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“Il Centro di Renzi può convincere molti a tornare al voto”: parla Maestri
Intervista con il professor Gabriele Maestri, esperto di partiti politici e curatore del blog I simboli della discordia. Ha inaugurato da poco un podcast: Scudo (in)crociato, la fine e i tanti risvegli della Democrazia cristiana. Il Centro di Renzi che futuro può avere?
Prima la rottura dal Pd, la nascita di Italia Viva, quindi la caduta del Conte II per portare Draghi a Palazzo Chigi. Matteo Renzi è un animale mai domo della politica italiana. E, dopo aver rotto anche con Azione di Carlo Calenda, si prepara alle europee 2024 con un nuovo esperimento: “Il Centro”. Ne abbiamo parlato con Gabriele Maestri, esperto di partiti politici e curatore de I simboli della discordia, dove da poco è nato anche un podcast sui postumi della fine della Dc.
Professore, qual è il (nuovo) obiettivo di Matteo Renzi con “Il Centro”?
In base a ciò che sappiamo, Renzi parla di brand. Ad oggi, non sappiamo se in senso tecnico o meno perché al momento non vi sono marchi registrati. E’ sicuramente un hashtag ricorrente. Dico di più: usare il Centro con la “c” maiuscola significa che si vuole incarnare quell’area. Un po’ sulla scia del Zentrum di matrice cristiana della Germania. E’ da sempre un’area piuttosto presidiata, oggi ancora di più.
Un primo risultato, Renzi, l’ha già ottenuto: ne stanno parlando tutti. E non per forza ciò significa la rottamazione di Iv. E qualcosa già si muove con nuovi gruppi. Non è certo un qualcosa di nuovo: nel 2008 al Viminale c’era Il Centro, che ricalcava la Cdu trentina. Qui, invece, Renzi potrebbe pescare dall’area potenzialmente ampia lib-dem.
Andrà in porto il tentativo di avvicinamento a Forza Italia, per formare davvero un’area catto-lib-dem per le prossime europee?
Come dicevo, è un’area affollata dove convergono Azione, +Europa, Italia Viva, Radicali italiani e una parte del Partito Radicale. E’ potenzialmente una prateria, può raccogliere da una parte e dall’altra. Ci riesce chi la interpreta meglio. Non a caso, l’idea originaria era di fare Renew Italia, portando qui il progetto di Renew Europe mettendo insieme le anime liberal-democratiche europee. Ci sono gli esponenti dell’Alde, ad esempio.
Oggi, poi, bisogna ragionare ancora sull’asticella al 4%. Che stando da soli rimane significativa. Però, se aggiungiamo alle forze sopra citate anche Forza Italia, l’interesse per Il Centro può arrivare anche da lì. Non c’è da stupirsi in tutto ciò: Renzi alla guida del Pd nel 2014, aveva sotto al simbolo per la prima volta il logo del Pse ma aveva raccolto tanto da chi aveva guardato all’area forzista. Non farlo adesso sarebbe ancor più strano. A maggior ragione è una sfida perché può riportare gente a votare. Ma vale per tutti. Infine, sono le prime elezioni senza Silvio Berlusconi. Sarà la prima volta che un partito si presenterà col nome di un leader scomparso.
Il Terzo Polo a questo punto è definitivamente tramontato? Calenda, specularmente al suo ex alleato, si muove verso sinistra. Almeno su alcuni temi: salario minimo, sanità.
Bisogna vedere bene come gestire le vicende dei gruppi parlamentari con i nuovi regolamenti delle Camere: ognuno provava a utilizzarli a proprio vantaggio, Calenda facendo leva sul suo nome nel simbolo di lista, i renziani notando che quel nome nell’etichetta dei gruppi non c’è. Bisogna poi vedere chi è in maggioranza e specie al Senato in corso di legislatura è complesso spacchettare i gruppi. Ci si rimette in ogni caso: meno persone, meno fondi. Andrà studiata a dovere come questione.
Se non cambiano le regole da qui al giugno 2024, certamente la lista Azione-Italia viva ha l’esenzione dalla raccolta firme, ma se Renzi dovesse andare da solo e sfruttasse quella possibilità, Calenda potrebbe fare altrettanto recuperando l’esenzione che spetta a Siamo Europei (e quindi ad Azione), con cui è stato eletto europarlamentare nel 2019. Potenzialmente il Terzo Polo potrebbe non esistere più ma i gruppi sono ancora lì e forse la convenienza potrebbe lasciare tutto intatto. Come è stato per LeU, sopravvissuta alla Camera e non al di fuori. Di certo, quella di Renzi è una scommessa perché se perde sotto l’etichetta del Centro vuol dire che lui non lo rappresenta.
In tutto questo, aumentano i flussi in uscita da Pd e Iv. Da ultimo, Ettore Rosato.
I flussi sono abbastanza normali in generale. Nello specifico, ci sono perché si parla di soggetti politici non certo monolitici. Penso al Pd, con segreterie molto diverse l’una dall’altra. Dalla vittoria di Schlein, si è cominciato con minacce di esodi e abbandoni effettivi come con Fioroni. Sicuramente ci sono pezzi che se ne vanno, com’è capitato anche in passato. C’è anche chi può tornare a votare in questo momento. E’ tutto normale.
Ci aspettano mesi di assestamento, tanto nel Pd (unico partito grande insieme a FdI) quanto a Italia Viva. Qui i movimenti sono più contenuti ma fanno altrettanto rumore: penso a Elena Bonetti. Non è mai facile capire quando e perché una decisione viene ufficializzata in un certo momento anziché in un altro. Parliamo di un’area ad alto tasso di scambio, a me non scandalizza tutto ciò.
Tornando a bomba: dopo 30 anni di bipolarismo, l’esperimento centrista potrà finalmente sbocciare?
Di tentativi come questo ne vediamo uno all’anno o quasi. Periodicamente c’è una insoddisfazione e parallelamente una sete di semplificare. La complessità è tale anche da comunicare e con il maggioritario è aumentata. Sono emersi tanti simboli, tante sigle.
Ma i tentativi di non stare né di qua né di là si sono sempre moltiplicati, non ne è riuscito nessuno anche se un’attrazione verso il centro c’è sempre stata. Il proporzionale alle europee può essere un’occasione per riprovarci ma da qui a giugno 2024 può accadere ancora molto. E dovremo anche vedere se finalmente si riuscirà a vivere le europee del prossimo anno come un appuntamento non nazionale ma continentale.