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Giuli, Borgonzoni e.. Santamaria. Che succede al cinema italiano

Ciak, si ricuce! il ministro della Cultura ha avuto un confronto con i delegati del settore. “Incontro positivo”, ma dietro le quinte…

Il clima era teso, il copione sembrava già scritto: crisi, accuse incrociate e il rischio di un blackout culturale. E invece no, a sorpresa è andata in scena la tanto attesa pace tra il Ministero della Cultura e il settore cinematografico italiano. Il ministro Alessandro Giuli, la sottosegretaria Lucia Borgonzoni e il direttore generale Nicola Borrelli hanno incontrato una delegazione di attori, produttori e tecnici capitanata da Claudio Santamaria. Un confronto giudicato da entrambe le parti “positivo”. Ma se davanti alle telecamere si respira aria di dialogo, dietro le quinte lo scontro politico-mediatico è tutt’altro che finito.

IL NODO TAX CREDIT

Al centro dell’incontro il nuovo decreto sul tax credit, ovvero le agevolazioni fiscali pensate per sostenere le produzioni italiane. Il provvedimento – entrato in vigore lo stesso giorno con la pubblicazione sul sito del MiC – ha lo scopo di “correggere distorsioni” e garantire “più equità, efficienza ed efficacia” nell’uso delle risorse pubbliche. Un segnale atteso da tempo dal mondo del cinema, che da mesi denuncia ritardi nei pagamenti, burocrazia asfissiante e regole poco chiare.

Secondo alcuni tra i presenti al tavolo, il tax credit “è uno strumento fondamentale per attrarre investimenti” e “viene usato da tutti i Paesi evoluti, dalla Gran Bretagna alla Francia”. Ma serve “certezza nei tempi” e soprattutto più competenza nelle commissioni che decidono come distribuire i fondi.

LE DIFFICOLTA’ DEI LAVORATORI E LE PRODUZIONI AL PALO

Nel frattempo proseguono le difficoltà per chi lavora sul set. Produzioni bloccate, settimane di lavoro ridotte drasticamente, e un numero crescente di professionisti costretti a cercare altrove le proprie opportunità. “C’è chi è disoccupato o lavora in modo saltuario da quasi due anni”, denuncia la delegazione. E se “prima ci volevano otto settimane per girare un film, ora bastano tre”, ma con stipendi ridotti all’osso e pochissime certezze.

Il decreto correttivo viene quindi accolto come “un passo avanti”, ma non basta. “Serve una riforma più ampia, serve visione”, chiedono in coro attori come Beppe Fiorello e registi come Andrea Segre. Il timore condiviso è che la crisi “strutturale e culturale” non sia ancora risolta, ma solo momentaneamente rimandata.

IL CASO BORGONZONI

Ma se il confronto tecnico ha avuto toni distesi, il fronte politico è letteralmente esploso. Secondo un articolo de Il Fatto Quotidiano, un giornalista avrebbe ricevuto pressioni (e un presunto compenso) da un collaboratore di Lucia Borgonzoni per “colpire mediaticamente il ministro Giuli” in cambio di silenzio sulla stessa sottosegretaria. Un’accusa pesantissima, su cui le opposizioni (Pd, M5s, Avs) chiedono immediati chiarimenti in Parlamento. La risposta di Borgonzoni non si è fatta attendere: “È una menzogna grave e offensiva. Chi lo afferma ne risponderà nelle sedi opportune”. Poi ha aggiunto: “Non esiste nessuna guerra interna al ministero, anche se qualcuno sembra sperarlo in tutti i modi”. Una smentita secca, che però non basta a placare le polemiche.

Dietro l’apparente unità mostrata al tavolo con il cinema, si intravede un duello sotterraneo tra Giuli e Borgonzoni. Le divergenze sui ritardi nell’erogazione dei fondi e sulla gestione della comunicazione hanno lasciato il segno, e l’ombra di una “doppia regia” al MiC continua ad alimentare voci e sospetti. Anche all’interno della maggioranza c’è chi spinge per “liberare il settore da una casta autoreferenziale”, come ha detto il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone. La parola d’ordine è “riformare”, ma resta da capire con quale direzione e quali alleanze interne.

Per ora, le maestranze del settore hanno scelto di dare fiducia al dialogo. “Possiamo seppellire l’ascia di guerra”, ha detto il portavoce del comitato Siamo. Ma hanno anche promesso vigilanza democratica e pressione costante sul governo, “sia sui contenuti che sulla narrazione”.

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