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Dazi, cosa dicono associazioni e imprese

Tensione nel mondo produttivo italiano per gli effetti dei dazi dell’amministrazione Trump sul Made in Italy

L’aria è frizzata, le imprese italiane trattengono il fiato: i nuovi dazi annunciati da Donald Trump entreranno in vigore immediatamente, con ripercussioni ancora difficili da quantificare. La Casa Bianca parla di “uno dei giorni più importanti della storia americana”, mentre l’Unione europea, con la presidente von der Leyen, promette ritorsioni. Il vicepresidente Usa, J.D. Vance, sarà in Italia dal 18 al 20 aprile e i dazi molto probabilmente saranno tra i temi caldi dei suoi colloqui con le istituzioni itaiane. Nel frattempo non solo la politica, e con esse le Regioni, ma tutto il mondo produttivo italiano lancia l’allarme: le associazioni di categoria chiedono risposte immediate e una strategia chiara.

CONFINDUSTRIA: “IMPATTO IMPONENTE, L’ITALIA DEVE AGIRE”

A suonare il campanello d’allarme è Confindustria, con il presidente Emanuele Orsini che, in un’intervista alla Stampa, avverte: “L’impatto per l’Italia sarà imponente”. Settori come farmaceutico, alimentare, meccanica e tessile-moda sono tra i più esposti. Orsini indica tre mosse urgenti: un taglio dei tassi della Bce per attutire l’effetto dei dazi, nuovi accordi commerciali con Messico, India e Giappone, e il potenziamento del mercato unico europeo. “Chi può, faccia la sua parte”, dice riferendosi a Meloni e ai rapporti con Washington. L’incubo? Che le aziende italiane, stremate dalle barriere tariffarie, inizino a delocalizzare.

CONFAGRICOLTURA: “SERVE UN’EUROPA UNITA, NON UN CONDOMINIO”

Sul fronte agricolo, la preoccupazione è altrettanto alta. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, lancia il monito: “Siamo a un bivio. O l’Ue dimostra di essere unita, o resteremo un condominio con alcuni ai piani alti e altri confinati in basso”. Il settore agricolo italiano ha visto l’export crescere da 28 a 70 miliardi in dieci anni, ma i dazi potrebbero frenare questo slancio. “Abbiamo modelli e standard di produzione unici”, dice Giansanti, “ma serve un bilancio agricolo adeguato e meno burocrazia”.

PROSECCO SOTTO SCACCO: UN MERCATO DA 150 MILIONI DI BOTTIGLIE

L’annuncio dei dazi ha già colpito il mercato vinicolo, con spedizioni sospese e importatori americani in stand-by. Stefano Bottega, presidente del Gruppo Vinicolo di Confindustria Veneto Est, avverte: “Siamo molto preoccupati. Il Prosecco vende 150 milioni di bottiglie negli USA, il 25% dell’export totale. Il rischio è di perdere posizioni strategiche a vantaggio di vini cileni, argentini o neozelandesi”. L’appello è chiaro: niente guerra commerciale, bisogna negoziare.

CERAMICA E MANIFATTURA: ORDINI INCERTI, MERCATI INSTABILI

Anche il settore ceramico è in agitazione. “Le incertezze legate alle guerre e agli annunci sui dazi hanno già frenato alcuni mercati” spiega Augusto Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica. Lo scenario è a macchia di leopardo, con alcuni Paesi che reagiscono meglio di altri. Un clima di instabilità che pesa sulle decisioni delle imprese.

INDUSTRIA FARMACEUTICA, CON I DAZI SI RISCHIA DI VANIFICARE GLI EFFETTI DELL’EXPORT RECORD

Il settore farmaceutico italiano ha chiuso il 2024 con un export da 54 miliardi di euro. Al momento sorride, ma l’incognita della guerra commerciale rischia di destabilizzare tutto. Il presidente di Farmindustria Marcello Cattani ha definito i dazi “un fallimento per tutti”, con il rischio di farmaci meno accessibili e prezzi più alti. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani prova a tracciare una linea: “Non dobbiamo piegare la testa, ma neanche essere anti-americani. Serve una soluzione per tutelare le imprese italiane”.

INDAGINE PROMOS: IL 60% DELLE AZIENDE TEME I DAZI

Un report di PIromos Italia, condotto su un centinaio di aziende italiane attive negli Usa, conferma il timore diffuso: il 59,5% delle imprese è preoccupato dall’aumento delle barriere tariffarie. Agroalimentare, tessile e macchinari sono i settori più a rischio. Quasi il 33% delle aziende vede ancora il contesto economico come “abbastanza favorevole” e il 45,6% ritiene che la nuova amministrazione trumpiana non influenzerà le proprie strategie.

Di fronte a questo scenario, con le aziende italiane che lanciano l’allarme e chiedono risposte immediate, il governo è chiamato a una mediazione delicata. Il rischio di una guerra commerciale è reale e il futuro del Made in Italy oggi appare incerto.

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