Il Leoncavallo lascia la storica sede in un’operazione giudicata simbolo di “tolleranza zero”. Le proteste non mancano e il confronto politico si accende sul mancato sgombero degli occupanti di destra a Roma
A Milano è stato sgomberato dalla storica sede di via Watteau del Leoncavallo dopo 31 anni e 133 tentativi di sfratto andati a vuoto. All’interno non c’era nessuno. Il centro sociale più famoso d’Italia è stato parte della storia della città e della cronaca nazionale, dalle primarie del centrosinistra nel 2005 alla morte di Fausto e Iaio, uccisi perché documentavano i traffici d’eroina nel quartiere, fino alla guerriglia urbana di via Turati nel 1994. Era un luogo di incontro e di ritrovo frequentato da esponenti della cultura tra cui Franca Rame e Dario Fo. Non è escluso che nelle prossime ore si tenga una manifestazione per protestare contro lo sgombero improvviso. Intanto, le reazioni della politica non si sono fatte attendere.
BLITZ A SORPRESA NEL LEONCAVALLO
L’ufficiale giudiziario era atteso il 9 settembre, ma questa mattina 3 arrivato il blitz a sorpresa per la messa in sicurezza dell’area. Nel 2024 i giudici avevano condannato il ministero dell’Interno a pagare 3 milioni di euro al gruppo Cabassi proprietario dell’immobile,una ex cartiera, come risarcimento per il mancato sfratto e per essere stato “inadempiente”. Il ministero aveva quindi chiesto il denaro a Marina Boer, legale dell’associazione “Mamme del Leoncavallo” che occupavano il centro. L’associazione a marzo di quest’anno era in attesa che uscisse il bando per trasferirsi in uno stabile comunale in via San Dionigi, a Porto di Mare. Stabile che però ha bisogno di lavori di ristrutturazione e di bonifica dell’amianto per una cifra di trecentomila euro.
REAZIONI POLITICA E MONDO DELLA CULTURA
Se il sindaco Sala ha detto di non essere stato avvertito in tempo, il Ministro dell’Interno Piantedosi ha commentato lo sfratto come “la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità”, aggiungendo che la linea del governo è “tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4.000 Immobili, tra alloggi di edilizia residenziale pubblica ed edifici di particolare rilievo”. Anche la premier ha fatto sapere in un post su Facebook che non possono esserci “zone franche” nel Paese. “Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti”.
Il vicepresidente del Consiglio Salvini nel 1994, da giovane consigliere della Lega 21enne, intervenne in consiglio comunale per difendere il centro sociale “nei centri sociali ci si trova per discutere, confrontarsi, bere una birra e divertirsi” sottolineando che i ragazzi che conosce e che frequentano il Leonka non sono violenti e ammettendo di averlo avuto lui stesso come punto di ritrovo. Ora invece torna sui suoi passi scrivendo su X “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”, slogan caro a Milei.
Di tutt’altra opinione Alleanza Verdi-Sinistra che stava organizzando nel centro sociale la festa nazionale. “Dimostra ancora una volta l’ipocrisia e il doppiopesismo di questo governo. Un presidio culturale, sociale e politico attivo da oltre trent’anni a Milano (…) viene liquidato come semplice ‘illegalità’, mentre l’immobile occupato dai fascisti di Casapound nel cuore di Roma resta intoccabile per Piantedosi” fa sapere Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra. Laura Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, definisce lo sgombero “un’operazione di regime”. Anche Alessandro Capelli del Pd milanese ribadisce come Piantedosi e Salvini sono “i ministri della legalità a targhe alterne: distratti quando CasaPound rimane serenamente al suo posto a Roma”.
DIFFERENZA DI TRATTAMENTO CON CASAPOUND
Dal 27 dicembre 2003 CasaPound occupa, in modo abusivo, in una zona centrale di Roma (a due passi dalla stazione Termini), al civico 8 di via Napoleone III, un edificio pubblico di sessanta vani composto da almeno una ventina di appartamenti in cui i dirigenti di CasaPound hanno messo a vivere i propri familiari e amici. Nel 2023 ha festeggiato i venti anni di occupazione con lo striscione “2003-2023. Vent’anni a testa alta!”. Il luogo viene usato per conferenze e dibattiti. Scrittori e giornalisti, tra cui Viola Ardone e Paolo Berizzi sui social hanno notato come ci sia un doppiopesismo del governo nel considerare il Leoncavallo abusivo e CasaPound no: “Casapound invece tutto bene?”.
Esiste anche un profilo su X “Hanno sgomberato Casapound?” in cui ogni giorno viene postato un no oggi riposta alcuni commenti: “Sgomberato il Leoncavallo, ora sicuramente tocca a CasaPound. Giusto”.
Il 27 giugno del 2023 il giudice di Roma ha comminato 10 condanne a 2 anni e 2 mesi per l’occupazione abusiva del palazzo in via Napoleone III da parte di esponenti e simpatizzanti di Casapound. Il tribunale aveva disposto il dissequestro dell’immobile, la restituzione e il risarcimento in sede civile per l’Agenzia del Demanio perché l’occupazione è costata alle casse dello Stato 4,5 milioni di euro. Nel 2016 la sede di CasaPound venne inserita nella lista delle occupazioni abusive della città, dopo che Alemanno l’aveva esclusa. Ma a Roma l’occupazione continua.