Colloquio con la responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia dopo le ultimi decisioni del Cdm
Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri porta molte novità in materia di immigrazione rispetto alle modalità d’uso dei centri in Albania e all’ottenimento della cittadinanza italiana da parte dei cosiddetti “oriundi”. Ne abbiamo parlato con la deputata Sara Kelany, responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia.
Meloni sui centri in Albania aveva detto: “Funzioneranno”. Perché finora non è stato così?
“Non è stato così per interposizione di alcuni giudici che hanno ritenuto di non convalidare i trattenimenti dei migranti trasportati in Albania. Ricordo, inoltre, che in nessuna delle ordinanze di mancato trasferimento i giudici si sono preoccupati delle posizioni dei singoli migranti, ma si sono semplicemente arrogati il diritto di definire quali fossero i Paesi Sicuri. Adesso la questione è sottoposta alla Corte di Giustizia Europea che si pronuncerà a breve e nel frattempo utilizzeremo i centri a regime per il trasferimento di coloro che sono già stati raggiunti da un provvedimento di espulsione”.
Perché il governo ha deciso di intervenire prima del pronunciamento della Corte di giustizia europea sul concetto di “Paesi sicuri”?
“Per aumentare le potenzialità che quel centro già possiede. Al momento è stato utilizzato solo come centro per l’espletamento delle procedure accelerate di frontiera che sono quelle che prevedono che il migrante possa essere trasferito entro 28 giorni se proveniente da un Paese sicuro, però è già adibito a Cpr ordinario. Questo ci consente di sfruttare il centro al pieno delle sue possibilità”.
Concretamente cosa cambia per i centri in Albania?
“Con il decreto andiamo a intervenire sulla legge di ratifica del Trattato Italia-Albania che prevedeva che lì potessero essere trasportati solo i migranti salvati in acque internazionali dalle autorità italiane. Il trattato, però, non ha bisogno di essere modificato”.
La nuova Commissione Europea sembra intenzionata a perseguire la “via italiana”. Siamo a una svolta sulle politiche migratorie nell’Ue?
“Meloni ha impresso questa svolta fin dal suo insediamento. È lei che, nelle conclusioni dei Consigli europei ha fatto inserire le basi giuridiche per arrivare a ciò che siamo arrivati oggi. Oggi, infatti, l’Ue riconosce che le politiche migratorie italiane relative alla protezione delle frontiere e all’esternalizzazione della gestione dei flussi migratori danno risultati sensibili. Nel 2024, infatti, in Italia si è registrato un calo del 70% degli sbarchi rispetto all’anno precedente e del 30% rispetto al 2022. L’Europa, dopo aver guardato con favore al Trattato Italia-Albania, ha deciso di fare un regolamento sui rimpatri che prevede la possibilità di costruire hub in Paesi Terzi per la gestione dell’immigrazione irregolare”.
Quali sono, invece, le novità più importanti l’acquisizione della cittadinanza da parte di coloro che hanno antenati italiani?
“Si stabilisce che possa acquisire la cittadinanza italiana un oriundo che abbia o il padre o il nonno nato in Italia, escludendo così i trisavoli e altri antenati così da restringere la platea di coloro che ottenevano la cittadinanza italiana avendo anche solo un legame molto distante con l’Italia. Questo serve a mettere fine ad alcune storture come “passaportopoli” che aveva dimostrato la compravendita di passaporti per l’ottenimento della cittadinanza italiana. In secondo luogo, i Comuni erano oberati da una serie di richieste e non riuscivano a sbrigare tutte le pratiche ed anche i tribunali erano ingolfati con 70mila provvedimenti pendenti per i ricorsi sulle cittadinanze. Noi siamo convinti che l’ottenimento della cittadinanza deve essere un percorso consapevole e, quindi, deve essere voluta e meritata”.
Quando interverrete sulla riforma della cittadinanza per gli stranieri che vivono o nascono sul suolo italiano?
“Ritengo che la legge sulla cittadinanza attuale sia molto buona. Noi non siamo arcigni rispetto a questo tema, ma i bambini stranieri hanno gli stessi diritti dei bambini che sono cittadini italiani altrimenti sentiremo l’esigenza di modificare la legge. Perché dovremmo concedere la cittadinanza a un minore che è differente dalla cittadinanza dei suoi genitori? Questo potrebbe creare dei problemi nel momento in cui i genitori decidessero di tornare nel Paese d’origine perché non tutti gli Stati accettano il principio della doppia cittadinanza e i loro figli si troverebbero privi della cittadinanza del loro Paese d’origine”.