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Discoteche, la musica è finita. Da un anno e mezzo. E la pazienza?

Discoteche

Oltre 100 mila persone che non lavorano da quasi 18 mesi. Durissimo Pasca, numero 1 di Silb-Fipe, associazione delle discoteche: «Il settore dell’intrattenimento è l’unico chiuso ininterrottamente da febbraio se non consideriamo la breve parentesi estiva che ha permesso di aprire solamente al 10-15% delle discoteche. Per noi nessuno ha mai speso una parola o un euro»

Discoteche chiuse, desolatamente vuote da un anno e mezzo. Qualcuna, lo ricordiamo tutti, aveva provato ad aprire, clandestinamente (non c’è mai stato un Dpcm che abbia disciplinato la riapertura dei locali chiusi, con sale da ballo indoor, mentre i permessi avevano riguardato solo quelle con zone all’aperto, il 10-15% del totale, fanno sapere dalla principale associazione che le rappresenta) in estate e l’intero settore era diventato, almeno nel dibattito politico, l’untore causa della seconda ondata. Ci ricordiamo infatti le immagini di discoteche piene, soprattutto al Sud e sulle isole, di ragazzi accalcati e affannati, privi di mascherina. Ma adesso le discoteche, soprattutto quelle più ligie alle regole – e sono la maggioranza – chiedono di poter riaprire. E lo fanno da tempo, come chi legge Policy Maker sa bene.

«Il settore dell’intrattenimento è l’unico chiuso ininterrottamente da febbraio se non consideriamo la breve parentesi estiva che ha permesso di aprire solamente al 10-15% delle discoteche. Questo comparto è totalmente fermo da 14 mesi, e per noi nessuno ha mai speso una parola o un euro». Lo ha dichiarato Maurizio Pasca, presidente di Silb-Fipe (Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento di Ballo e di Spettacolo). «I ristori – ha accusato – sono stati minimi e non hanno aiutato. Il 30% delle discoteche, a causa di questa situazione, è stato costretto a chiudere e il 40% è destinato a chiudere se non si riaprirà entro questa estate».

E così ora «Ci sono oltre 100 mila persone che non lavorano da quasi un anno e mezzo. Finora il governo ha previsto le riaperture di tutti i settori tranne il nostro, mentre negli altri Paesi già si riprogramma, anche perché il nostro comparto – ha concluso Pasca – ha bisogno di una programmazione anticipata di alcuni mesi, non è un settore che si può organizzare da oggi a domani».

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