Il rebus delle regionali, l’obiettivo del premierato e la stella polare dell’unità del centrodestra rappresentante “di quel pezzo di società che crede nel lavoro, nella libertà in economia, nella famiglia, nella sicurezza”. L’intervista a tutto campo all’on. Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia
È uno degli uomini chiave per far funzionare la macchina di partito della premier Giorgia Meloni, l’on. Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, deputato alla seconda Legislatura, prima di arrivare a Montecitorio è stato consigliere comunale a Firenze e poi consigliere regionale in Toscana. Alle spalle ha una lunga militanza di destra, fin dall’età giovanile.
On. Donzelli, il centrosinistra ha individuato tutti i candidati alla presidenza delle Regioni che andranno al voto. Il centrodestra ancora no, come mai? Questo ritardo non rischia di penalizzarvi?
Per noi è più importante scegliere i candidati giusti per governare, pensando al bene dei cittadini, piuttosto che fare in fretta un mercato come hanno fatto nel centrosinistra. Il M5S ha accettato nelle Marche un candidato presidente indagato per avere in cambio Fico in Campania e il Pd ha messo il figlio di De Luca alla segreteria del partito regionale. In Puglia, per la discontinuità non candidano Emiliano. E’ un ‘mercante in fiera’ davvero triste e lontano dalle esigenze dei cittadini. Noi ci stiamo mettendo qualche giorno in più perché stiamo pensando a trovare il candidato giusto per i cittadini e non per le segreterie di partito.
Pur essendo di gran lunga il primo partito della coalizione di centrodestra, Fratelli d’Italia non guida nessuna regione del Nord. Come vivete questa situazione nei confronti dei vostri alleati?
Anche noi abbiamo profili di grande qualità da proporre come candidati al Nord, ma sceglieremo con serenità, non guardando le bandierine di partito, ma i singoli candidati, proprio perché scegliamo di volta in volta il miglior candidato.
C’è una Regione in Italia la cui guida per Fratelli d’Italia è irrinunciabile?
Per noi è veramente irrinunciabile essere coerenti, mantenere la parola data e dare un buon governo in ogni Regione. Il benessere dei cittadini viene prima delle questioni di partito. Poi, ovviamente, siamo consapevoli di avere un’ottima classe dirigente di partito in ogni Regione, quindi siamo ben felici quando questo lo possiamo esprimere.
I partiti di governo vanno bene nei sondaggi anche perché la coalizione di centrosinistra non è ancora ben definita e non ha ancora un leader unanimemente riconosciuto, a differenza della leadership del presidente Meloni. E’ sufficiente questo per rivincere le prossime politiche o dovete fare qualcosa in più, aggregare qualche formazione politica in più?
Le elezioni non si vincono con le alchimie, con le operazioni in laboratorio, si vincono con un progetto politico credibile e delle persone capaci di incarnarlo. Per vincere le prossime elezioni noi punteremo su ciò che abbiamo fatto nei 5 anni di governo e sul programma per i prossimi 5 anni. Non abbiamo nessuna intenzione di vincere le elezioni basandoci sulle divisioni degli altri. Il centrodestra è unito anche perché risponde ad uno stesso popolo, che è quello che si è unito dal 1994 in poi, grazie inizialmente a Silvio Berlusconi. E’ quel pezzo di società che crede nel lavoro, nella libertà in economia, nella famiglia, nella diminuzione delle tasse, nella sicurezza. A sinistra provano a mettere insieme i boy-scout con i centri sociali, ma questo non è possibile.
In ogni legislatura, anche in questa ma un po’ sottotraccia, si torna a parlare di riformare la legge elettorale. Cambierà il sistema attuale? E in che modo?
Noi porteremo avanti la riforma del premierato e con il premierato servirà una nuova legge elettorale. All’Italia serve la certezza che chi vince le elezioni governa e chi le perde fa opposizione; non possiamo più tornare ai tempi della instabilità e di chi tradisce le promesse fatte in campagna elettorale.
La stabilità politica dell’Italia è in controtendenza rispetto all’instabilità di altre democrazie europee. Ciò avrà ricadute sulla UE e sulla sua leadership?
Sicuramente questa stabilità è un punto di forza per il nostro Paese che, grazie a Giorgia Meloni, ha sempre di più un ruolo internazionale importante. La politica estera ha anche risvolti nelle questioni quotidiane: con l’Italia più forte nello scacchiere internazionale poi di conseguenza aumentano gli investimenti nel nostro Paese, l’economia, le opportunità di lavoro. Ogni giorno che Giorgia Meloni spende all’estero vale dieci giorni spesi per l’Italia.
Sulla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina la posizione dei Paesi UE è pressoché unanime nel sostegno a Kyiv. Sul riconoscimento della Palestina, invece, si va in ordine sparso. Come mai non si è arrivati ad una posizione unitaria europea anche in questo caso?
Per noi la posizione giusta è avere come obiettivo il riconoscimento di due popoli e due Stati, quindi anche dello Stato della Palestina, insieme al riconoscimento di Israele da parte delle nazioni arabe. Come ha detto giustamente Giorgia Meloni, il riconoscimento della Palestina si può fare solo dopo che Hamas avrà liberato gli ostaggi e lasciato ad altri il governo della Palestina.
Le opposizioni, però, vorrebbero un riconoscimento pieno dello Stato di Palestina e lo vorrebbero adesso. Troverete una forma di dialogo per un compromesso o proseguirete sulla strada del riconoscimento condizionato?
Mi auguro che le opposizioni sappiano andare oltre al tentativo di strumentalizzazione della gravissima situazione a Gaza per arrivare ad avere una posizione che sia logica e coerente. Spero che anche le opposizioni siano convinte che sia necessario che Hamas rilasci gli ostaggi e che la Palestina possa essere libera dal terrorismo islamico di Hamas in futuro. Penso che questo dovrebbe unire tutti.