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Come invertire la rotta? Intervista a Franco Tatò

Italia G20

Bisogna puntare sull’educazione, quella che da trent’anni a questa parte abbiamo trascurato. L’intervista di Michele Guerriero a Franco Tatò, una lunga carriera al timone di molte aziende italiane ed estere fino alla guida dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, per il quadrimestrale di Start Magazine

“Il problema dell’Italia, prima che la crescita economica, è l’educazione. Abbiamo trascurato l’educazione almeno da trent’anni a questa parte, sia per la cecità dei governanti sia per la ribellione conservatrice degli insegnanti. Il nostro sistema educativo è fermo, anche se offre – poche – eccellenze di punta, penso al Politecnico di Milano, al Politecnico di Torino o alla Università Bocconi”.

Non ha dubbi Franco Tatò, una lunga carriera al timone di molte aziende italiane ed estere, non ultima Enel, Fininvest, Mondadori, con un’importante esperienza di anni in Germania, terra che sente particolarmente vicina al suo modo di agire e di pensare. Fino a qualche anno fa, Tatò è stato al timone dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani e non a caso, quando inquadriamo con lui le problematiche della scarsa crescita economica italiana, per prima cosa pensa alla produttività e all’educazione, al sistema formativo italiano, carenza che vede emergere anche nel contratto di Governo che hanno stretto Lega e Movimento 5 Stelle: “nello sbandierato contratto non c’è una parola sull’educazione, i partiti di Governo hanno come unico progetto quello di distribuire le ultime risorse dello Stato, indebitandosi per realizzare misure come il reddito di cittadinanza. Questo è un errore clamoroso”.

Senza educazione non c’è produttività e senza quest’ultima la crescita economica è destinata ad arrancare. Ma anche il declino demografico influisce sull’arretramento del Paese? Nel 2018 sono stati circa 449 mila i nuovi nati, nell’anno precedente erano 460 mila.

“È vero, c’è un declino demografico ed è serio, ma il problema demografico non è strettamente correlato al problema della crescita oggi, perchè la produttività oggi viene raggiunta soprattutto attraverso le tecnologie, noi siamo meno e possiamo produrre molto di più, grazie alle tecnologie”. C’è però un elemento di punta del nostro sistema produttivo che è l’export, forse non tutto è perduto…

“L’export è basato su alcuni elementi di attrattività di fondo, per esempio il fattore estetico, l’Italia sa produrre bellezza. Pensiamo alla moda, ma anche al cibo, settori nei quali primeggiamo sul piano internazionale, ma che non sono sufficienti, da soli, per far muovere il sistema paese. Invece, penso che la manifattura sia destinata a scomparire, visto che si sposta verso la Cina e il Vietnam, anche se in Italia resiste, e bene, la manifattura di alta qualità, pensiamo alla meccanica al packaging per esempio nella zona dell’Emilia, dove ci sono concentrazioni di eccellenze ingegneristiche per produrre macchine per l’automazione. In Italia rimane la manifattura legata alla tecnologia, alla bellezza ma questo non è sufficiente a recuperare il gap negativo che ci portiamo dietro”. Lo stesso dicasi per il turismo, abbiamo potenzialità ma ci manca molto, Lei ne scrisse nel suo libro che fece molto discutere: “Perché la Puglia non è la California”.

“Al turismo italiano manca tutto per diventare perno di sviluppo. Il turismo culturale è importantissimo, però i luoghi di interesse culturale devi poterli raggiungere. Il turismo non è la promozione del turismo pauperistico, il proliferare dei camping sulle nostre coste è un crimine. Le nostre coste sono adatte a far venire i turisti più ricchi, cinesi per esempio. Mancano le infrastrutture, Venezia e Firenze si difendono più o meno bene, Milano è al top e pare abbia superato anche Roma, ma al Sud non ci sono infrastrutture, le linee di alta velocità continuano a scarseggiare. Per andare a Lecce c’è un solo binario. È mancato un grande progetto per il turismo”.

Lei ha vissuto per alcuni anni in Germania e ha contestato spesso il clichè che noi italiani abbiamo affibbiato alla Germania, quale paese alfiere dell’austerità.

