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Qual è l’obiettivo del terzo polo auspicato da Renzi?

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Il piccolo centro di Matteo Renzi e Carlo Calenda, se dovesse formarsi, vuole provare ad azzoppare il centrodestra. La nota di Paola Sacchi

Terzo polo per cercare di stoppare il centrodestra, in netto vantaggio in tutti i sondaggi, inchiodarlo a quella “non vittoria” necessaria per un governo Draghi bis. Il piccolo centro di Matteo Renzi e Carlo Calenda, alla ricerca della “quadra” per unirsi, al di là dei distinguo “riformisti”, liti, scissioni (Renzi), accordi fatti e poi disfatti (Calenda), programmi su alcuni punti nettamente diversi come sulle tasse, con il Pd, dal quale proviene, un oggettivo obiettivo comune lo ha: fermare il centrodestra. Sulle formule successive si vedrà. E, comunque, come osserva lucidamente in un tweet un ex-storico Dc come Guido Bodrato, in un sistema rimasto sostanzialmente bipolare, maggioritario, dove sono falliti i tentativi di ritorno al proporzionale, un terzo polo “può solo scegliere chi fare perdere”.

Non a caso, il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, definisce Renzi e Calenda “sponde del Pd”. Liquida come “voto inutile” quello a Renzi e Calenda, respinge nettamente il tentativo del terzo polo di presentarsi come i “moderati”: “Il centro liberale, europeista, atlantico, garantista siamo noi di Forza Italia, eredi dell’elettorato della Dc e del socialismo di Craxi”.

A parte il substrato di una cultura o di sinistra Dc poi Pd o da Pd, tendenza Ztl, la confusa “telenovela” del terzo polo, peraltro iniziata a partita elettorale in corso, tra un colpo di scena e l’altro, si basa però su un chiaro presupposto che ricongiunge i “terzisti” al Pd. Ovvero, il sostanziale rifiuto dell’alternanza in questo quadro politico. Declinato in modi diversi, più allarmistici o meno, ma che converge nella stessa convinzione, in nome di un vecchio riflesso di “superiorità”: il centrodestra non sarebbe adatto a governare. Tanto più non lo sarebbe con Fratelli d’Italia primo partito secondo i sondaggi, ovvero la destra del centrodestra dove i cosiddetti “moderati” sarebbero schiacciati.

Ma, fallito il tentativo del proporzionale, falliti i tentativi di creare improbabili maggioranze “Ursula” all’italiana, con FI gregaria contro-natura del Pd, o magari svuotata dal piccolo centro di Iv e di Azione, insomma arrivato al capolinea il treno dei desideri a tavolino del centrosinistra, non restano che le solite macchinose manovre. Che però ora dal Palazzo si trasferiscono sul campo di battaglia dei consensi degli italiani.

Letta, rimasto solo con +Europa e la scomoda alleanza con la sinistra radicale e ambientalista di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, persino contro l’allargamento della Nato, attacca a testa bassa Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, con toni sopra le righe. Il cosiddetto bipolarismo atlantico, disegnato dai media, con civile riconoscimento tra avversari, va a farsi benedire. È messo a dura prova dall’affondo del leader del Pd a Meloni: “Sta cercando di cambiare immagine, di incipriarsi, ma mi sembra una posizione molto delicata, se i punti di riferimento sono Orban e Vox”. Dura la replica della presidente di FdI: “È misoginia” e poi “non accettiamo lezioni da chi si erge a paladino dell’atlantismo ma poi stringe patti con la sinistra radicale nostalgica dell’Urss. Noi non abbiamo bisogno della cipria, mentre voi non riuscireste a coprire le vostre contraddizioni neanche con lo stucco”.

Intanto, in un clima di accuse da parte di Emma Bonino a Calenda viene presentato il primo candidato unitario di +Europa e del Pd: l’economista Carlo Cottarelli, ex-premier incaricato nel 2018. Evidente il tentativo di Letta di coprirsi sul fianco del centro dopo il patatrac dell’intesa con Calenda.

Il centrodestra continua a battere il tasto sul programma. Berlusconi e Matteo Salvini rispondono alle critiche da sinistra sulla flat tax. “Al contrario la tassa piatta (per FI al 23 per cento) fa crescere le entrate e l’economia”, spiega Berlusconi che parla anche della sua possibile candidatura al Senato e difende Meloni definendola “adatta alla guida del governo”.

Il leader della Lega ricorda: “Oggi già 1,9 milioni di lavoratori (a partita Iva) usano la Flat Tax al 15% massimo. Nel 2021 hanno aperto in Italia 549.500 nuove Partite Iva, di cui quasi la metà giovani sotto i 35 anni”. “Fra questi nuovi lavoratori, ben 239.000 (il 43%) hanno scelto la Flat Tax. I numeri zittiscono Letta”, chiosa Salvini.

Articolo pubblicato su Start Magazine. 

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