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Le aziende pro Glifosate in pressing sull’Ue perché non venga bandito

Glifosate

Entro pochi mesi l’Unione europea dovrà prendere una decisione definitiva sul glifosate, ma intanto non si è ancora compreso se sia realmente pericoloso

C’è agitazione tra gli attori del glifosate (o glifosato), il ben noto erbicida da anni al centro del dibattito sulla sua cancerogenicità. A fine 2017, infatti, gli Stati membri dell’UE avevano deciso di rinnovare per 5 anni la licenza per il glifosato. Il Parlamento europeo, si legge nei verbali di quel periodo, ripete che deve essere bandito dal 2022. Pertanto, tra i 27 Paesi membri dell’Unione, come ricorda l’Autorità preposta europea, l’EFSA, l’uso del glifosate sarà ammesso fino al 15 dicembre 2022. Ciò significa che può essere utilizzato come principio attivo nei prodotti fitosanitari solo fino a tale data, purché ciascun prodotto sia autorizzato dagli enti nazionali a ciò preposti dopo una valutazione in termini di sicurezza. E poi? Poi bisognerà decidere se ammetterlo o bandirlo, ma alla base di qualsivoglia decisione ci dovranno essere dati e serie motivazioni scientifiche: al momento nessuno è ancora riuscito a provare la sua presunta pericolosità.

Per questo, l’8 giugno 2020 il Gruppo per il Rinnovo del Glifosate in Unione Europea (GRG), una sorta di consorzio di aziende che chiede di rinnovare l’approvazione della sostanza nell’UE, è passato al contrattacco e ha presentato alle autorità competenti un dossier contenente centinaia di studi e migliaia di articoli scientifici sulla sicurezza del glifosate, in vista della conclusione del processo di rinnovo previsto dalla legislazione UE per il 2022. La domanda è stata esaminata e valutata da quattro Stati membri dell’UE: Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia che operano congiuntamente in qualità di “relatori”, il cosiddetto “gruppo per la valutazione del glifosato” (AGG).

Nel frattempo, il Gruppo continua a esercitare pressione sui decisori, anche per mezzo di webinar in cui si ricordano i risultati degli studi scientifici a oggi disponibili e nei quali intervengono esperti del settore. Come il professor Angelo Moretto, Ordinario di Medicina Legale, sanità pubblica e degli ambiti di lavoro presso l’Università di Padova, ospite di un talk organizzato proprio dalle aziende che commercializzano l’erbicida: “Volendo esagerare, potremmo dire che tutte le sostanze sono di per sé velenose, dipende dalla dose. Ho incontrato il glifosate più volte – spiega il docente – e non posso dire, da tossicologo, che sia una molecola pericolosa, semmai è noiosa”, dice scherzando. “Se guardiamo alla struttura dell’amminoacido, si capisce subito che non ha profili tossicologici: è assorbito molto poco, non c’è assorbimento cutaneo, quello orale si stima che nell’uomo praticamente sia nullo, venendo eliminato con le urine, sostanzialmente tal quale. Insomma per Moretto “la sostanza ha come bersaglio solo le piante, non i mammiferi. Al più irrita cute e mucosa oculare, ma è stato sottoposto a un numero così elevato di studi che si può essere tranquilli”. “Attualmente – conclude l’esperto – il mondo della scienza non è affatto spaccato come appare sui media: il rapporto è 17 a 1, con un solo studio che definisce il glifosate potenzialmente cancerogeno e gli altri che per diciassette volte dicono che non è pericoloso, anche se in un solo caso ci sono dubbi sull’insorgenza di tumori renali benigni sulle cavie, ma a concentrazioni molto alte”.

Sul fronte della tutela dell’ambiente, per il professor Alberto Vicari, Ordinario del dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari presso l’Università di Bologna, non ci sono rischi: “L’impatto ambientale con dosi normali diffuse su tutto il campo è praticamente inesistente, si degrada in poche settimane, completamente assorbito dalle piante e dalle sostanze organiche. Non è volatile, una volta assorbito non si muove più da lì, il solo rischio è che per l’assorbimento impiega dalle 24 alle 48 ore, quindi in casi di eventi particolari, come un acquazzone dopo che è stato sparso, ci può essere qualche effetto come eventi di ruscellamento, dove si può trovare ancora liquido, senza effetti per gli organismi acquatici”.

Resta insomma isolato il parere dell’AIRC che, sulla pericolosità per l’uomo del glifosate, si limita a rispondere: “Forse. In laboratorio il glifosato provoca danni genetici e stress ossidativo, ma negli studi nell’uomo la cancerogenicità non è stata ancora dimostrata con assoluta certezza”, ricordando tuttavia come diversi anni fa lo studio svolto con il glifosate somministrato ai ratti che sembrava averne dimostrato la cancerogenicità fu ritrattato per problemi di metodo e i dati non sono mai stati replicati in studi di qualità superiore.

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