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Previdenza: perché i comunicatori non vogliono saperne dell’Inpgi (giornalisti)

Editoria

All’assemblea della confederazione Cida il presidente Inps Tridico ha detto: sarebbe poco sostenibile un’operazione di questo tipo per i futuri pensionandi della categoria comunicatori

I comunicatori continuano ad opporsi al passaggio dalle casse dell’Inps a quelle dell’Inpgi. La questione, che interessa 17mila persone di cui 9mila dipendenti privati, 5mila pubblici e 3mila lavoratori autonomi, è tornata d’attualità in questi giorni durante l’assemblea di Cida, la confederazione sindacale che rappresenta a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Tra le federazioni appartenenti ci sono Federmanager, Manageritalia, Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia) e Sindirettivo Consob (dirigenza Consob).

Il passaggio dei comunicatori all’istituto di previdenza dei giornalisti è previsto dall’articolo 16 quinquies del decreto Crescita, divenuto legge lo scorso luglio, secondo cui nel giro di 18 mesi la platea dei contribuenti Inpgi si deve allargare grazie all’ingresso dei comunicatori. Il testo della legge in realtà non cita direttamente questi professionisti di cui però si parla nelle bozze iniziali e nelle relazioni tecniche del provvedimento.

COS’HA DETTO TRIDICO

Durante l’assemblea nazionale Cida a spiegare i motivi della non sostenibilità della proposta è stato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. “Lascia molti dubbi e perplessità questa idea – ha affermato -. Le critiche mosse rispondono alle mie stesse preoccupazioni. L’operazione di portare fuori dall’Inps questa categoria porrebbe due difficoltà. Una iniziale che consiste nella definizione della categoria dei comunicatori, l’altra è quella finale della sostenibilità e a mio parere è molto rischioso”.

Per Tridico, inoltre, “sarebbe poco sostenibile un’operazione di questo tipo per i futuri pensionandi della categoria. A mio parere invece è più sostenibile lasciarli all’interno dell’Inps, che è il welfare degli italiani, e i comunicatori sono anch’essi contribuenti dello Stato Sociale italiano e hanno tutto il diritto di avere una pensione sicura domani. Reputo quindi che sia più sostenibile lasciarli all’interno dell’Istituto che rappresento”.

LA POSIZIONE DI CIDA

Una posizione che ha trovato sponde in Cida. “Le parole del presidente Inps Pasquale Tridico ci hanno confermato che l’idea di far confluire la categoria dei comunicatori nella cassa Inpgi è insostenibile” ha commentato il presidente Mario Mantovani. “Ribadiamo oggi che su questo argomento pretendiamo chiarezza. Si tratta di una proposta che andrebbe a ledere diritti acquisiti e a mettere a rischio il futuro di questi soggetti”.

I GUAI DELL’INPGI

L’Inpgi, che a febbraio prossimo è chiamato alle elezioni per rinnovare i suoi amministratori, non naviga in buone acque ormai da tempo. L’assestamento al bilancio per l’esercizio in corso fa segnare un disavanzo di 169 milioni (meglio comunque dei 175,4 preventivati dalla presidente Marina Macelloni) mentre per il 2020 si prevede che manchino all’appello 190 milioni. Secondo la Corte dei Conti allo stato attuale l’Inpgi non è “in grado di mantenere la solvibilità prospettica esaurendo il proprio patrimonio già nel 2028”.

A gravare sulle casse dell’istituto di previdenza dei giornalisti certamente il calo – costante – di posti di lavoro ma anche scelte gestionali sbagliate secondo l’accusa dei sindacati di settore, in particolare dell’Associazione Stampa Romana, che chiede di restituire l’Inpgi “al suo ruolo di ente di diritto pubblico sottoposto a controlli reali ed efficaci”.

Il problema del passaggio dei comunicatori, peraltro, comporta un danno per le casse dell’Inps che, secondo quanto è scritto nella legge, vedranno sfumare circa 200 milioni. Per non parlare, come evidenziato dall’economista ed ex presidente Inps, Tito Boeri, di un principio che passa e che è piuttosto grave ovvero che “quando una cassa privata è in difficoltà la si aiuta sottraendo forzatamente contribuenti alle pensioni pubbliche per trasferirli alle casse private”.

Sulla questione è intervenuto nei giorni scorsi anche il sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella, che ha precisato: “Per anticipare la scelta del precedente governo che prevede l’ingresso dei comunicatori entro il 2023, prima di tutto si tratta di indennizzare l’Inps, con un esborso di alcune centinaia di milioni l’anno, risorse non facili da reperire in questo momento”.

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