La Coalizione #Lobbying4Change, FERPI e UNA sono fortemente critici nei confronti dell’approvazione degli emendamenti Boschi e Urzì alla legge sul lobbying. Ecco perché
La legge sul lobbying deve essere uguale per tutti. Ogni esenzione dalle norme previste dalla nuova proposta di legge sulla rappresentanza di interessi indebolisce la legittimità della legge e riduce la trasparenza del processo decisionale. È il messaggio lanciato dalla Coalizione #Lobbying4Change, FERPI e UNA, fortemente critiche nei confronti dell’approvazione degli emendamenti a firma Boschi e Urzì. Gli atti escludono infatti le organizzazioni dei datori e i sindacati dall’iscrizione nel registro pubblico dei rappresentanti di interessi, da obblighi di rendicontazione e dalle regole di condotta previste dalla proposta di legge “Disciplina dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi”.
VIA LIBERA AGLI EMENDAMENTI PER ESCLUDERE SINDACATI
Nel corso della seduta del 27 novembre della I Commissione Affari Costituzionali della Camera sulla proposta di legge sul lobbying sono stati approvati gli emendamenti 3.14 (Boschi) e 3.15 (Urzì). Le modifiche esonerano le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati dalle nuove misure in materia di trasparenza previste dalla proposta di legge a firma di Nazario Pagano (FI) “Disciplina dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi” (2336). La norma in questione stabilisce principi e regole per garantire la trasparenza, la tracciabilità e l’accessibilità delle attività di rappresentanza di interessi.
Tuttavia, le modifiche introdotte dagli emendamenti a firma rispettivamente di Maria Elena Boschi (IV) e Alessandro Urzì (FdI), secondo #Lobbying4Change, FERPI e UNA, rischierebbero di indebolire la coerenza complessiva del testo della proposta di legge, escludendo le principali rappresentanze delle imprese e delle categorie economiche.
I LOBBISTI: SERVONO REGOLE UGUALI PER TUTTI
La legge sul lobbying deve essere uguale per tutti. È il messaggio lanciato dalle organizzazioni, che sottolineano come in ordinamenti dove l’attività di lobbying è regolata efficacemente non esistono distinzioni tra categorie politicamente attive. Paesi come Austria e Regno Unito, invece, pagano il prezzo di una regolamentazione debole e parziale, incapace di garantire la piena trasparenza. In quest’ottica, le organizzazioni chiedono al Parlamento di introdurre correttivi al fine di “evitare modifiche che potrebbero ridurre l’impatto della riforma e limitarne la capacità di migliorare la trasparenza delle decisioni pubbliche”.
“Una legge sulla trasparenza non può valere solo per alcuni: introdurre eccezioni significa ridurre in modo significativo l’efficacia e la credibilità”, dichiarano congiuntamente le organizzazioni. “La definizione di attività di rappresentanza contenuta nel testo è chiara: tutti i soggetti che influenzano i processi decisionali pubblici devono essere sottoposti agli stessi obblighi. Sottrarne alcuni significherebbe indebolire alla radice l’efficacia della riforma”.
L’ESPERIENZA FALLITA DEI REGISTRI
La legge rischia di rimanere carta straccia. Infatti, le organizzazioni sottolineano che in diverse Regioni i registri previsti dalla normativa non sono mai stati attivati o aggiornati. Un gap che compromette la capacità delle leggi di produrre effetti reali.
“L’Italia non ha bisogno di un’altra legge che potrebbe non avere effetti concreti: ha bisogno di un provvedimento che funzioni davvero, che tratti allo stesso modo tutti gli attori che partecipano ai processi decisionali pubblici”, affermano le organizzazioni. “Se l’obiettivo è rafforzare la trasparenza, la fiducia nelle istituzioni e la qualità dei processi democratici, allora i requisiti devono essere universali. Nessuno può esserne escluso”.

