skip to Main Content

Ripresa economica, il settore Difesa e il ruolo di Next Generation EU

Difesa

Nel valutare dove sarebbe meglio indirizzare gli sforzi per sostenere la ripresa economica ed insieme favorire l’ammodernamento del nostro sistema-Paese, anche il settore della difesa dovrebbe essere attentamente considerato. L’articolo di Michele Nones, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali

Innanzitutto, andrebbe tenuto presente che alcune delle molte conseguenze della pandemia sono destinate a pesare sul piano strategico. La crisi economica ha colpito diversamente le potenze globali e regionali in termini di intensità e durata. I rapporti di forza si sono già modificati e continueranno a farlo fino alla sua, per ora imprevedibile, fine. Questo si riflette anche sull’influenza esercitata sugli altri Paesi e a livello internazionale.

Nel frattempo, la scarsa coesione fra molti Paesi alleati e partner ha fatto riemergere egoismi e interessi nazionali. Infine, l’inevitabile tentazione di concentrarsi sui problemi di casa è destinata a lasciare irrisolte tensioni e crisi che potrebbero rapidamente riacutizzarsi in ogni angolo del mondo. Di fronte a questo quadro di instabilità e di rischi, l’esigenza di garantire meglio la difesa e la sicurezza del nostro Paese richiede, quindi, ancora maggiore attenzione rispetto al recente passato.

In quest’ultimo decennio il processo di ammodernamento e riorganizzazione delle Forze armate è proseguito molto più lentamente di quanto sarebbe stato necessario. La riforma voluta dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola è rimasta in gran parte inattuata, così come quanto ipotizzato dal Libro bianco fatto predisporre dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti.

Restano irrisolti tutti i principali nodi, dal progressivo invecchiamento del personale alla mancanza di forze di riserva attivabili in caso di necessità – come si sta ora verificando -, dall’assenza di una stabile pianificazione degli investimenti ad un loro adeguato dimensionamento, dalla sovrapposizione delle competenze ministeriali all’assenza di una strumentazione adeguata per affrontare gli accordi governo-governo e le sfide dell’innovazione, dalla assenza di aree addestrative ad un’efficace distribuzione territoriale del personale, dal rafforzamento di una logica interforze alla valorizzazione delle competenze acquisite col servizio militare.

Sarebbe, inoltre, necessario un impegno finanziario maggiore, in linea con quanto abbiamo concordato a livello atlantico ed europeo. Anzi, poiché i nostri maggiori partner hanno coerentemente aumentato le spese per la difesa, la distanza che l’Italia deve colmare è andata via via aumentando.

Nel campo delle tecnologie avanzate l’industria dell’aerospazio, sicurezza e difesa rappresenta una delle poche presenze italiane. Al suo interno vi sono alcune aree di eccellenza tecnologica e industriale che restano competitive sul mercato internazionale e che costituiscono una risorsa dell’intero Paese. Di particolare importanza è l’impatto sull’innovazione di prodotto e di processo legata al soddisfacimento dei requisiti stringenti che sono imposti dalla tutela della difesa e sicurezza nazionale. Questo comporta anche un positivo effetto sulla formazione di tecnici e laureati in tutte le discipline scientifiche. Infine, questo settore, soprattutto quando ci si muove nel quadro di accordi governo-governo, funge da volano per allargare e stabilizzare la collaborazione con i Paesi coinvolti, con forti ricadute sul nostro ruolo internazionale.

Nell’attuale fase di crisi economica, il settore della difesa presenta un ulteriore punto di forza: poiché molti programmi di equipaggiamento sono in ritardo per gli insufficienti fondi a disposizione, un semplice aumento degli investimenti porterebbe in tempi rapidissimi ad un aumento della produzione, trascinando tutta la filiera delle Pmi subfornitrici, con positive conseguenze sulla ripresa economica.

L’Unione europea ha definito nel corso di quest’anno il programma Next Generation EU che attraverso la Recovery and Resilience Facility (Rrf) “aiuterà l’Ue a uscire più forte e più resiliente dall’attuale crisi” con 672,5 miliardi di euro di prestiti e sovvenzioni. Per l’Italia sono previsti in totale 209 miliardi di cui 196 con la Rrf.

In questo ambito è stata presentata dal governo all’inizio di dicembre la bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che prevede sei aree di intervento fra cui digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura al cui interno 10 miliardi sono destinati a digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione e 35 miliardi sono destinati a Innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione.

Per quanto riguarda le implicazioni per il settore aerospazio, sicurezza e difesa, nella prima componente è inserito l’obiettivo della sicurezza cibernetica, mentre nel secondo è esplicitamente indicato al punto 5 il Piano straordinario per la space economy. Quest’ultimo è un riconoscimento importante che conferma la crescente attenzione per questo comparto. Non vi sono, invece, riferimenti all‘industria della difesa, nonostante la sua importanza strategica e l’interrelazione con quella della sicurezza e dell’aerospazio.

Solo nella parte generale si cita l’impegno europeo nel campo della sicurezza e difesa con i previsti 1,9 miliardi nell’ambito di Next Generation EU e 13,2 nel Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 (che comprenderà poco più di 7 miliardi per European Defence Fund, 1,5 per Military Mobility e 5 per European Peace Facility). Va sottolineato, però, che la stessa Commissione europea ha previsto nelle linee guida per i piani nazionali di ripresa e resilienza degli Stati membri, pubblicate a settembre, la possibile complementarietà di diversi finanziamenti europei, citando esplicitamente anche l’European Defence Fund.

Quest’ultimo si articola in due parti: un terzo dedicato alla ricerca e due terzi allo sviluppo. Nella prima il finanziamento sarà al 100%, mentre nella seconda si dovrebbe attestare mediamente sul 20%. Nel caso dei programmi di sviluppo dovranno, quindi, essere gli Stati partecipanti (perlomeno tre) a coprire la maggior parte delle spese.

Ipotizzando che l’Italia partecipi con un ruolo in linea col nostro peso economico e col contributo al bilancio europeo, l’obiettivo (dopo il drastico taglio deciso dal Consiglio europeo di luglio) potrebbe essere quello di ricevere finanziamenti per più di 1 miliardo e, in questo caso, il co-finanziamento italiano potrebbe dover superare 1 miliardo nell’arco di sette anni.

Ovviamente, molto dipenderà dal tasso di successo delle proposte presentate dall’industria italiana, ma, sulla base dell’esperienza fin qui acquisita con i progetti pilota, è ragionevolmente credibile che continui ad essere elevato. Sul piano finanziario lo sforzo è sicuramente sostenibile, ma non si vede perché escludere l’utilizzo del Pnrr. Un sostegno indiretto potrà essere dato dal possibile intervento del Pnrr nel finanziare altre iniziative del ministero della Difesa in campo infrastrutturale (basi, alloggi, reti di comunicazione), alleggerendo così il suo bilancio e rendendo disponibili le risorse già previste. Ma le due possibilità non si escludono l’una con l’altra.

In ogni caso, questi auspicabili finanziamenti europei non possono eludere il problema di fondo della mancanza di adeguate risorse per la difesa e la sicurezza. Vi sono troppe carenze negli equipaggiamenti delle nostre Forze armate e, per quanto riguarda l’innovazione perseguita con i programmi di ricerca e sviluppo, non va dimenticato che i nuovi sistemi andranno successivamente prodotti ed acquisiti.

In questa prospettiva si deve proseguire sulla strada intrapresa con l’attuale manovra finanziaria per dare stabilità alla pianificazione degli investimenti della difesa e, insieme, aumentarne la consistenza, contribuendo alla ripartenza del sistema-Paese.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top