“L’austerità vista dal punto di vista tedesco è diversa da come la intendiamo noi, l’austerità vuol dire rigore, un sistema-paese che non ha i conti in ordine non va da nessuna parte, un eccesso di debito prima o poi deve pagarlo, questo è il pensiero tedesco. L’eccessivo debito portato a livello europeo diventa un elemento di costrizione per gli altri paesi.
Quando si é entrati nell’Euro, si era concordi sul fatto di costruire un Euro come versione allargata del Marco, un “simil-Marco”, costruito così intenzionalmente da tutti. Questa moneta poteva costituire un obiettivo ideale per tutti per adeguare i sistemi economici ad un funzionamento più serio. Anche perché la Germania non ha conosciuto le stagioni delle svalutazioni competitive – provenendo dall’esperienza traumatica della grande inflazione degli inizi degli Anni ’20 – la politica tedesca è stata molto attenta ai fenomeni di spreco. Quando siamo entrati nell’Euro, abbiamo goduto di un enorme vantaggio, perché gli interessi sul debito sono crollati, il ricavo di questo abbassamento doveva essere il tesoretto che doveva servire ad implementare le riforme economiche, per poter funzionare come gli altri paesi europei. Gli italiani, la classe politica si sono rifiutati, per questa ragione il Governo Prodi fu mandato a casa, perché esisteva una maggioranza che voleva usare questo nuovo vantaggio, per lo stesso motivo per il quale si indebitava prima. Per me ciò è stato un vero crimine”.

Resta il fatto che la locomotiva tedesca ha frenato bruscamente negli ultimi mesi… Alcuni osservatori rimproverano a Berlino scarsi investimenti in innovazione tecnologica.

“È così, ed i primi ad esserne al corrente sono i tedeschi. La Germania ha goduto di una stagione di grandi risultati con l’epoca dell’automobile, ma ora c’è una frenata, nel settore, dovuta anche ai pochi investimenti fatti sull’auto elettrica. Il sistema tedesco ha fatto fatica ad applicare le tecnologie un po’ come noi italiani abbiamo sprecato l’occasione dell’Euro. Questo si inserisce in una situazione eccezionale, però, per la Germania: il verificarsi di più fattori quali la piena occupazione, un reddito delle famiglie mai così alto. Si tratta di un’economia che raggiunge un culmine di floridezza e proprio in questo momento nasce un disagio profondo anche in Germania, che è il disagio dei perdenti della tecnologia, che non capiscono cosa gli viene addosso, non vedono un progetto per gestire questa fase e soprattutto soffrono della differenza di reddito che si è creata anche nel loro paese. Disagio che si esprime, anche se imprevisto, con il successo dell’estrema destra tedesca, l’Afd. I motivi vanno cercati in queste forme di reazione di chi si sente abbandonato”.

Ma i tedeschi riusciranno a superare questa fase?

“Faranno fatica, perché è scomparso il Partito Socialista, la Spd, e la Cdu vive una fase di stanchezza. Un partito questo che ha una grande leader, Angela Merkel, che passerà alla storia come un grande cancelliere, ma che, allo stesso tempo, ha condizionato l’ultimo congresso della Cdu con l’elezione di Annegret Kramp-Karrenbauer, una leader totalmente priva di carisma, non so quanto capace di progettare il futuro”.

Questa capacità manca anche ai nostri leader politici, che sono al Governo, ma è anche vero che non si intravede un’alternativa, almeno per ora, come se ne esce? Tatò in un primo momento mi dà ragione ma prontamente gli viene in mente il caso tedesco e il risultato delle ultime elezioni europee “Pensi alla Germania che oggi intravede anche delle alternative con la buona affermazione alle ultime elezioni europee dei Verdi. In passato questi si sono divisi al loro interno e avevano una visione dell’ambiente fine a se stessa, oggi si sono ripuliti, hanno espresso due segretari di grande livello, capaci, improvvisamente si affermano con un partito radicato. L’eredità di Joschka Fischer, la parte milgiore, ha preso il sopravvento e i Verdi oggi si presentano per governare, spostando l’accento di una visione economica non dell’industria da sviluppo a tutti i costi, ma anche fondata sul rispetto dell’ambiente. Queste sembrano cose semplici da realizzare, invece per farle servono le tecnologie. Mi spingo a dire che se la Cdu, per esempio, trovasse un accordo con i Verdi si potrebbe fare una coalizione più efficace della grande coalizione, a cui abbiamo assistito in questi anni”.

Ma c’è almeno una caratteristica positiva degli italiani che Tatò vorrebbe che avessero i tedeschi?

“Devo farle una confessione, sono smarrito, non mi riconosco più. La qualità principale degli italiani è l’umanità, ma oggi vedo un paese xenofobo, gretto, che ha perso il senso della bellezza e non mi ci ritrovo più”.

 

Articolo pubblicato su Start Magazine n.2/2019

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