Sotto accusa Biagio Mazzotta. Nelle ultime settimane il Corriere, Repubblica e il Foglio hanno riportato le profonde frizioni emerse tanto sulla delega fiscale ma, soprattutto, sul famigerato Superbonus
Se tre indizi fanno una prova, allora alla Ragioneria dello Stato c’è davvero un problema. Che, nello specifico, ha un nome e cognome: Biagio Mazzotta. Il Ragioniere generale dello Stato, da quattro anni in sella con quattro governi diversi (Conte I e II, Draghi e Meloni) si trova nell’occhio del ciclone, nel ‘mirino’ della maggioranza di governo.
Nel mirino le previsioni sbagliate sul Superbonus
Nelle ultime settimane il Corriere, Repubblica e il Foglio hanno riportato le profonde frizioni emerse tanto sulla delega fiscale ma, soprattutto, sul famigerato Superbonus. L’accusa al Ragionere generale Mazzotta è di aver sbagliato nettamente le previsioni sui costi del bonus edilizio 110% partorito all’epoca del governo giallorosa. Da giorni non si parla d’altro dell’ipotesi di un costo per le casse dello Stato che potrebbe arrivare a sfiorare i 150 miliardi di euro.
A prendere posizione di recente è stato più volte il Corriere della Sera: “Nelle valutazioni ex ante riportate relazioni tecniche, e bollinate dalla Ragioneria dello Stato guidata da Biagio Mazzotta, tutti i bonus edilizi dal 2020 sarebbero dovuti costare circa 71 miliardi di euro, 35 dei quali solo per il Superbonus. Secondo le stime dell’istituto di ricerca Nomisma, il costo pubblico dell’agevolazione al 110% arriverà invece a toccare quota 140-150 miliardi di euro. Mentre tutti i crediti fiscali tradizionali (bonus ristrutturazione, Sismabonus, Ecobonus, bonus verde, etc) hanno sostanzialmente confermato le aspettative, la spesa del Superbonus (ma anche quella del Bonus facciate) è deflagrata.
Ora, nella frenetica caccia al colpevole, dentro e fuori i partiti politici, nel mirino ci è finito ovviamente il Ragioniere generale dello Stato, a cui compete la valutazione del costo delle misure governative”.
La credibilità del Ragioniere generale. Per Giorgetti, Mazzotta “non si tocca”
Numeri e riflessioni che si ripercuotono sulla “credibilità” di Mazzotta. A scriverlo è un altro quotidiano, Il Foglio, che ha sempre trattato con i guanti di velluto le personalità dello Stato. “Come è possibile che la Ragioneria dello Stato abbia cannato in questa misura le previsioni?”, si è chiesto Luciano Capone. “Sarebbe scorretto fare del Ragioniere un capro espiatorio” ha aggiunto, ricordando che “le responsabilità maggiori di questo disastro sono del governo Conte in primo luogo e della classe politica in generale, che indistintamente ha approvato il Superbonus” (come ha ricordato pure Federico Fubini sul Corriere, provando a dare un colpo al cerchio e uno alla botte). Allo stesso tempo per Capone “le responsabilità dell’alta burocrazia non possono essere nascoste o sottaciute”.
Nel riportare le smentite di persone vicine al ministro Giorgetti sul ‘chiacchiericcio’, assicurando che Mazzotta “non si tocca”, il cronista del Foglio ha posto un quesito, all’apparenza retorico: “Se Mazzotta resta al suo posto è perché è un Ragioniere dello Stato forte o debole? Dopo essersi piegato al governo Conte sul Superbonus, avrà la capacità di opporsi a eventuali forzature del governo Meloni?”.
Chi è Biagio Mazzotta
Nato a Roma nel 1962 e laureato in Economia e Commercio presso l’Università La Sapienza, Biagio Mazzotta è alla Ragioneria dello Stato dal 1989 dove via via è stato dirigente all’Ispettorato generale per le politiche di bilancio, direttore del Servizio Studi Dipartimentale, Ispettore generale capo, Direttore generale fino a che non viene chiamato dal governo Conte I a sostituire Daniele Franco, il futuro ministro dell’Economia nel governo Draghi, che all’epoca guidava appunto la Ragioneria dello Stato.
Le competenze di Biagio Mazzotta sono indubbie – scrive il Corriere della Sera – e, infatti, viene confermato da tutti gli esecutivi successivi: dal Conte II a Draghi, a Meloni. Ma ormai da mesi il Ragioniere generale non viene più considerato funzionale alla politica economica dell’attuale governo. Il poco amore della Meloni – prosegue il quotidiano – verso il numero uno di quello che è il corpo tecnico più indipendente e strategico dello Stato non è però una novità.
Durante la fase difficile dell’approvazione della scorsa manovra, tensioni e incomprensioni con la Ragioneria non sono mancate. Per l’intera sessione di bilancio il Ragioniere generale dello Stato non è mai stato chiamato a Palazzo Chigi. Un’anomalia rispetto alla prassi consolidata, perché la presenza del Ragioniere è fondamentale per capire nell’immediato l’impatto delle misure decise dal governo e i limiti finanziari. Ora, però – per il Corriere della Sera – siamo alla resa dei conti.