Primi migranti verso l'Albania, in base al progetto fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni. Sono…
Ilva: c’era un italiano, un indiano e un francese…
Con una “buonuscita” che potrebbe variare dai 250 ai 400 milioni, ArcelorMittal è pronta a salutare l’ex Ilva e l’Italia e a investire in Francia
L’indiana ArcelorMittal tratta in Italia per uscire dall’ex Ilva. In Francia ha invece raggiunto un accordo per investire 1,8 miliardi di euro e decabonizzare l’impianto di Dunkerque, che da solo rappresenta il 6% delle emissioni industriali d’oltralpe. L’annuncio dell’intesa tra il governo francese e il colosso indiano dell’acciaio è arrivato dal ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire che a sua volta, nell’ambito del piano di riduzioni del carbonio prodotto dall’industria, potrà arrivare ad investire ulteriori 850 milioni accompagnando gli investimenti effettivamente realizzati dal gruppo privato.
LE STORIE PARALLELE DI ARCELORMITTAL IN ITALIA E FRANCIA
Quelle di ArcelorMittal in Italia e in Francia appaiono due storie parallele, non solo per la coincidenza temporale, ma con destini tristemente divergenti. Un quadro chiaro tra quello che poteva essere e quello che è. In Italia il confronto è per un disimpegno da Accaierie d’Italia con l’indiscrezione, rilanciata ieri dal quotidiano Repubblica, che l’uscita di Mittal dal suo 40% della società italiana che gestisce gli impianti ex Ilva potrebbe valere 400 milioni.
QUANTO VALE LA “BUONUSCITA” DI ARCELORMITTAL?
Secondo il Corriere della Sera oggi, la “buonuscita” potrebbe valere anche meno: “Il governo – scrive Michelangelo Borrillo – ha deciso che ArcelorMittal dovrà uscire dall’ex Ilva e il gruppo franco-indiano non farà barricate. Se l’uscita «morbida» del socio privato da Acciaierie d’Italia è ovviamente quella preferita dal governo, anche ArcelorMittal si sarebbe convinta che un lungo contenzioso legale non converrebbe a nessuno (tanto meno l’amministrazione straordinaria con impatto negativo su fornitori e indotto).
E anche sull’indennizzo da richiedere, i franco-indiani — secondo quanto riferito al Corriere della Sera da fonti vicine alle negoziazioni — non faranno problemi di prezzo. Potrebbero accontentarsi di una «buonuscita» scontata del 30-40%: basterebbero 300 milioni, probabilmente anche 250, per chiudere consensualmente la partita, a fronte di un valore contabile di circa 420 milioni (il 40% della valutazione della società al momento dell’ingresso di Invitalia nel 2020)”.
Per Repubblica, inoltre, a queste risorse “il Ministero dell’economia dovrebbe aggiungere ancora – secondo i calcoli riportati dal quotidiano – altri 3-400 milioni da immettere nell’azienda per rilanciare la produzione e circa 950 milioni per ricomprare gli impianti, considerando anche che 700 milioni dovrebbero tornare indietro, in quanto prestiti che il Mef aveva versato al primo commissariamento”.
I TEMPI PER LA “BUONUSCITA”
Per mettere a disposizione i 250- 300 milioni – ricorda il Corriere della Sera – Invitalia dovrà avere il via libera del ministero dell’Economia: scontato (stando alle dichiarazioni rilasciate a più riprese dal ministro Giancarlo Giorgetti), ma comunque non immediato. E se da una parte il governo — anche per soddisfare le richieste dei sindacati — ha fissato come data limite per la trattativa il 17gennaio, dall’altra se sarà necessario qualche giorno in più non sarà un piccolo slittamento della deadline a far saltare l’intesa. A quel punto inizierà il lavoro più difficile del governo: reperire subito i 320 milioni che servono per le materie prime e per far ripartire la macchina; individuare la nuova guida dell’azienda in sostituzione dell’ad Lucia Morselli; ricercare il partner industriale (Arvedi è in prima fila)”.
L’INDIANA ARCELORMITTAL DICE ADDIO ALL’ITALIA E ABBRACCIA LA FRANCIA
Di altro genere la storia d’oltralpe, che parte dal piano del governo francese, lanciato nel giugno scorso, per ridurre le emissioni degli impianti industriali. ArcelorMittal dovrebbe investire 1,8 miliardi (ma lo stesso ministro ha detto che la società sta effettuando gli studi finali) e lo Stato impegnare fino a 850 milioni. Questo denaro consentirà di costruire a Dunkerque, che è considerato uno dei 50 siti industriali francesi più inquinanti, due forni elettrici e un’unità diretta per la riduzione del ferro. L’attivazione è prevista per il 2027.
E’ il primo passo verso la produzione di acciaio privo di carbonio. Questi impianti alimentati da elettricità e gas, ed eventualmente idrogeno, sostituiranno i forni alimentati a carbone. Le emissioni di Co2 dovrebbero calare di 4,4 milioni di tonnellate all’anno. Arcelor, ha inoltre aggiunto il ministro, firmerà una lettera di intenti con Edf (Electricite de France) per un contratto di fornitura stabile e competitiva a lungo termine di energia nucleare.
COME HANNO REAGITO A TARANTO?
La notizia – scrive il quotidiano diretto da Luciano Fontana – “ha destato sorpresa e critica negli ambienti industriali e sindacali tarantini «perché Mittal sceglie di investire all’estero e non in Italia». Eppure lo scorso n settembre il ministro Raffaele Fitto aveva sottoscritto con Arcelor un memorandum of understanding molto simile a quello francese con cifre più importanti: investimenti per 4,62 miliardi, di cui 2,27 provenienti da fondi pubblici. Ma l’intesa non piacque né a Invitalia né al collega di governo Adolfo Urso. E così quel memorandum è diventato carta straccia: i notai ratificheranno solo un divorzio”,