Il nuovo Codice dello spettacolo, presentato in bozza dal Ministero della Cultura, prefigura una rivoluzione per le istituzioni culturali, specialmente per le Fondazioni Liriche, accentrando il potere nelle mani del ministero e ridimensionando il ruolo di sindaci e sovrintendenti
Il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi sta lavorando al progetto del nuovo Codice dello spettacolo che verrà perfezionato nei ministeri MiC e Mef, prima di approdare al Consiglio dei ministri e alle due commissioni Cultura di Camera e Senato per diventare legge entro il 31 dicembre 2026.
La bozza di riforma, appena illustrata a sindaci e Regioni, è destinata a provocare cambiamenti strutturali in 12 delle 14 Fondazioni (Scala e Accademia di Santa Cecilia mantengono le loro autonomie). Tra le novità introdotte, il ridimensionamento delle figure del sindaco e del sovrintendente e la nuova denominazione delle Fondazioni liriche, che si chiameranno Gran Teatri d’opera.
NUOVO CODICE, VECCHIE TRADIZIONI
Nel nuovo Codice dello spettacolo verranno dunque accentrate gran parte delle funzioni, il cui onere oggi ricade anche su sindaci e sovrintendenti. La logica di base è che se lo Stato finanzia può dettare anche la linea e stabilire un controllo culturale. Lo fa attraverso le nomine e gli organigrammi ma anche nella linea artistica: per i Gran teatri d’opera, la parola d’ordine sarà stop alle sperimentazioni e avanti con la tradizione.
Il Codice orienta infatti la programmazione verso le “grandi opere della tradizione” e la “riscoperta di nuove opere dei compositori di quella straordinaria epopea”. La riforma si ripropone di creare un balletto nazionale d’eccellenza e un registro per agenti e rappresentanti.
CHE COSA CAMBIA CON IL NUOVO CODICE DELLO SPETTACOLO
Inoltre, i teatri lirici dovranno coordinarsi tra loro e garantire “l’incremento dei biglietti venduti attraverso attività di comunicazione e marketing”. Il ministero della Cultura potrà decidere autonomamente in determinate situazioni, di declassare un Gran teatro a teatro d’opera, una nuova categoria nata ora, piuttosto vaga. Rimangono i parametri attuali per i contributi statali, ma non sono specificate le percentuali. In caso di disavanzo i teatri dovranno ridurre l’attività con chiusure temporanee e modificare provvisoriamente il rapporto di lavoro del personale, da tempo pieno a parziale, punendo di fatto i lavoratori.
SINDACI RIDIMENSIONATI
Con la nuova riforma, verrà ridimensionato il ruolo del sindaco all’interno degli organi d’indirizzo dei teatri italiani. Per il primo cittadino non sarà più possibile nominare un suo rappresentante nel Consiglio di indirizzo, il che di fatto andrà ad aumentare il peso del ministero. E nel caso in cui gli stesso rinunci alla presidenza di un teatro, al suo posto subentrerebbe il rappresentante ministeriale.
DIRETTORI ARTISTICI, MARKETING E SOVRINTENDENTI
Cambia anche la figura del Sovrintendente, la cui nomina dovrà avvenire “in dialogo” con il Ministero. Il ruolo formale resta quello di organo di gestione, ma i nuovi vincoli lo svuotano di potere, dimezzano le responsabilità, ne indeboliscono l’azione. Accanto a lui un Direttore Artistico eletto dal Consiglio di Indirizzo a maggioranza assoluta: una nuova figura obbligatoria – cui verrà imposto a sua volta di assumere un collaboratore con meno di 35 anni -, così come quella del direttore marketing.

