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Abolire le province o no? Il dilemma del Governo

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Torna a far discutere l’abolizione delle Province. Botta e risposta tra vari rappresentanti del governo su una riforma più volte annunciata e mai compiuta

A far agitare le acque del governo, già molto increspate per vari motivi primo fra tutti il caso Siri, ci pensano ora pure le Province. Istituzioni, previste dall’articolo 114 della Costituzione, che da anni si tenta di abolire senza peraltro mai riuscirci. L’argomento torna in ballo grazie a uno scoop del Sole 24 Ore secondo cui, nella bozza sulle linee guida per la riforma degli enti locali, si parla esplicitamente dell’elezione di 2.500 consiglieri e dei presidenti di Provincia. Alla legge delega per la riforma sta lavorando il tavolo tecnico-politico in conferenza Stato-Città istituito dal Milleproroghe, guidato dal sottosegretario all’Interno, il leghista Stefano Candiani, e dalla viceministro all’Economia, Laura Castelli del Movimento Cinque Stelle.

LO SCONTRO TRA LEZZI E CANDIANI

Dopo il botta e risposta tra i due vicepresidenti del Consiglio Luigi Di Maio e Matteo Salvini di qualche giorno fa, ieri si è registrato lo scontro fra la ministra per il Sud, la pentastellata Barbara Lezzi, e il sottosegretario del Carroccio Stefano Candiani. “Noi siamo per l’abolizione delle Province e per attribuire competenze a Regioni e Comuni” ha detto Lezzi durante un’intervista a Radio anch’io su Radio 1 per poi aggiungere: “Le Province richiedono 2.500 poltrone di politici. Non significa dare maggiori servizi ma avere maggiori spese”.

Pronta la replica di Candiani che ha accusato la collega di governo di avere un “approccio un po’ cialtrone”. Secondo il sottosegretario, “la Riforma Delrio ha reso le Province incapaci di operare. Dobbiamo rimetterle in funzione. Le Province esistono in Costituzione, e questo va ricordato alla ministra Lezzi, ma oggi sono incapaci di assolvere al loro compito istituzionale”.

LE PAROLE DI DI MAIO

A dare man forte alla responsabile del dicastero per il Sud ci ha pensato il leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio “Le Province sono uno spreco, inutile ammalarsi di amarcord per farle ritornare” e poi, senza tanti giri di parole, “chi le vuole si trovi un altro alleato”. Durante la presentazione del programma europeo del M5S, il ministro dello Sviluppo economico ha ricordato che il Movimento “nemmeno si è mai presentato alle elezioni” provinciali.

“La scelta sulle Province è semplice – ha detto ancora Di Maio -: vanno eliminate veramente tagliando poltrone. La soluzione non è certo quella contraria, non è aumentando le poltrone con altri 2.500 nuovi incarichi politici che si risolvono i problemi degli italiani”.

I COMMENTI DEL MINISTRO BONGIORNO E DEL GOVERNATORE MUSUMECI

Posizione meno netta e che apre al dialogo quella del ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno: “Le Province sono in una situazione ibrida. La verità è che si è fatto finta di eliminarle e non sono state eliminate, bisogna fare una scelta: ridare fiato o eliminarle del tutto” ha spiegato. Secondo il governatore siciliano Nello Musumeci, invece, “quando i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle dicono che le Province sono un poltronificio dimostrano di non essere mai entrati in una Provincia. Averla soppressa come hanno fatto loro insieme al centrosinistra – ha concluso – ha portato al disastro delle strade in Sicilia”.

STORIA DEI TENTATIVI DI ABOLIZIONE

Come si diceva, di eliminare le Province – schiacciate tra Comuni e Regioni – si è provato varie volte. Durante il governo Monti, nel 2012, il decreto sulla spending review aveva tra gli altri l’obiettivo di tagliare 35 Province tramite accorpamenti. L‘esecutivo Letta annunciò un disegno di legge per la loro abolizione ma fu con il successivo governo Renzi che si arrivò alla riforma che porta il nome del ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio: si operò la distinzione tra Province di secondo livello, gestite da assemblee elette da amministratori locali, e Città metropolitane che assorbivano le Province di 14 capoluoghi. A impedire la prosecuzione del progetto il fallimento del referendum del 4 dicembre 2016 perché la riforma doveva traghettare le Province fuori dalla Costituzione.

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