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Salario minimo: la Lega ha già cambiato idea mille volte, FdI pure?

Meloni Apre Sul Salario Minimo Che Prova A Unire Le Opposizioni

La recente apertura di Giorgia Meloni all’ascolto delle proposte delle opposizioni, Italia Viva esclusa perché defilata rispetto alle sinistre e Azione, tiene caldo il tema delle retribuzioni

Il dibattito interno della politica italiana si divide su tanti binari ma, forse, viaggia più spedito su quello del salario minimo.

Dal fronte delle opposizioni, è proprio su questo tema che per la prima volta è emersa maggiore uniformità e compattezza, Renzi permettendo. Fronte governo, invece, si registrano alcuni dietrofront: quelli, rigorosamente molteplici, della Lega di Salvini. Ma anche i ripensamenti, le aperture, di Giorgia Meloni.

LE OPPOSIZIONI VOGLIONO IL SALARIO MINIMO

Il tema, dicevamo, è caldo. E dalle opposizioni vogliono battere il ferro, legittimamente.

C’è, come abbiamo raccontato su Policy Maker, la posizione del M5S di Conte che si ricollega direttamente al vero punto (e unico rimasto inattaccato e soprattutto non tradito dall’interno) cardine del progetto politico grillino: il reddito di cittadinanza. “Blaterano di “patriottismo” ma lo fanno valere solo per difendere i loro ministri dalle dimissioni e tutelare i loro privilegi, ha detto l’ex Premier Giuseppe Conte, rifacendosi al sentimento degli italiani che per due terzi gradirebbero un Sml. Un salario minimo legale, di 9 euro l’ora.

Guardando al Pd, “è incredibile che la maggioranza abbia presentato un emendamento soppressivo, che va contro 3,5 milioni di lavoratori poveri”, ha detto la segretaria Elly Schlein.

Il riferimento – ricordava Maria Scopece su questo giornale – era al fatto che negli scorsi giorni la maggioranza ha depositato in commissione Lavoro alla Camera dei deputati un emendamento soppressivo di una proposta di legge sul salario minimo della minoranza. La commissione Lavoro di Montecitorio aveva adottato una proposta di legge sottoscritta da tutti i gruppi di opposizione, meno Italia Viva che aveva scelto di non firmare.

LE TIPOLOGIE DI SALARIO MINIMO IN UE

In Europa, il Slm è presente in tanti Paesi membri e riguarda tecnicamente la regolamentazione di una retribuzione per via di statuti o leggi formali.

Quanto all’altra via, quella dei salari minimi determinati dai contratti collettivi, essa prevede che gli stipendi vengano determinati attraverso accordi collettivi tra sindacati e datori di lavoro e talvolta includono salari minimi. Attualmente esistono in sei paesi dell’Ue: Austria, Danimarca, Cipro, Finlandia, Italia e Svezia.

LE GIRAVOLTE DELLA LEGA

Nel corso degli anni, guardando la questione dal punto di vista delle forze di maggioranza governativa, sono state tante le prese di posizione della Lega di Salvini. E molto diverse l’una dall’altra.

Come ha ricordato un fact-checking di Pagella Politica, “tra il 2017 e il 2018 il leader della Lega Salvini si diceva favorevole all’introduzione del salario minimo in Italia, per poi cambiare idea varie volte insieme al suo partito negli anni successivi”. Il leader del Carroccio allora parlava di “prevedere un salario minimo che impedisca schiavitù e sfruttamento”, collegando la questione al tema forte del partito di via Bellerio, cioè l’opposizione agli sbarchi di migranti.

Anche “l’anno dopo, nel 2018 – ricorda Pagella Politica – Salvini esprimeva sui social network il suo sostegno al salario minimo in altre due occasioni. In vista della campagna elettorale per le elezioni politiche 2018 il programma elettorale della Lega chiedeva espressamente l’introduzione di una retribuzione minima per i lavoratori”.

SALVINI DI LOTTA E DI GOVERNO

Il cambio di posizione è, invece, arrivato nel 2019 confermando il dietrofront già emerso nel Governo Conte I di cui Salvini faceva parte. Passando, così, a definire il salario minimo “una boiata”.

Infine, venendo al 2022, “il 13 giugno 2022, durante una conferenza stampa per commentare i ballottaggi delle elezioni comunali del giorno prima, il leader della Lega ha dichiarato che «è inevitabile un adeguamento degli stipendi, che non è il salario minimo che in Italia non può funzionare»”, ricorda ancora il sito di fact-checking. E in vista delle elezioni politiche del 25 settembre scorso, nel programma leghista si parlava di salario minimo come di un riconoscimento “pari a quello stabilito dai Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) più diffusi”.

Nel Governo Meloni, però, è tornata forte la corrente critica sul tema. Per esempio, l’ex sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon parlando a Omnibus su La7 ha detto che “il salario minimo sarebbe gravoso per i nostri cittadini, perché farebbe abbassare il salario mediano dei lavoratori. Sono convinto che la strada giusta sia quella di potenziare la contrattazione collettiva”. E adesso?

