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Diciotti, Salvini non andrà in giunta ma manderà memoria

Tra Lega e M5s alta tensione su richiesta autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno per il caso Diciotti

Matteo Salvini non parlerà davanti alla giunta per le immunità del Senato, che deve decidere sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona aggravato per il caso della Diciotti. Salvini, infatti, ha fatto sapere che farà pervenire la sua memoria tra domani e giovedì, quando è stata convocata la seduta della giunta presieduta da Maurizio Gasparri di Forza Italia. Il vicepremier, invece, parlerà, “come di consuetudine” dice ai suoi, quando la questione arriverà nell’aula di Palazzo Madama. La linea di difesa, condivisa con la ministra per la P.A. e avvocatessa Giulia Bongiorno, è che la gestione della vicenda sia stata un “atto politico” e dunque non giudicabile dalla giustizia penale. E a supporto di questo è probabile che siano allegati anche i pareri del premier Giuseppe Conte e di altri esponenti del governo.

CINQUE STELLE ALL’ANGOLO

Il caso Diciotti sta mettendo a dura prova i rapporti all’interno della maggioranza di governo. Salvini, chiedendo di dire no all’autorizzazione, ha messo il M5s in un angolo da cui è difficile uscire. Per la sua storia, infatti, il Movimento non può votare per “salvare” il ministro leghista, ma schierarsi dalla parte del sì rischierebbe di mettere a serio rischio la tenuta dell’esecutivo. Un’impasse difficilissima da sbloccare, come testimoniato dalla lunga riunione dei senatori pentastellati che si è tenuta questa mattina a Palazzo Madama. Secondo quanto si apprende da chi ha partecipato, sono stati principalmente Mario Giarrusso e Francesco Urraro a farsi carico di spiegare i passaggi della richiesta di autorizzazione a procedere in Giunta. Un punto significativo che sarebbe stato evidenziato è che si procede nell’ambito dell’articolo 96 della Costituzione, per gli eventuali “reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni” dai componenti del governo. E quindi, è stato messo in rilievo, l’alveo è un altro rispetto all’art. 68, sull’immunità parlamentare, ritenuto storicamente dai pentastellati una sorta di ‘scudo’ a tutela della casta. Lo stesso Luigi Di Maio nei giorni scorsi aveva accennato alla differenza tra le fattispecie.

LA LEGA NON MOLLA

Una linea che però convince poco i più “duri” del Movimento. “Sarebbe un precedente grave non per Salvini, ma per il Paese, la democrazia e la libertà di ogni cittadino affermare con il voto al Senato che le scelte politiche di un qualsiasi ministro o di un qualsiasi governo, purché condivise, siano al di sopra della legge – scrive su Facebook Luigi Gallo, pentastellato presidente della Commissione Cultura della Camera -. Tutti voi potete immaginare le conseguenze pericolose di questo principio. Non si sta discutendo dell’innocenza o meno di un ministro, per fortuna questo lo decide ancora il nostro sistema di giustizia e non un tribunale politico, men che mai un istituto di sondaggio”. Ma la Lega non molla. “Siamo con Matteo Salvini sempre. Siamo vicini e sempre con lui”, assicura il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, dopo che il collega titolare della Famiglia Lorenzo Fontana nei giorni scorsi non aveva escluso la possibilità di dimettersi se ci sarà l’autorizzazione.

SCAMBIO DICIOTTI-TAV?

E mentre le opposizioni denunciano un possibile “scambio” Diciotti-Tav, il tentativo di mediazione di Giuseppe Conte al momento non ha portato né a un avvicinamento delle posizioni né all’individuazione di una possibile via d’uscita. Tanto che tra il presidente del Consiglio e Salvini ci sarebbe stata una telefonata di fuoco (pur se smentita da Palazzo Chigi). Una indiscrezione, vera o falsa che sia, che dà il senso della tensione che si vive a Palazzo Chigi, dove le crescenti divergenze tra Lega e M5s iniziano a fare veramente paura.

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