I giochi sulle nomine della nuova Commissione sono stati fatti e il nostro premier, a leggere i quotidiani, non ha toccato palla al punto che sarebbe pronta ad astenersi sul secondo mandato della popolare tedesca
Il dado è tratto. L’accordo tra i “grandi mediatori”, con l’esclusione del nostro premier Giorgia Meloni, ha portato alla riconferma di Ursula von der Leyen, alla guida della Commissione, alla nomina del socialista portoghese Antonio Costa per il Consiglio e della liberale estone, Kaja Kallas quale Alto Rappresentante per la politica estera. Da domani i 27 capi di Stato e di Governo designeranno in maniera ufficiale la nuova triade del Governo europeo. Poi a metà luglio toccherà al Parlamento mettervi il sigillo finale.
UNA SCELTA CHE COLPISCE, “IGNORATO” IL VOTO DELLE EUROPEE
Di certo questa “spartizione delle nomine” con il solito asse franco-tedesco a dettare legge, lascia stupefatti. Lo scrive chiaramente nel suo commento sul Sole24Ore Adriana Cerrerelli: “quello che più colpisce dell’intera operazione è la scelta della continuità più che della stabilità, che avviene quasi in apnea rispetto alle nuove realtà politiche che ribollono fuori dalle stanze dei Palazzi. In fondo l’evidente discrasia tra l’arroccamento sulla continuità, venduta come garanzia di stabilità, e la realtà dei rivolgimenti politici che da decenni erode la tenuta dei partiti tradizionali è la stessa che tormenta la stabilità delle democrazie nazionali. E che si prepara alla sua prova del fuoco domenica in Francia. La verità è che la libertà di voto prima o poi si scontra con le artefatte alchimie di politiche avulse dalle ragioni di realtà”.
L’ISOLAMENTO DI MELONI PESA E POTRA’ PESARE AL CONSIGLIO EUROPEO
Quello che più salta agli occhi è l’isolamento plastico del premier e leader di Fratelli d’Italia nella “fotografia” dei Paesi che contano. “Furibonda e decisa a ribaltare a proprio favore l’umiliazione subita” – così la descrive la Stampa nella cronaca di Ilario Lombardo. Il nostro premier punterebbe il dito contro i leader di Francia, Germania, Polonia e Spagna, che danno l’idea di un’élite che decide da sola, senza tener conto del voto dei cittadini. “Le destre stanno crescendo – riporta il quotidiano torinese – e l’ipotesi di un coordinamento tra gruppi nazionalisti e populisti è un’arma politica che Meloni tiene in serbo per il futuro. La svolta dell’ultima settimana è frutto di questo strappo e di queste riflessioni: astenersi potrebbe rivelarsi una scelta che consente di non sostenere un patto negoziato da altri, il che sarebbe uno smacco, e quindi di salvarsi la faccia internamente, a destra – con la Lega, e con Marine Le Pen – ; ma al tempo stesso darebbe più potere negoziale alla premier nella trattativa bilaterale con Von der Leyen”. Insomma a Palazzo Chigi si ascoltano parole agguerrite, le riporta Marco Galluzzo del Corriere della Sera: “c’è il rischio, visto il metodo che hanno scelto, che arrivino delle sorprese clamorose, per quanto ci riguarda può anche saltare tutto e accadere che un’intera classe dirigente delegittimata dal voto, che pensa di continuare a dettare l’agenda, vada a casa». A questo punto spetterà a Meloni decidere, e le variabili sono ancora tante, se fare buon viso a cattivo gioco o prendere una strada esplicita di rottura”.
PARTITA APERTA, SI TEMONO I FRANCHI TIRATORI
Per Repubblica che affida la cronaca della giornata alla firma di Tommaso Ciriaco “in fondo, l’unica cosa che davvero interessa alla politica tedesca: il pacchetto di 40 voti “moderati” di Ecr che la premier detiene e che, secondo molti, rischia di determinare il destino di von der Leyen. Detta in altri termini: Meloni è debole, isolata, ma forte di questi scranni”. Ma non è finita. “I voti di Meloni pesano proprio perché la “maggioranza Ursula” rischia di perdere pezzi in tutte le direzioni – scrive ancora Repubblica – In Francia, il timore è che una vittoria dei lepenisti possa scatenare tensioni talmente forti tra Macron e Bardella sul commissario transalpino da indurre i socialisti francesi — sono 14 — a tradire von der Leyen. E poi ci sono i popolari tedeschi. Scholz avrebbe convocato direttamente Manfred Weber per frenare le trame anti-Ursula e richiamarlo all’interesse nazionale tedesco. Che abbia dissuaso davvero eventuali franchi tiratori, però, è tutto da dimostrare”.
E GIAVAZZI RICORDA: “CONTANO PIU’ LE POLITICHE CHE I GIOCHI DI POTERE”
I quotidiani italiani “leggono” strane trame attorno alle nomine europee, La Verità arriva a titolare che “Ppe, Pse e liberali tentano il colpo di mano” mentre gli altri giornali d’area di centro destra mettono in evidenza come Meloni stia trattando anche sulla nomina di un commissario di peso (Raffaele Fitto), lo riportano le cronache del Giornale e Libero, mentre Il Messaggero parla proprio di “un’offerta all’Italia” anche se registra sul punto il “gelo” della leader di Fdi. Insomma, le trattative continueranno per settimane e si incroceranno con l’indicazione dei 27 commissari che verranno designati, uno per Paese, dai rispettivi governi, di concerto con la presidente. Forse, in tutto questo bailamme ha ragione l’economista Francesco Giavazzi che in fondo di prima sul Corriere della Sera chiosa: “comunque più dei passaporti conteranno le politiche, cioè la capacità di indicare obiettivi, strategie e su quelle costruire alleanze. Un esercizio che richiede più consapevolezza sulla reale abilità del Paese di influire sulle scelte europee. Che non sempre si ha e si è avuta”.