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Incentivi auto elettriche. L’emendamento approvato dal governo che scontenta tutti

Ecobonus

Approvato l’emendamento alla Manovra che introduce incentivi per l’acquisto di auto elettriche, ibride o a metano. Ma non piace a sindacati, ambientalisti e lobby dell’auto. L’articolo di Annarita Digiorgio

Durante la notte di martedì la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, nella discussione della Manovra, ha approvato un emendamento che prevede l’introduzione di un sistema di ‘bonus-malus’ sulle immatricolazioni di auto nuove di categoria M1, in funzione delle emissioni di CO2, valido per gli anni 2019, 2020 e 2021.

COSA PREVEDE L’EMENDAMENTO

Dal 1° gennaio 2019 e per i successivi tre anni dunque, chi acquisterà e immatricolerà in Italia un’autovettura nuova elettrica, ibrida o alimentata a metano. Si prevede, infatti, di applicare, sulle autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ai 110 g/km, un’imposta crescente all’immatricolazione che varia dai 150 € ai 3.000 € e parallelamente, nello stesso triennio, di introdurre un incentivo all’acquisto di veicoli che emettono da 0 a 90 CO2 g/km, variabile da 6.000 € a 1.500 € a seconda della fascia emissiva.

In una nota congiunta il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, Michele dell’Orco, e il sottosegretario allo sviluppo economico, Davide Crippa sostengono di aver segnato un significativo passo avanti verso una mobilità sempre più sostenibile.

TUTTI CONTRO

Emendamento che però, aldilà delle forze di governo, vede praticamente tutti contrari. Il progetto di incentivi è infatti stato contestato sia da parte dell’associazione concessionari d’auto, che dai Verdi, che dal sindacato metalmeccanico.

LA REAZIONE DI BENTIVOGLI (FIM CISL)

“Servono normative realistiche e sfidanti e non mode irrealizzabili. Una Misura regressiva, sanno che quota ha l’automotive italiano sul Pil italiano?”, così il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli: “Un altro schiaffo all’industria italiana, altro che sovranisti. Incentivando i veicoli a prezzo più alto e tassando le automobili più popolari non assolviamo i ritardi dei produttori, queste norme schizofreniche sono un danno per il Paese e i lavoratori. Si tratta di una misura che rischia solo di penalizzare la nostra industria automobilista e quella Europa a favore delle concorrenza estera mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro penalizzando le fasce più povere delle popolazione che non possono permettersi un’auto nuova. Una partita quella dell’elettrico che il governo sta giocando in maniera dogmatica, quando invece va affrontata gestendo la transizione in maniera virtuosa. Una svolta quella della mobilità che necessità tanto lavoro principalmente per creare un ecosistema intelligente su cui l’Italia ad oggi fa solo dei gran convegni ma si trova in netto ritardo. Da questo punto di vista chi approva normative con scadenze immediate, come fatto ieri sera la Commissione Bilancio alla della Camera con emendamento 79 bis, prova solo a salvarsi la coscienza, senza tenere conto della realtà del Paese senza tra l’altro aiutare la sacrosanta battaglia per l’aria pulita delle nostre città e il clima. La campagna europea contro i diesel per l’inquinamento di Nox (biossido di azoto) è piuttosto strampalata e irrazionale, visto che nelle nostre città l’inquinamento, in misura maggiore, è prodotto dal riscaldamento privato e non dalla mobilità. Senza considerare poi, che da un euro4 ad un euro6 l’emissione di Nox si è ridotto del 40%. L’euro6 D final lo abbatte ulteriormente e produce meno Co2 degli altri combustibili. Sulla transizione della mobilità bisogna ragionare sui dati e non sulle mode del momento pensando anche da quale fonte si ricava l’energia elettrica, perché altrimenti, a consumi crescenti i risultati per l’ambiente saranno trascurabili e l’unico risultato che avranno prodotto sarà lo smantellamento della nostra industria dell’automotive, (che non è solo Fca, ma tutta le aziende di componentistica) e la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Il governo dimostri di occuparsi dell’infrastruttura di rete e dell’ecosistema indispensabile per far funzionare la mobilità elettrica e domani a guida autonoma. Con questo emendamento il piano di 5 miliardi di euro presentato a noi dal vertice di Fca rischia di diventare carta straccia”.

