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Fiori, Ravaioli, chi altro? Il governo alla prova con il Pnrr vuole rimettere in forma il Formez

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Fuori, anticipatamente, il presidente Bonisoli. Dentro, per il tempo necessario, un commissario. Cosa sta succedendo all’ente che gestisce i concorsi?

I soldi non fanno la felicità. Può sembrare strano ma almeno in certi casi la massima è da capovolgere in chiave negativa. Come nel caso del Formez, l’associazione del dipartimento dell’amministrazione pubblica che è attivo da cinquant’anni prima come ente di supporto straordinario per il sud Italia e oggi come gestore della modernizzazione della Pa.

E allora, non basta che l’ultimo bilancio presentato a inizio febbraio reciti ricavi da quasi 80 milioni di euro e utili vicini ai 3 milioni (79; 2,6 per l’esattezza). Sentito da Vista, il presidente Alberto Bonisoli aveva detto che “abbiamo, per la prima, volta misurato il divario della Pa tra nord e sud” e che Formez “è ormai una delle realtà di consulenza e formazione più rilevanti”.

IL NODO PNRR

Non tutto, però, è così liscio come sembra da quanto sopra. L’Italia, come noto, sta avendo a che fare con il Pnrr. Il piano nazionale di ripresa e resilienza per ripartire dopo la pandemia da Covid 19, anche se di mezzo ci si è messa un’altra nota di instabilità non da poco come la nuova guerra russa in Ucraina.

Se in fase di insediamento la premier Meloni accusava il governo Draghi di aver lasciato un’eredità pesante da smaltire (“Ci ha lasciato 30 obiettivi su 55 da centrare: dal 2023 si deve cambiare”), a cinque mesi esatti dal giuramento il governo di FdI-Lega-Forza Italia la situazione del Piano mostra ancora evidenti falle. In ballo c’è la nuova tranche delle risorse da far arrivare da Bruxelles a Roma; a marzo l’Italia sta mancando su otto target dei tredici previsti. E poco meglio, per dirla con un eufemismo, sta facendo in termini di capacità di spesa: 6% sin qui, dieci miliardi su 168 circa.

LO STATO DELL’ARTE DELLA PA SECONDO BONISOLI

In questo quadro c’entra anche la pubblica amministrazione. Il percorso per migliorarla resta ancora lungo. “Dal 2010 al 2020 si sono offerti 7 mila posti, mentre nel 2021 circa 30 mila”, diceva al Corriere della Sera il numero uno di Formez un mese fa. “Si dovrebbe puntare sullo smart working e sulla formazione”, spiegava. Aggiungendo che “i salari dei dipendenti pubblici devono essere adeguati al mercato, valorizzando soprattutto il merito. Dobbiamo intercettare le nuove generazioni, meno abituate a questo genere di opportunità”. Rimedi noti per cause note, insomma. Ancora da smaltire.

I NOMI IN CAMPO PER IL COMMISSARIAMENTO DEL FORMEZ DI BONISOLI

Ed ecco allora il nodo. Più politico, come spesso accade, che tecnico. Nella giostra delle nomine il ministro della Pa Paolo Zangrillo sta pensando di anticipare dal 2024 (anno di scadenza regolare del mandato) ad ora il congedo di Alberto Bonisoli. “Si lavora allora per chiudere la partita comunque entro Pasqua”, scriveva pochi giorni fa Affari Italiani. “L’operazione, riferiscono diverse fonti vicine al dossier, non verrebbe lasciata totalmente in mano a Forza Italia e passerebbe da un accordo tra Zangrillo e il collega Raffaele Fitto”. Per un percorso di commissariamento che porti al nuovo board in un paio di mesi. Alla base c’è la scelta di Bonisoli fatta a suo tempo, a dicembre 2019, dai Cinque Stelle che erano al governo.

Oggi La Repubblica rilancia il nome di Marcello Fiori, capo del Dipartimento della Funzione Pubblica, già fatto precedentemente da AI. Aggiungendo poi quello di Patrizia Ravaioli, attuale numero uno della direzione generale di viale Marx. Se il Pnrr e i moniti di Bruxelles impongono di accelerare sulle riforme della scatola amministrativa italiana, il fatto che il problema del ricambio occupazionale parta dalla presidenza evidenzia la radicalità e la profondità delle scelte che dovranno farsi in seno al Formez.

 

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