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Tutti i numeri della mobilità sanitaria regionale

Sanità

L’approfondimento di Eleonora Mazzoni per i-Com sulla mobilità sanitaria in Italia, un fenomeno che vale oltre quattro miliardi di euro

La mobilità sanitaria in Italia vale circa 4,6 miliardi di euro. Un dato puramente economico che però nasconde un fenomeno dalle implicazioni sanitarie e sociali importanti: sono migliaia le persone che ogni anno lasciano il territorio della loro regione di residenza per andare a curarsi altrove. La Fondazione Gimbe ha deciso di analizzare il fenomeno con un report ad hoc pubblicato il 31 luglio 2019, che scatta una fotografia del fenomeno nel 2017.

IL FENOMENO DELLA MOBILITÀ SANITARIA REGIONALE

Il Servizio sanitario nazionale (SSN) garantisce l’assistenza ai cittadini iscritti presso le aziende sanitarie locali della propria regione di residenza. I pazienti però possono esercitare il diritto di essere assistiti anche in strutture sanitarie di altre regioni. È il cosiddetto fenomeno della mobilità sanitaria regionale che si distingue in mobilità attiva (ossia l’indice di attrazione di una regione attraverso l’identificazione di prestazioni sanitarie offerte a cittadini non residenti) e mobilità passiva (l’indice di fuga da una regione misurato attraverso una valutazione delle prestazioni sanitarie erogate ai cittadini al di fuori della regione di residenza). Il confronto tra l’indice di attrazione e quello di fuga fornisce un quadro sull’efficacia e sull’efficienza di ogni Servizio sanitario regionale nella capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione residente. Inoltre è indirettamente identificativo della qualità dei servizi sanitari erogati così come percepita dai cittadini. Dal punto di vista economico, la mobilità attiva rappresenta per le regioni una voce di credito mentre quella passiva una di debito: ogni anno la regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino che si sposta per ricevere le cure necessarie.

QUASI UN MILIONE DI PAZIENTI COINVOLTI

Il report dell’osservatorio Gimbe ha analizzato crediti, debiti e saldi sulla mobilità sanitaria nel 2017 e ha documentato un fenomeno che coinvolge ogni anno quasi un milione di pazienti, oltre ai loro familiari. Il relativo flusso di denaro scorre prevalentemente dal Mezzogiorno verso le regioni del Nord Italia: l’88% del saldo in attivo alimenta le casse di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto mentre il 77 di quello passivo grava su Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania. Le sei regioni con maggiori capacità di attrazione (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Toscana e Piemonte) vantano crediti superiori a 200 milioni di euro e solo Lombardia ed Emilia Romagna insieme contribuiscono a oltre un terzo della mobilità attiva.

IN FUGA DAL MEZZOGIORNO

Alla forte capacità attrattiva delle grandi regioni del Nord corrisponde quella estremamente limitata del Centro-Sud, con la sola eccezione del Lazio. Le sei regioni con un indice più alto (Lazio, Campania, Lombardia, Puglia, Calabria e Sicilia) generano debiti per oltre 300 milioni di euro, con Lazio e Campania che insieme contribuiscono a circa un quarto della mobilità passiva. In questo caso i dati disponibili documentano differenze più sfumate tra Nord e Sud. Se quasi tutte le regioni Meridionali hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in alcune regioni del Nord con un alto tasso di mobilità attiva come la Lombardia. Verosimilmente, si legge nel report, questo documenta specifiche preferenze dei cittadini agevolati dalla facilità di spostamento tra le regioni del Nord con elevata qualità dei servizi sanitari. Si tratta della cosiddetta “mobilità di prossimità”.

L’OSSERVATORIO CENTRALIZZATO DI MONITORAGGIO

È opportuno distinguere la componente fisiologica della mobilità regionale da quella determinata da carenze dell’offerta della regione di residenza del paziente. Mentre la prima riguarda la dislocazione dei bacini di utenza come, ad esempio, i residenti in province confinanti con altre regioni, villeggianti, etc., è la seconda a rappresentare la “reale” mobilità sanitaria. Per questo nel Patto per la salute 2019-2021 è previsto che il governo e le regioni si impegnino a mappare i flussi declinati per tipologia di prestazione, a individuare la corrispondenza con situazioni specifiche di carenza dell’offerta e a redigere un “Piano di contrasto” alla mobilità passiva, potenziando la capacità di offerta nei settori che si rivelino critici. Inoltre l’evoluzione della mobilità sanitaria e la corrispondenza tra volumi effettivi di prestazioni rispetto ai volumi programmati nei piani regionali di contrasto alla mobilità e negli accordi bilaterali dovrà essere oggetto di analisi e monitoraggio a livello nazionale. Proprio a questo fine viene istituito un osservatorio centralizzato di monitoraggio della mobilità sanitaria.

 

Articolo pubblicato su i-com.it

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