E QUELLA DI DE STEFANI COSENTINO (FEDERAUTO)

Sulla stessa linea Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente di Federauto, la Federazione dei concessionari auto. “Crea disoccupazione, se questo è lo sviluppo, viva la crisi. Questo progetto non dovrebbe piacere neanche agli italiani: 300 milioni l’anno spesi così sono soldi buttati via: le auto che hanno emissioni inferiori a 90 g/km di CO2 nel 2018 avrebbero già dovuto ricevere 412 milioni. Non si può ‘spingere’ le vendite di un mercato che viaggia già forte da solo. La prima cosa demenziale è questa. Per non parlare poi del ‘malus’ che colpisce tante utilitarie, anche a Metano. E che porterà a una riduzione del mercato. Con conseguenze enormi: basti dire che 200 mila auto vendute porterebbero una voragine del bilancio in termini di Iva e tasse. E la perdita del 10% dei posti di lavoro di chi lavora in una concessionaria. La proposta così come presentata invece di costituire una soluzione peggiorerà il problema sia dell’inquinamento, sia delle entrate dello Stato, sia dell’impatto sul mercato e, conseguentemente, sui livelli occupazionali delle nostre aziende in cui oggi sono impiegati più di 120.000 addetti. Paradossalmente l’incentivazione di auto nuove più ecologiche prevista dalla proposta sarebbe già nettamente inferiore a quanto il mercato ad oggi ha espresso per le vetture con emissioni di CO2 inferiori a 90 g/km. Di contro la penalizzazione di autovetture Euro 6 porterebbe le seguenti conseguenze: un rallentamento del rinnovo del parco senza eliminare le vetture più inquinanti e comporterebbe inoltre un minore gettito di Iva e Ipt dovuto ad una riduzione del mercato che non compenserebbe neppure in minima parte il maggior gettito derivante dal malus. Da ultimo la riduzione degli addetti delle concessionarie, che negli ultimi anni hanno pagato il prezzo della crisi con una perdita di posti di lavoro già molto elevata, comporterebbe un ulteriore calo stimabile in parecchie decine di migliaia di addetti. In sintesi, questa proposta invece di rappresentare una spinta al rinnovo del parco, alla riduzione dell’inquinamento ed alla diffusione di veicoli a basso impatto ambientale, si tramuterebbe in un boomerang con effetti recessivi sul mercato, sull’occupazione e sulle entrate tributarie”.

CRITICHE ANCHE DALL’ANFIA

Non meno critica anche l’Anfia Associazione Nazionale Filiera Automobilistica: “Un provvedimento come questo colpisce la filiera industriale italiana che si è impegnata ad investire nell’elettrificazione e mette in difficoltà gli operatori e il mercato, andando esattamente nella direzione opposta rispetto all’attenzione dichiarata ieri nei confronti di un comparto chiave per il Paese. La classificazione proposta, inoltre, non tiene conto dell’attuale situazione regolamentare, ovvero della transizione dalla procedura per il rilievo delle emissioni di CO2 NEDC a quella WLTP obbligatoria a partire dal 1° settembre 2018, che ha l’obiettivo di fornire ai clienti dati che rispecchiano maggiormente l’uso reale del veicolo e presenta valori notevolmente più elevati per il medesimo veicolo. Se prendiamo ad esempio il modello più venduto in Italia, la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, comunque tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di CO2, con il nuovo sistema pagherebbe un’imposta che varia dai 400 ai 1000 €. Chi, invece, ne comprerà una nuova alimentata con carburanti più inquinanti, dovrà pagare un’imposta che, anche in questo caso, sarà legata alle emissioni di Co2 del veicolo. Secondo i relatori con questo meccanismo diventerà sempre più conveniente acquistare vetture meno inquinanti contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria delle nostre città”.

