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Dalla ruspa di Salvini siamo arrivati alla “motosega” di Meloni

Da Maurizio Landini a Elly Schlein, passando per Roberto Saviano e la stampa prezzolata. Giorgia Meloni ha dato spettacolo ad Atreju. Toni e decibel alti al punto che i suoi attacchi hanno ricordato a qualcuno la motosega del premier argentino Javier Milei non a caso grande ospite della festa di Fdi

I quotidiani sono tutti per Giorgia Meloni e per il suo intervento show di chiusura della festa di Atreju, “Meloni attacca e rilancia” scrive il Corriere della Sera, “Meloni contro tutti” annota Repubblica mentre la Stampa parla addirittura del “Manifesto di Meloni” riferendosi ai vari punti programmatici sciorinati dalla premier a partire dall’ “andare avanti con i centri in Albania” che è il titolo che sceglie il Messaggero come apertura.

MELONI HA GETTATO LA MASCHERA

La premier ne ha avuto per tutti ieri: Maurizio Landini, Roberto Saviano, Romano Prodi, i giudici, e poi Elly Schlein e Giuseppe Conte, gridando tutto il suo sdegno verso chi la critica. Lo scrive Francesco Bei, vicedirettore di Repubblica che annota: “non è la presidente del Consiglio a salire sul palco, non è la premier di tutti gli italiani. È una zelig che ha indossato la sua ultima maschera, quella del trumpismo imperante, degli insulti agli avversari politici e alla stampa, agli imprenditori che si pensa non siano allineati. Una svolta che la rende spregiudicata”.

RISPOSTE AGLI INSULTI QUOTIDIANI

Il perché di questa virata “autoritaria” o almeno molto lontana dai toni istituzionali utilizzati in questi oltre due anni di governo li spiega lei stessa in un retroscena sul Corriere della Sera firmato da Monica Guerzoni. “Mi insultano in tv e devo stare zitta?” E la cronista politica annota: “Orgoglio meloniano in purezza, autocelebrazione, rivendicazione dei risultati, ansia di rivincita. L’amore arriva solo nel finale con A mano a mano di Rino Gaetano, le cui note mandano in archivio le ovazioni, le centinaia di bandiere tricolore, i vessilli del partito rumeno di estrema destra Aur, i cori «Giorgia, Giorgia» e il sole che trasforma in serre le maxi tensostrutture progettate da Giovanni Donzelli, dentro le quali in otto giorni sono passati ministri, parlamentari, avversari come Conte e Letta e il presidente argentino Milei, indicato da sinistra come l’ispiratore dei toni da «motosega» di Meloni”.

SEMBRA COMBATTARE DAI BANCHI DELL’OPPOSIZIONE

Già perché lo avvertono un po’ tutti coloro che hanno ascoltato il discorso di fuoco della premier, si è passati dalla ruspa di Matteo Salvini alla motosega di Giorgia Meloni. “Sembra combattere dai banchi dell’opposizione” scrive Ilario Lombardo su la Stampa. “Elenca una per una tutte le previsioni nefaste e che sono finite smentite: lo spread che doveva schizzare all’insù e invece si è abbassato, i conti pubblici che sarebbe stati scassati e invece sono in ordine. Meloni gode di un momento favorevole, come testimoniano le classifiche di Politico, gli editoriali di testate liberal, dal New York Times alla Cnn, l’ultima ieri a descrivere la stabilità del governo italiano come un fattore che può creare un ponte tra l’Europa e gli Usa di Donald Trump.

MA CHI SONO I NUOVI NEMICI DI GIORGIA?

Di certo oggi la premier può solo godersi il successo di questi anni e della manifestazione di Atreju che ha contato cinquantamila presenze, 73 ore di dibattiti con 527 interventi, 415 volontari, oltre mille giornalisti accreditati da tutto il mondo . Resta una domanda in sospeso e la rivolge Flavia Perina, già direttrice del Secolo d’Italia alla leader di Fdi : “dopo la pax meloniana con l’Europa di Ursula von der Leyen, la tregua con Emmanuel Macron impantanato nei guai suoi, il recupero del feeling con Donald Trump, sappiamo chi sono i nuovi e vecchi amici della destra italiana, ma chi le è rimasto come nemico? Ieri la difficoltà era trovare ospiti e pubblico, respingere le accuse di autoritarismo o addirittura di fascismo, limitare gli scivoloni dei neofiti del potere. Oggi il guaio è diventato respingere l’assalto ai panel e misurarsi con un consenso fin troppo ossequioso. Alla festa volevano esserci tutti, e tutti in posizione di massima visibilità, e alla fine tutti ci sono stati nell’inevitabile atto di omaggio a chi comanda, gestisce, nomina.

 

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