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Come si sgretolano i sogni (di guerra) di Letta
Va in frantumi, inevitabilmente, la troppo variopinta macchina da guerra che Letta aveva provato a mettere insieme. La nota di Paola Sacchi
Finisce in uno scambio di accuse reciproche, dal sapore un po’ surreale, l’accordo Letta-Calenda. Con Calenda che si sfila dopo l’intesa, separata, “solo elettorale” del leader del Pd anche con la sinistra radicale di Fratoianni e dei Verdi di Bonelli.
Va in frantumi, inevitabilmente, la troppo variopinta macchina da guerra che Letta aveva provato a mettere insieme, con il grido d’ “allarme” contro “le destre”, che “se vincono stravolgono la Costituzione”. Duro colpo per uno schema strategico ormai quasi trentennale a sinistra costruito sulla demonizzazione dell’avversario, schema che stavolta sembra esplodere in mano al costruttore di turno.
Tutto accade nel pomeriggio di domenica in tv a Mezz’ora in più, su Rai3. Calenda gela Letta: “Non intendo andare avanti con l’alleanza con il Pd. Ci sono pezzi stonati, volevo fare un accordo per un partito socialdemocratico…”.
È un colpo d’immagine però anche per lo stesso Calenda e i fuoriusciti di Forza Italia, che nei propositi di Letta avrebbero dovuto fare da “magnete” per gli elettori di centrodestra.
Dunque, perde pezzi la variopinta macchina da guerra che era stata così concepita dal Pd: dall’ex giallo di Luigi Di Maio, unito alla spruzzata di bianco centrista di Bruno Tabacci, al profondo rosso di Nicola Fratoianni, con l’ambientalismo radicale di Angelo Bonelli, fino all’ex azzurro pallido degli ex FI in Azione di Calenda.
Ora, Azione non c’è più, restano gli accordi separati del Pd con Bonelli e Fratoianni da un lato e Di Maio e Tabacci dall’altro. Con Fratoianni che ha votato 54 volte no alla fiducia a Draghi e Di Maio e Tabacci invece per l’agenda Draghi.
È la sconfitta di un’impostazione di aprioristica, dichiarata delegittimazione dell’avversario politico, trattato ogni volta alla stregua del nemico e contro il quale la sinistra ha lanciato quello che lo stesso Letta chiama “allarme”. Con Fratoianni e Bonelli sarà pure solo un accordo elettorale, ma è evidente che le contraddizioni siano destinate a esplodere prima o poi anche con loro.
Come conciliare il posizionamento occidentale, gli attacchi alle “destre” definite “orbaniane e filoputiniane” con Fratoianni che si è sempre espresso contro l’invio delle armi all’Ucraina e contro l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia?
Matteo Renzi mette subito il dito nella piaga e attacca il Pd: “Come si fa a promettere la riduzione delle tasse se poi per prima cosa Letta propone la patrimoniale?”. Per cui confermato: Renzi correrà da solo con la sua Italia Viva per quel terzo polo cui aveva chiamato Calenda. Il quale ora andrà con Renzi?
“Sinistra nel caos, tutti contro tutti. Si rispetti la volontà popolare”, commenta Matteo Salvini, leader della Lega. E Antonio Tajani, vicepresidente di FI: “Uniti solo a favore delle tasse”.
Duro affondo della presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “Un carrozzone per spartirsi le poltrone. Fine della telenovela. Letta ora mollato sull’altare pensa al suo vecchio amore Conte”. Il centrodestra preferisce parlare del programma che sta perfezionando in 15 punti, dal titolo “Italia domani”.
Berlusconi propone una flat tax per tutti al 23 per cento, Salvini osserva che intanto si potrebbero “detassare subito premi ai lavoratori, straordinari, aumenti di stipendio”.
Visioni opposte a quelle di un centrosinistra piombato nel caos.
Berlusconi in una intervista a “Il Messaggero”: “Sanno solo denigrare gli avversari”. Ma, intanto, ieri nel centrosinistra è stato tutto un denigrarsi tra loro. Letta contro Calenda accusato di volersi alleare solo con sé stesso, Bettini, Orlando che accusano di inaffidabilità il leader di Azione. Vecchie storie a sinistra che sembrano non finire mai.
Articolo pubblicato su Start Magazine.