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Tutti i potenziali federatori (a loro insaputa) del centrosinistra

Federatore

E’ partita la corsa e la competizione interna al Pd tra ex margherita ed ex Ds per indicare il percorso politico dopo le elezioni  Europee. Ed è già partito il totonomi per il federatore del centrosinistra, Schlein e Conte permettendo

Il primo a essere buttato nella mischia è stato Paolo Gentiloni. Era il 2 luglio quando Francesco Verderami in un retroscena sul Corriere della Sera scriveva “c’è chi vorrebbe Gentiloni in un ruolo squisitamente politico, come “federatore di un nuovo centrosinistra”, capace di raccogliere il testimone lasciato da Romano Prodi e destinato a guidare un rassemblement competitivo nella sfida con il centrodestra”. Sempre Verderami il 20 settembre rilanciava che tra i vari interlocutori del Commissario europeo agli affari economici, definito “l’attaccatutto”, “c’è chi lo vedrebbe bene come segretario del Pd, chi lo preferirebbe come federatore del futuro centro-sinistra (rigorosamente col trattino), chi lo vorrebbe a prescindere perché in un partito senza linea politica manca l’aria”.

REPUBBLICA ‘SPONSOR’ DI LANDINI

Nel frattempo in questi mesi su Repubblica è emersa la narrazione di un eventuale federatore più spostato a sinistra, più vicino alle battaglie identitarie di quello che una volta era i Ds, ovvero Maurizio Landini. Tanto da far preoccupare preventivamente Elly Schlein e Giuseppe Conte che negli ultimi tempi si sarebbero ben guardati dal fornire ulteriori visibilità al segretario della Cgil nei suoi rituali scontri con il governo e con Giorgia Meloni. Sui quotidiani del gruppo Gedi continua a essere dato ampio spazio al sindacalista, una liaison preso di mira da Carlo Calenda per i presunti silenzi di Landini sulle politiche di Stellantis che – insieme proprio al gruppo Gedi – fa riferimento alla galassia della famiglia Elkann.

LE PROFEZIE DI CASTAGNETTI E RENZI

Le ultime novità, colte al volo dal Corriere della sera per aprire un dibattito in chiave riformista tutta interna al Pd, sono le recenti dichiarazioni di Pierluigi Castagnetti, sempre molto ascoltato tra i cattolici moderati e riformisti del Pd, il quale ha detto espressamente che «dopo le Europee bisognerà costruire un nuovo Ulivo». E quelle di Matteo Renzi che domenica, a Stasera Italia, ha fatto il suo pronostico: «Il nuovo Ulivo è il disegno del Pd, ma non lo federa Conte, non lo federa Schlein, può farlo un amministratore che è sul campo… o un’amministratrice…».

IL CORRIERE DELLA SERA LANCIA ANCHE IL MILANESE BEPPE SALA E IL BOLOGNESE FILIPPO ANDREATTA

Scriveva Maria Teresa Meli due giorni fa sul quotidiano diretto da Luciano Fontana: “Secondo i fedelissimi del leader di Italia viva il nome a cui si riferiva l’ex premier è quello di Beppe Sala. (…) . Il primo cittadino del capoluogo lombardo piace alla sinistra e, pur non avendo avuto bisogno dei voti a cinque stelle per la sua elezione a Palazzo Marino, con quel mondo non è affatto in dissidio. Vanta un rapporto discreto con Giuseppe Conte e una simil-amicizia con Grillo”.

Meli aggiunge poi un’altra suggestione: “in quel di Bologna, però, si vocifera che nel mondo che si muove attorno a Romano Prodi si sussurri un altro nome ancora: quello di Filippo Andreatta, che avrebbe dalla sua il fatto di avere ancora un volto non troppo conosciuto e di essere abbondantemente sotto i sessanta”.

In tutto questo frullatore di nomi, gli addetti ai lavori si domandano: e Bonaccini? Il governatore dem ha conteso la leadership del Pd Elly Schlein, potrà magari guidare la ‘ditta’ nel caso il risultato elettorale delle Europee, che molti prospettano non proprio felice per il Pd, obbligasse l’attuale segretaria a fare un passo indietro.

IL SINDACO GORI GIOCA A CARTE SCOPERTE

“Mi sfilo dal totonomi. Ma credo che dopo le Europee si porrà un tema di convergenza delle forze all’opposizione del governo Meloni. Non escludo l’idea di un federatore che faccia sintesi. La cosa essenziale è che il Pd si rafforzi”. Un altro big del Pd, ex renziano, che non fa misteri di quali siano gli obiettivi di una parte del partito (in particolare tra quelli che – come Gentiloni – si richiamano all’esperienza della Margherita) è Giorgio Gori. “Se la logica è quella di aggregare le forze attorno a una proposta politica progressista e riformista”, ha affermato il sindaco di Bergamoal Quotidiano nazionale, “allora non credo si debba partire dai veti”. Il succo del messaggio, per nulla velato, anche in questo caso è chiaro: serve un “federatore”, un Papa straniero.

In tutto questo dibattito surreale, tra mille variabili, nessuno sembra preoccuparsi di cosa possano pensare i due leader attuali del Pd e del M5S, Elly Schlein e Giuseppe Conte, che sono stati eletti alla guida dei rispettivi partiti/movimenti con il voto dei propri sostenitori. Ma prima o poi anche loro saranno costretti a pronunciarsi.

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