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Fake news, perché l’Agcom dice sì alla commissione d’inchiesta

Agcom

Il presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani audito in videoconferenza dalle commissioni Cultura e Trasporti della Camera: “La presa di coscienza e l’analisi collettiva aiutano in un momento come questo”.

Un “convinto sì”. Pur in videoconferenza arriva un appoggio deciso per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle fake news da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. “La mia risposta è un convinto sì, perché la presa di coscienza e l’analisi collettiva da un punto di vista tecnico e politico può solo aiutare in un momento come questo” ha rilevato il presidente Angelo Marcello Cardani, in scadenza di mandato da 11 mesi. In videoconferenza davanti alle commissioni Cultura e Trasporti della Camera, che stanno esaminando le proposte di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle fake news, Cardani ha parlato diffusamente della questione e dei problemi rilevati soprattutto durante l’emergenza per il Covid-19.

LA COMMISSIONE D’INCHIESTA

Della possibilità di dar vita a una commissione parlamentare che indaghi sul fenomeno in realtà si parla da tempo. La prima pdl relativa è quella presentata da Emanuele Fiano (Pd) ad agosto 2018 il cui esame — da parte delle commissioni Cultura e Trasporti di Montecitorio — è iniziato a luglio 2019. In seguito sono arrivate altre tre proposte — una di Italia Viva, una di Fratelli d’Italia e una del Movimento Cinque Stelle — per cui si è deciso di creare un comitato ristretto per arrivare a un testo base da sottoporre poi al vaglio del Parlamento.

I DATI RECENTI FORNITI DALL’AGCOM

Il numero uno dell’Autorità per le comunicazioni ha fornito gli ultimi riscontri sul tema. All’inizio del mese di aprile, ha affermato, si è evidenziato “un trend via via crescente di informazione e disinformazione prodotta sul nuovo coronavirus: dal 21 febbraio al 22 marzo, il 38% delle notizie pubblicate nel giorno medio dalle fonti di disinformazione ha riguardato l’epidemia (il 46% nelle ultime due settimane); considerando il totale delle notizie sul coronavirus divulgate online, l’incidenza della disinformazione è stata prossima al 5%, con un andamento in diminuzione per effetto della crescita più sostenuta della componente informativa”.

L’ALLARME DELL’AUTHORITY SULLA DISINFORMAZIONE ONLINE

Un ruolo di riguardo nella diffusione delle fake news spetta alla disinformazione online. “Il sistema nazionale soffre la presenza di un volume di contenuti fake che sembra essersi attestato su un valore sensibilmente più alto rispetto al passato, raggiungendo il livello massimo in corrispondenza delle elezioni politiche del 2018 — ha precisato Cardani —. In questo contesto, le fonti di disinformazione assumono un ruolo che consiste nel conferire impulso ai contenuti fake che, una volta innescati, vengono immessi e rilanciati nel sistema delle piattaforme online anche attraverso l’inconsapevole contributo degli utenti”.

Di sicuro, ha chiarito, “l’Agcom ha riscontrato come a livello nazionale e globale fenomeni patologici di disinformazione tendano ad annidarsi lì dove il sistema dell’informazione fallisce. La difficoltà di monetizzazione dei contenuti, la perdurante riduzione degli investimenti in informazione, la connessa regressione nell’uso dei meccanismi di verifica e la ristrettezza dei tempi dell’informazione online sono atte a compromettere l’adeguatezza dell’offerta informativa sul piano dell’accuratezza, dell’approfondimento e della copertura delle notizie”.

Cardani ha sottolineato pure la vulnerabilità del sistema pubblicitario online con “la distanza fra domanda (inserzionisti) e offerta (editori/publisher) di pubblicità, prodotta da un sistema di compravendita complesso e per lo più automatizzato” che “ha favorito la proliferazione di una moltitudine di intermediari e ha ridotto la capacità di controllo sull’intero processo di negoziazione da parte degli investitori pubblicitari, che non sono in grado di conoscere sempre con esattezza – e in anticipo – in quali siti verranno visualizzati i messaggi”.

IL CASO TELEGRAM E LA REGOLAMENTAZIONE DELLE PIATTAFORME

Cardani ha poi fatto riferimento a Telegram, su cui proprio nei giorno scorsi sono stati bloccati alcuni canali su cui venivano diffuse illecitamente opere letterarie. La piattaforma di messaggistica istantanea “è una società che ha sede fuori dall’Europa, di proprietà di una società mista russa e di altre nazionalità generalmente accoppiate a usi disinvolte delle comunicazioni, e aveva tutte le caratteristiche per rispondere picche alla nostra richiesta di intervento, e invece è intervenuta immediatamente senza nessuna forzatura da parte nostra” ha spiegato il presidente dell’Authority secondo il quale però se è vero che “andiamo verso una regolamentazione delle piattaforme” pure “ci vorranno anni per arrivare a una struttura giurisdizionale che permette da un lato la regolamentazione e dall’altro che questa non sia invasiva”.

IL RUOLO DEI DARK ADS

Il presidente dell’Agcom ha puntato il dito contro “la personalizzazione dei messaggi pubblicitari all’interno dei social network, potenziata dall’impiego dei big data e dall’utilizzo di tecniche di profilazione sempre più sofisticate” che “comporta un’esposizione più selettiva degli utenti ai contenuti online, e quindi anche ai messaggi pubblicitari. Infatti, le campagne pubblicitarie sui social, che si basano su ‘dark ads’, caratterizzati da messaggi visibili solo in maniera altamente selettiva da parte di un target, risultano essere quelle maggiormente idonee a veicolare contenuti di disinformazione”.

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