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Quota 100, ecco come è andata

Pensioni Quota 100

Come ogni estate, l’INPS ha rilasciato il proprio rapporto sull’attività svolta nell’arco dell’ultimo anno: è stata l’occasione per comprendere i primi risultati di Quota 100, la riforma delle pensioni fortemente voluta dalla Lega introdotta durante il governo Conte I e aspramente criticata da molti osservatori per la spesa a carico del sistema

La cd. Quota 100 è stata introdotta col D.L. n. 4/2019 (convertito con Legge n. 26/2019) e consente un anticipo pensionistico a tutti i lavoratori iscritti presso l’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), le Gestioni Speciali dei lavoratori autonomi, la Gestione Separata dell’INPS ed i fondi sostitutivi ed esclusivi dell’AGO24. La norma prevede la possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e almeno 38 anni di contributi, senza adeguamenti alla speranza di vita né penalità sulle regole di calcolo dell’assegno, ma con un sistema di finestre mobili differenziate tra settore privato (3 mesi dalla maturazione del diritto) e pubblici dipendenti (6 mesi).

La misura è a carattere temporaneo e è valida per chi ha maturato i suddetti requisiti entro il 31 dicembre 202125. A tre anni dal suo avvio (D.L. n. 4/2019) è possibile tracciare un primo bilancio sui pensionamenti con “Quota 100” che troviamo nel report annuale dell’INPS. Al 31 dicembre 2021 le domande pervenute sono circa 482 mila, di queste poco meno di 380 mila sono le accolte (79%), 39 mila le giacenti (8%) e 63 mila le respinte (13%), per una quota di accoglimento rispetto al totale delle lavorate prossima all’86%.

In particolare, i pensionati con domanda accolta che costituiscono la base dati del presente focus sono 379.860; di questi più di due terzi sono di genere maschile. La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi (49%), da lavoro dipendente pubblico per il 31%, da lavoro autonomo per circa il 20%. Analizzate invece per anno di decorrenza il 40% ha decorrenza nel 2019, il 30% nel 2020, il 29% nel 2021 e l’1% successivamente al 2021 (Tabella b 4.1). Le domande accolte si cumulano seguendo un trend grossomodo lineare dopo l’iniziale “effetto stock”, che risulta più accentuato tra gli autonomi e i dipendenti privati rispetto ai dipendenti pubblici.

Quasi l’81% è transitato in “Quota 100” dallo stato di attivo (circa 178 mila dal privato e circa 129 mila dal pubblico), poco meno del 9% da quello di “silente”, poco più dell’8% da percettore di prestazioni di sostegno al reddito, poco più del 2% da prosecutori volontari di contribuzione. Se in valori assoluti le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, quando espresse in percentuale o della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e quelle più basse al Nord, con il Centro in posizione intermedia.

L’età media alla decorrenza si attesta poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni. Si registra la prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di “Quota 100” non appena possibile) si assesta in media poco sopra il 90% per buona parte degli utilizzatori.

Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo incide in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo riduce del 4,5% per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8% per i dipendenti privati e del 5,2% per i dipendenti pubblici (per anticipi sino a un anno, la riduzione percentuale è calcolata rispetto all’importo medio della pensione anticipata nel 2018).

A ricorrere a “Quota 100” sono soprattutto i decili di reddito medi e medio-alti. Gli importi lordi medi delle pensioni ottenute tramite “Quota 100” non mostrano significative variazioni per anno di decorrenza all’interno del medesimo comparto. Sono invece nette le differenze sia per comparto che per genere.

Le informazioni del monitoraggio su “Quota 100” unitamente ai database annuali dei contribuenti alle gestioni INPS permettono di calcolare i take-up rate dei soggetti che maturano il diritto a “Quota 100” negli anni 2019 e 2020. I takeup rate si rivelano inferiori a quelli ipotizzati nella Relazione tecnica del D.L. n. 4/2019. Per i lavoratori che hanno maturato il diritto a “Quota 100” nel 2019 il take-up complessivo a fine 2021 è del 49% (suddivisibile in un 39% realizzato nel 2019, un 14% nel 2020 e un 4% nel 2021).

Per i lavoratori che hanno maturato il diritto a “Quota 100” nel 2020 il take-up complessivo a fine 2021 è del 47%, suddivisibile in un 41% realizzato nel 2020 e un 10% nel 2021. Il take-up complessivo del 2019 e soprattutto quello del 2020 sono destinati ad aumentare sino a quando l’intera platea dei potenziali aderenti avrà raggiunto i requisiti per i canali di pensionamento ordinari (al massimo cinque anni dall’acquisizione del diritto a “Quota 100”).

Nell’analisi per situazione occupazionale e reddito, i disoccupati, i “silenti” e soprattutto i prosecutori volontari fanno registrare take-up rate notevolmente più alti di quelli degli attivi e, a differenza di questi ultimi, sempre crescenti nel livello di reddito. Infine, nel dettaglio territoriale, le differenze prima evidenziate in termini di numeri assoluti degli aderenti a “Quota 100”, si ridimensionano in termini di take-up rate; questi ultimi appaiono infatti abbastanza omogenei tra Regioni. Sulla base di ciò si stima che la spesa effettiva (di consuntivo sino al 2021, prevista dal 2022 al 2025) potrà attestarsi a circa 23,2 miliardi .

