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Il centrodestra e la crisi da “Midterm” che passa dalla Consulta al dopo Fitto

Meloni

La tensione resta alta nella maggioranza e Lega e Forza Italia continuano a battibeccare. Meloni minaccia: “così si torna alle urne”. La preoccupazione del Quirinale sul destino del Pnrr, dopo il trasloco di Fitto a Bruxelles, mentre gli alleati trovano la quadra sulle nomine della Consulta 

Ma che sta succedendo? E’ solo la crisi di metà legislatura (una sorta di Midterm all’italiana) o la maggioranza rischia davvero di implodere? Se lo domandano i giornali che ancora una volta puntano sul battibecco tra Lega e Forza Italia e con Fdi che prova a spegnere la tensione tra gli alleati. Per il Corriere della Sera sono “scintille” quelle tra i due partiti della coalizione, per Repubblica invece è una “lite continua” mentre il Domani titola: “Insulti e rabbia tra Lega e Forza Italia, Meloni impotente di fronte alla faida”. Ma è davvero così?

ASSE PALAZZO CHIGI – QUIRINALE

Intanto quello che emerge è come il presidente del Consiglio ci tenga a far sapere che c’è un asse tra governo e il Quirinale, proprio per questo, come riporta Monica Guerzoni sul Corriere della Sera, ha fatto filtrare un “pranzo riservato” svolto mercoledì con Sergio Mattarella.  Di certo Palazzo Chigi “soffre i moniti di Mattarella su temi che intersecano l’azione del governo, come il finanziamento ai partiti, lo sciopero, i migranti e le corti d’appello, o il carcere per le donne incinte. Giorgia Meloni, con la consueta schiettezza, ha esternato la sofferenza del governo per le bacchettate del Colle e il presidente ha chiarito che gli interventi sono di carattere procedurale e giuridico e hanno riguardato anche emendamenti delle opposizioni. La politica dunque non c’entra, prova ne sia il pressing di Sergio Mattarella sul Pd perché votasse per la vicepresidenza esecutiva a Fitto”.

LA “PACE” TRA ALLEATI PASSA DALLE NOMINE ALLA CONSULTA

Oggi ci sarà un cdm che potrà servire a guardarsi negli occhi e capire se c’è intenzione di andare avanti e come. La prima partita, al di là delle scaramucce sul canone Rai è il nodo dei quattro giudici da eleggere alla Corte Costituzionale, uno già scaduto da mesi, tre in scadenza a breve che il Parlamento è chiamato a scegliere in seduta comune. “Ieri è arrivata un’altra fumata nera, la decima dell’anno, ma il patto con le opposizioni è stato finalmente trovato”  scrive Federico Capurso nel suo retroscena per la Stampa “Saranno necessarie ancora alcune votazioni a vuoto per abbassare il quorum, poi il centrodestra presenterà il nome di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Meloni a Palazzo Chigi, e quello del senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, mentre il terzo giudice indicato dalla maggioranza dovrà essere una figura «di garanzia», non politica. Al Pd spetterà invece l’indicazione dell’ultimo dei quattro: circola il nome dell’ex ministra Anna Finocchiaro, anche se dal Nazareno fanno sapere che non si è ancora arrivati a mettere un punto finale sul candidato”.

I PARTITI PROVANO A GETTARE ACQUA SUL FUOCO

Che qualcosa si muova e poi il potere è in grado di cementare tutto, anche i più fervidi rancori lo si comprende poi dalle interviste dei vari politici ai quotidiani. “Non siamo un partito unico, è capitato e potrà ricapitare” spiega ad Angelo Picariello di Avvenire Paolo Barelli, capogruppo alla Camera di Forza Italia, mentre Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dice ad Alessandra Arachi del Corriere della Sera: “Siamo la maggioranza, non una caserma. Arriveremo a fine legislatura”. “L’aria è frizzante, basta che non diventi irrespirabile, come nel 2019” ci tiene a sottolineare Gian Marco Centinaio leghista doc in un’intervista a Repubblica. Come finirà?

IL DOPO FITTO SEGNERA’ LE SORTI DEL GOVERNO

Nessuno lo ammette, ma tutto dipenderà da chi sarà il ministro agli affari europei dopo Raffaele Fitto. Potrebbe essere la casella domino, quella che farebbe cadere gli equilibri nella maggioranza. “Per Mattarella, comunque, anche gli Affari europei sono un ministero di peso e da valorizzare – annota Tommaso Ciriaco su Repubblica – Al cui vertice promuovere, se possibile, una figura politica. Non sarebbe la prima opzione di Meloni, che continua a tenere in piedi l’opzione del capo del Dis Elisabetta Belloni. L’alternativa, pare non sgradita, è quella di Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro e ambasciatore. Con un dettaglio che potrebbe incidere: per formazione, è assai più atlantista che europeista”. L’importante è trovare un nome giusto ed europeista solo così la maggioranza sarà ancora più salda e il governo più forte e anche la tempesta di metà legislatura si potrà dire superata.

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