skip to Main Content

Zee e Zpp. Come cambiano le relazioni Italia-Libia dopo la liberazione dei pescatori

Zpp

Cambio di rotta per le relazioni marittime fra Italia e Libia. L’articolo di Fabio Caffio

Con la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo detenuti in Cirenaica si pongono le condizioni per strutturare su nuove basi le relazioni marittime italo-libiche. L’obiettivo è un limite concordato delle Zone economiche esclusive (Zee) nella prospettiva della nostra futura Zee.

Prima vanno però affrontati due problemi: la linea di chiusura del Golfo della Sirte e la consolidata presenza in acque libiche di nostri connazionali che dovrebbe consentirci l’accesso ai surplus di pescato.

LA ZPP LIBICA

Il tema della Zona di pesca libica (Zpp) è stato più volte magistralmente qui analizzato da Natalino Ronzitti, il quale ha evidenziato come l’attività nelle zone rivendicate dalla Libia sia “illegittima, tranne che vi sia il consenso dello Stato costiero”. L’Italia non si è mai espressa al riguardo, né riconoscendo, né contestando i diritti libici.

In occasione della visita del premier Giuseppe Conte a Bengasi, sono tuttavia circolate voci su nostre scuse ufficiali e sull’impegno a evitare che avvengano altri sconfinamenti. Tutto sembrerebbe dunque risolto con un nostro riconoscimento – peraltro non comunicato al governo legittimo di Tripoli -. Per impedire sconfinamenti bisogna tuttavia sapere prima quali sono i confini.

Nel secolo scorso Tripoli aveva stabilito, entro i fondali di 200 metri, una Zona riservata di pesca, per poi trasformarla nel 2005 nella Zpp di 62 miglia al di là delle acque territoriali. Nel 2009 era stata anche proclamata la Zee che si sovrappone alla precedente Zpp e si estende fino ai limiti “permessi dal diritto internazionale” nell’attesa di successivi accordi di delimitazione.

Il limite della Zee non è quindi ancora fissato. Quello della Zpp – come lo stesso Ronzitti precisa e come risulta dalla cartina qui riportata qui in basso (fonte Limes) – ricade “al di sotto della linea mediana con l’Italia e quindi non si presta a contestazione”. Sulla questione si è espressa l’Unione europea, per conto degli Stati membri, affermando l’illegittimità della pretesa come conseguenza di quella della chiusura della Sirte che sposta verso nord il limite della Zpp.

L’OMBRA DI SIRTE

A distanza di quasi 50 anni dalla sua proclamazione l’esteso ed ampio Golfo (linea chiusura di 306 miglia) non cessa di far discutere: geograficamente non è “un’insenatura ben marcata” come prescrive la Convenzione sul diritto del mare delle Nazioni Unite (Unclos), né è internazionalmente riconosciuto come “baia storica” secondo il regime di eccezione previsto dalla stessa Convenzione.

Certo è che l’intera Libia è ancora orgogliosa della contestata rivendicazione dell’era Gheddafi. L’atto istitutivo dell’iniziativa è tuttora accessibile sul sito dell’Onu e non si colgono segnali di una sua riconsiderazione. Anzi, ne viene affermato il suo effetto sui confini delle Zee di Malta, Italia e Grecia.

Oltre all’Ue, gli Stati Uniti l’hanno contestata per primi e continuano a farlo. Non risultano invece specifiche proteste italiane. D’altronde, la nostra posizione può essere messa in relazione col fatto che anche noi reclamiamo come baia storica il Golfo di Taranto (linea di chiusura di 60 miglia stabilita con Dpr 816-1977).

NEGOZIARE CON LIBIA E MALTA

La questione della Sirte non può impedirci di intavolare un negoziato con Tripoli per stabilire un confine a carattere provvisorio delle rispettive zone di giurisdizione ad est di Malta. Si tratta di adottare un approccio pragmatico nell’ottica dell’Unclos (articolo 74, 3), rinviando al dopo le questioni di principio.

La cartina qui riportata evidenzia che il limite inferiore della porzione orientale della Zona “C” della piattaforma continentale italiana aperta alla ricerca di idrocarburi tiene già precauzionalmente conto della chiusura del Golfo. Tale limite potrebbe essere confermato al momento in cui sarà operante la Zee italiana.

Tripoli è molto sensibile alle questioni marittime, soprattutto ora che è alleata di MaltaTurchia che condividono lo stesso approccio. La nostra riconosciuta capacità di mediazione è un fattore positivo. Da parte turca non sembrano esserci riserve di principio. Malta dovrebbe essere coinvolta nel negoziato, sia come contro-interessato, sia come partner necessario per realizzare un assetto joint dell’area (provvisorio e limitato spazialmente). La sfida è la gestione comune delle risorse e la tutela ambientale nella “terra di nessuno” del Mediterraneo centrale.

In questo quadro, si potrebbe cercare di ottenere da Tripoli una limitata presenza di nostri pescatori nella sua Zee sulla base dell’art. 62, 3 dell’Unclos. Non si tratterebbe quindi di un accordo di pesca (riservato alla Ue), ma di consentirci l’accesso ai surplus di pesca per la “necessità di contenere al minimo gli scompensi economici negli Stati i cui [cittadini] … abbiano abitualmente esercitato la pesca nella zona”.

Dovrebbe essere comunque riconsiderata l’opzione di un accordo di partenariato tra privati simile a quello tentato nel 2019 da Federpesca con omologhi della Cirenaica, o tra altre associazioni mazaresi e corrispondenti entità tripoline. A preoccupare sono però le rivalità tra nostre associazioni, più che quelle tra fazioni libiche.

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top