L’APERTURA DI MELONI ALLE OPPOSIZIONI

Appunto, adesso che succede? Sì perché nel governo lo scetticismo sulla proposta di M5S e Pd è ben visibile. La ministra del lavoro Calderone non crede a una legge che regolamenti il salario minimo.

Meloni però, mentre la maggioranza vuole sì sopprimere la proposta Pd-M5S in commissione Lavoro alla Camera, ha aperto uno spiraglio. “Il tema dei salari mi interessa. Ho letto l’appello di Calenda, c’è una opposizione che si pone in modo garbato e io credo sia giusto dare dei segnali di confronto. Il confronto però richiede un attimo di tempo”.

LE PROPOSTE IN CAMPO DI ITALIA VIVA…

IV, Cgil, economisti, e non solo sono soltanto alcuni degli attori protagonisti della cosiddetta terza via. Cioè coloro che vogliono proporre altro rispetto a quanto sia già stato messo sul tavolo: il no della maggioranza, la proposta delle sinistre. E, comunque, non mancano le critiche alla regolamentazione.

Partendo da Italia Viva, che non si è allineata con Azione nella proposta (e per bocca di Mara Carfagna ha definito opposizione ideologica al tentativo), “i renziani hanno presentato un emendamento con cui propongono di fissare il salario minimo non per legge ma da una commissione di esperti”, ricordava Maria Scopece qui su PM.

…E DEI SINDACATI

Lato sindacati, invece, l’ex segretaria della Fiom Francesca Re David, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva giudicato “positiva” la proposta unitaria per un salario minimo con la soglia dei 9 euro lordi arrivata da Pd, M5s, Sinistra Italiana, Azione, Europa Verde e +Europa. Ma anche in passato il leader della Cgil Maurizio Landini aveva detto che occorre partire da quanto già c’è. E cioè i contratti collettivi. Di più, per Landini serve “un provvedimento che dica che i contratti nazionali hanno validità erga omnes e che quindi coprono tutte le forme di lavoro”.

– Leggi anche: Tutti i problemi del salario minimo per legge (di W. Galbusera)

Per Luigi Sbarra, segretario della Cisl, “se il salario minimo si fa con i contratti, la Cisl dice di sì. Serve, e anche subito, ma fissare una quota minima direttamente per legge porta soltanto a un’esplosione del sommerso nella fascia del lavoro povero e, in quello medio, a una spinta verso il basso della dinamica retributiva.

LA TERZA VIA PER LE OPPOSIZIONI ARRIVA DAL PD

Una terza via è stata discussa sul Foglio di oggi da Luciano Capone. “Una soglia troppo bassa sarebbe poco utile, una soglia troppo elevata sarebbe dannosa”, spiega Capone. Perché “spingerebbe molti lavoratori verso la disoccupazione o il lavoro irregolare. E non c’è ombra di dubbio che, dal confronto internazionale, il livello proposto dalle opposizioni sia troppo alto”. Lo dicono i livelli di salario minimo dei Paesi Ocse, dove siamo su una percentuale tra il 40 e il 60% della retribuzione mediana, mentre i 9 euro/ora proposti significherebbero il 75%. E allora? O ci si affida a una commissione autonoma che adegui i livelli minimi ogni volta oppure “l’introduzione di un salario minimo in via sperimentale e limitatamente ai settori dove le criticità sono più forti, per poi sulla base degli esiti valutare se e come estendere il modello”. Una idea già mossa da Andrea Orlando, ex ministro del Lavoro, del Pd.

THE DEBATE MUST GO ON

L’economista Pietro Ichino su PM ha detto che il salario minimo “può avere solo effetti marginali: è sbagliato pensare che essa possa risolvere il problema dei bassi salari, del lavoro povero. Lo si deve affrontare favorendo l’aumento della produttività del lavoro, senza il quale non si può avere un aumento delle retribuzioni”. Come? Tramite la formazione, la valorizzazione del lavoro, l’attrazione di investimenti dall’estero.

Per Gianfranco Polillo, che ne ha scritto su Start Magazine, “intervenire sul cuneo fiscale può essere un’alternativa. Con l’idea di partire dai redditi più bassi, che sono poi l’effetto più immediato di quel lavoro povero e che rappresenta una delle contraddizioni più vistose nelle economie più opulente”. Secondo lui, “il sussidio diretto risponde alla logica del “tassa e spendi”. Salvo voler ricorrere al suo finanziamento in deficit. L’intervento sul fisco mira, invece, a ridurre il peso di quella sorta di “mano morta” che caratterizza alcuni aspetti dell’intervento pubblico italiano”.

Insomma, il tema è caldissimo e le opzioni sono numerose. “Occorre dunque prestare la massima attenzione a non svilire il ruolo di rappresentanza delle parti sociali, la loro autonomia, evitando di mettere nelle mani della politica qualcosa che è bene non gli appartenga”, scrive su Avvenire Francesco Riccardi. Il dibattito prosegue anche sotto l’ombrellone.

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