Nell’arco di poco meno di sette anni, questo implica un risparmio significativo del 30,7% pari a 10,3 miliardi sui 33,5 stanziati dal D.L. n. 4/2019. Tuttavia, la lettura di questo dato non può prescindere da tre considerazioni: da un lato, formulare ipotesi di take-up rate era nel 2019 particolarmente difficile, non potendo contare su precedenti con caratteristiche comparabili a “Quota 100” (che a sua volta può essere, invece, un precedente utile per valutare eventuali futuri cambiamenti delle regole pensionistiche); dall’altro lato, non si può escludere che nei prossimi anni.

i take-up rate proseguano e si posizionino su livelli più elevati di quelli registrati tra il 2019 e il 2021 riducendo in qualche misura la stima della minore spesa qui sopra descritta; infine, va sottolineato come una correzione significativa dello stanziamento (4,5 miliardi) è stata apportata entro il 2019, pochi mesi dopo il D.L. n. 4/2019. La stima della spesa effettiva, se considerata rispetto allo stanziamento aggiornato da NADEF 2019 e Legge di Bilancio 2020, fa emergere minori oneri per 5,8 miliardi (-19,9%).

Da ultimo, si è condotta un’analisi multivariata basata su un modello logistico per stimare congiuntamente l’impatto di più caratteristiche sulla scelta compiuta in merito a “Quota 100” nel triennio 2019-2021, avendone i requisiti. Nello specifico, si è tenuto conto delle seguenti variabili individuali: genere, età, anzianità e anticipo rispetto ai requisiti ordinari (valutati alla data di acquisizione del diritto a “Quota 100”), regione di residenza, situazione lavorativa, gestione di liquidazione della pensione, più recente reddito da lavoro annuo lordo.

Le covariate utilizzate nelle diverse specificazioni presentate sono quasi tutte significative e con segni coerenti con le attese. Con riferimento alla specificazione ritenuta più adatta, i principali risultati sono così riassumibili. La probabilità di utilizzare “Quota 100” è sempre crescente nei decili di anticipo sui requisiti ordinari (valutato alla data di acquisizione del diritto a “Quota 100”) confermando che tanto è maggiore l’anticipo rispetto ai requisiti, tanto più conveniente è sfruttare questo canale di uscita. Questo risultato coesiste con l’evidenza che anche all’aumentare dell’anzianità aumenta la probabilità di ricorrere a “Quota 100”.

Questi due aspetti non sono in contraddizione perché, in presenza di una covariata per l’entità dell’anticipo, la variabile anzianità coglie solo l’effetto che a carriere più corte corrispondono generalmente pensioni di minore importo e quindi a parità di anticipo la probabilità di aderire a “Quota 100” è crescente nell’anzianità. Infine, dall’analisi econometrica emerge una correlazione positiva tra la probabilità di pensionarsi con “Quota 100” e la prosecuzione volontaria della contribuzione, l’essere disoccupati o “silenti” rispetto ad essere attivi.

Rispetto alla gestione dei dipendenti privati, le altre gestioni mostrano probabilità inferiori. I lavoratori autonomi sono quelli che nel loro complesso presentano le probabilità più basse, mentre i dipendenti pubblici si collocano nel mezzo. Le donne hanno una propensione leggermente inferiore rispetto agli uomini. Alle spalle dell’effetto complessivo di genere c’è però uno spaccato con ampie differenze per gestione. A pensionarsi prima delle donne sono unicamente gli uomini dipendenti privati, mentre nelle altre gestioni le probabilità di pensionamento sono simili con probabilità lievemente più elevate per le donne.

Rispetto al primo decile di reddito, ai decili dal secondo al nono corrispondono maggiori probabilità di usare “Quota 100”, eccezion fatta per l’ultimo decile che mostra probabilità inferiore. Si evince anche che i lavoratori con redditi mediamente elevati, partendo da pensioni di importo maggiore, si preoccupano relativamente meno delle riduzioni connesse a uscite anticipate rispetto ai requisiti ordinari.

In conclusione, anche se “Quota 100” ha registrato meno adesioni rispetto alle previsioni iniziali, questo canale di uscita è stato comunque utilizzato da una ampia platea di lavoratori che a fine 2025 (quando saranno pressoché esauriti i potenziali aderenti) potrebbe superare i 450 mila soggetti. Le stime iniziali erano ispirate a criteri di prudenza, trattandosi di diritti soggettivi sui quali non si disponeva, al momento della valutazione, di statistiche basate su consistenti dati osservazionali riguardanti le propensioni ad anticipare il pensionamento.

Queste informazioni sono ora disponibili (“Quota 100” può essere visto come un esperimento su scala naturale) e, con i necessari adattamenti, consentono di stimare in modo più accurato gli impatti sulla finanza pubblica di eventuali nuove misure pensionistiche, rendendo più incisivo il disegno di policy ed evitando di accantonare per prudenza risorse eccessive distraendole pro-tempore da altre destinazioni.

Le risorse economiche sono in disponibilità limitata e quindi occorre prestare molta attenzione al processo di allocazione delle stesse, attraverso programmazioni che colgano le reali esigenze dei destinatari delle prestazioni e che restino sostenibili per il bilancio pubblico. Lì dove gli interventi contemplano correzioni delle pensioni, ulteriori rispetto alle normali regole di calcolo, i take-up osservati per “Quota 100” possono rappresentare un upper bound.

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