di 74 Contratti collettivi nazionali di lavoro depositati al CNEL, 37 (pari al 50 per cento del totale) sono stati sottoscritti da organizzazioni non aderenti alla struttura di viale Lubin. “Ricordiamo – dicono gli analisti del Centro studi -, che l’attività nei cantieri è la più a rischio per numero di infortuni e decessi nei luoghi di lavoro. Altrettanto “anomala” è la situazione che si registra nel commercio/artigianato/turismo. Su 257 Ccnl vigenti, 121 (pari al 47,1 per cento del totale) sono stati firmati da sigle “fittizie”. Tra le imprese di pulizia e le multiservizi, dei 50 contratti vigenti 23 (pari al 46 per cento del totale) sono stati sottoscritti da sigle pressocché “sconosciute”.

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