CONTRARIO ANCHE CRISCI (UNRAE)

Sulla stessa linea Unrae, la più grande associazione di settore per i costruttori d’auto, tramite le parole del presidente Michele Crisci a Repubblica: “Il decreto andrebbe riscritto daccapo. È profondamente ingiusto e non svecchierà il parco auto circolante. Ci sono errori sia concettuali che numerici. Il provvedimento, così come orchestrato, non va nella direzione del rinnovo del parco auto circolante. Il sistema di bobus/malus infatti si applica solo alle vetture nuove, ma non alle vecchie. E nessuno pensa così a levare dalla circolazione i rottami. Con la follia che nel caso del malus si penalizzano perfino vetture molto più ecologiche (quelle nuove) di quelle che circolano e inquinano di più. C’è proprio un errore concettuale nell’approccio. Il sistema del bonus per ammontare totale (300M€) è assolutamente insufficiente. Secondo i dati ufficiali di quest’anno infatti non sarebbe nemmeno adeguato a premiare gli stessi numeri sviluppati dalle auto sotto i 90g/km di quest’anno. Come dire buttare i soldi per premiare l’acquisto di chi lo avrebbe già fatto naturalmente. Se anche servisse per aumentarne le vendite i fondi si esaurirebbero nel primo semestre. Così andiamo a incentivare, come detto, un numero di auto minore di vetture rispetto a quelle che già si vendono. La cosa che sorprende, poi, è che il malus realizza la stessa cifra che viene spesa sul bonus, una specie di autofinanziamento. Ma anche questo è un calcolo sbagliato: basterebbe un calo del mercato del nuovo, prevedibilissimo vista la tassazione su quasi il 50% delle auto, per annullare – fra Iva e tasse perse – le entrare del malus. E quindi salterebbe tutto. I rischi sono ben chiari: parliamo di tasse che vanno da 150 a 2500 euro. Si arriva fino al 3/4% e oltre del valore di una vettura. Una cosa enorme, che di certo influirà sulle vendite. Invece di fare cose di questo genere, sarebbe stato meglio puntare sulla realizzazione di infrastrutture di ricarica. Con 300 milioni l’anno, per tre anni siamo quasi a un miliardo. Sarebbe stata una bella spinta per la diffusione delle elettrico e dell’ibrido plug-in. Quando si fa una legge su una materia così tecnica, sarebbe almeno saggio parlare con chi quella materia la maneggia da qualche decennio. L’idea di avere un piano triennale è sicuramente positivo. Ma questi piani devono servire per cambiare il parco, altrimenti sono provvedimenti bandiera che non miglioreranno di certo la qualità dell’aria”.

A SORPRESA ANCHE GLI AMBIENTALISTI NON SONO CONTENTI

Si penserebbe che quindi è la lobby delle auto contraria, e invece ad essa si associano anche gli ambientalisti: “Agevolati motori fossili, diesel e metano”, dichiara Bonelli dei Verdi, a conferma ancora una volta che per un ambientalismo intransigente i fossili, gas o petrolio pari sono. “È scandaloso che nella norma contenuta nella legge di bilancio sulla mobilità, si siano inseriti incentivi anche a chi acquista auto a metano, quindi fossili, obsolete e con alte emissioni di C02. Mentre non ci sia alcun incentivo per l’implementazione delle centraline elettriche di ricarica, chi comprerà un’auto elettrica, dove la ricaricherà? Ancora una volta i movimento 5 stelle non ha avuto il coraggio di spezzare il cordone con le lobby del petrolio e del metano. Basare il contributo solamente sulla CO2 e non sulle polveri sottili, sostanze cancerogene che stanno distruggendo le nostre città metropolitane è davvero miope e fa gli interessi di quelle case automobilistiche che non vogliono la conversione ecologica. Diventa poi paradossale che nel bonus-malus sul bollo andranno pagheranno meno meno i motori diesel rispetto a quelli a benzina. Il diesel emette meno C02 delle benzine, ma rilascia tremendamente di più le polveri sottili che sono realmente cancerogene. Tra l’altro la conversione ecologica non può appesantire le tasche dei più poveri mentre è giusto che sia finanziata da chi ha più possibilità e, probabilmente, ha più inquinato negli anni scorsi. Per questo è necessario che chi a meno reddito abbia incentivo più alto”.

Insomma ancora un grande successo per la manovra targata gialloverde: essere riusciti a mettere insieme ambientalisti, sindacati e lobby dell’auto. Contro il governo.

 

Articolo pubblicato su EnergiaOltre

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