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Addio a Gianni Minà, giornalista totale e cattolico di sinistra

Gianni Minà

A Vanity Fair Minà raccontò di esser stato epurato dalla televisione per mano della politica. Intervistò i più grandi, di ogni ambito, se ne va a 84 anni

“Posso rivelare che quelle interviste non le scriveva, ma aveva il vezzo di dettarle dal telefono direttamente ai dimafonisti”, ha raccontato ieri sera Fabrizio Bocca, a poche ore dalla scomparsa. Ieri è morto Gianni Minà, colonna del giornalismo novecentesco italiano. Sportivo, politico, televisivo, pop, tutto.

Un’icona di giornalismo totale. Basti vedere la mole e il peso delle interviste realizzate durante una carriera altrettanto immensa per durata e per qualità.

ADDIO A GIANNI MINA’

“Da Fidel Castro al Comandante Marcos, dai Beatles a Maradona e Muhammad Ali. Una vita di interviste a cuore aperto, sul filo di un mondo che cambiava. Controcorrente, anche a costo dell’isolamento”, ha ricordato Rai News del giornalista torinese classe 1938 scomparso ieri sera dopo una breve malattia cardiaca.

“Non è stato mai lasciato solo ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità”, hanno scritto i suoi cari sui profili social di Minà.

L’AMORE PER CUBA

Di Gianni Minà si potrebbe (e dovrebbe) parlare e leggere per ore, non soltanto per ammirare le altissime vette del giornalismo italiano. Ma di lui c’è anche un profilo politico non poco notevole. Amava l’America Latina, tanto da restare attivo nella polemica italiana sul soccorso dei medici cubani in Calabria. “La missione della Brigada ‘Henry Reeve’ è sempre stata – aveva scritto Minà replicando alle accuse del Corriere della Sera – quella di fornire assistenza umanitaria-medico-sanitaria alle popolazioni vittime di calamità naturali ed epidemie in altri paesi e aiutarne la ripresa, senza distinzione di razza, religione, credo politico. La maggior parte dei suoi membri ha esperienza in missioni sanitarie internazionali e la partecipazione è completamente volontaria. Perché lo fanno? Perché è questa l’essenza di Cuba, perché ancor prima che castrista, si è sempre riconosciuta negli ideali di José Martí, espressi nella famosa frase ‘La patria è l’intera umanità’ e questo concetto fondamentale si esprime anche nel preambolo della loro Costituzione”.

Cuba era la sua terra prediletta, d’altronde. Diresse la rivista “Latinoamerica e tutti i sud del mondo”. Fidel Castro, insieme a Muhammad Ali (“l più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura”, disse del campione) rappresenta forse il punto più alto raggiunto con le sue telefonate-intervista. Che sfociavano in racconti fiume. Di qualunque personaggio si trattasse. “Poteva alzare il telefono e parlare con Robert Redford, Maradona, Mina. Uno che intervistò i Beatles, e ho detto tutto. Davanti alla sua telecamera sfilarono – e nella stessa puntata di Blitz! – Federico Fellini, Giulietta Masina, Sergio Leone, Robert De Niro, Claudia Cardinale, Ennio Morricone. Altro che Belve, lui era un intero branco di leoni”, ha ricordato Piero Degli Antoni sul Quotidiano Nazionale.

IL MINA’ POLITICO: CATTOLICO DI SINISTRA MA EPURATO DALLA POLITICA

Ma a Vanity Fair Minà raccontò, una volta, di esser stato buttato fuori dalla tv dalla politica. “Nel 1994, dopo le elezioni vinte da Berlusconi, la Moratti divenne presi- dente Rai. Io, che ero stato candidato nel centrosinistra a Palermo e che ero stato battuto, come il giudice Caponnetto, fui ricevuto da lei. Ma non mi chiamò più. Seppi poi che la sua assistente, l’ex socialista Giuliana Del Bufalo, avvertiva i direttori di rete che non ero “persona gradita”. Non so a chi”, disse.

“Con l’arrivo del governo di sinistra nel 1996, Carlo Freccero mi mandò su Raidue con il talk show Storie, a mezzanotte e mezzo. Intervistai da Scorsese a Renato Zero, dal Dalai Lama a John John Kennedy, ma anche i genitori di Ilaria Alpi, e loro si accorsero in diretta che le valigie della figlia di ritorno dalla Somalia non avevano i sigilli. Chi li aveva aperti in volo? E perché? Dopo un po’, il programma fu chiuso”.

E lui, cattolico di sinistra, fu messo ai margini della tv sì dalla destra berlusconiana. Ma poi anche dalla sinistra. “Nel 1994 Giampaolo Sodano, ex direttore socialista di Raidue, mi rivelò: “Stavi sulle palle all’omone”, che era Craxi. Anni dopo mi hanno detto: “Stavi sulle palle a Velardi”, che era uno degli uomini di D’Alema. Insomma: prima ho pagato l’arroganza della destra, e poi il pentimento della sinistra di essere stata a sinistra”, disse ancora a VF.

Minà, d’altronde, ha sempre rivendicato una certa indipendenza nel lavoro, nonché un amore per i personaggi (e realtà) controcorrente, distanti e soli. Insieme ai quali viaggiava durante le interviste. E insieme ai quali continuerà a viaggiare anche adesso, chissà dove.

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