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Le rinnovabili possono crescere anche grazie al crowdfunding

Rinnovabili

Un aiuto alle rinnovabili dal crowdfunding. L’intervento del Presidente del Coordinamento Free, Prof. Gb Zorzoli, per la rivista Il Pianeta Terra

Nella proposta di Piano nazionale Energia e Clima (Pnec) gli investimenti aggiuntivi, tra il 2017 e il 2030, in tecnologie, processi e infrastrutture, necessari per realizzare gli obiettivi previsti, sono stimati come pari a 184 miliardi di euro, che andranno ad aggiungersi ai 1.008 miliardi comunque richiesti dall’evoluzione del sistema energetico italiano a politiche correnti. Per il solo settore elettrico è previsto un impegno addizionale di 52 miliardi: 36 in impianti di generazione, 16 in reti e accumuli.

NON BASTERÀ LA QUOTA RINNOVABILE

Probabilmente, per arrivare a coprire il 32% dei consumi finali lordi con produzione rinnovabile non basterà il 55,4% di Fer per i consumi elettrici indicato nel Pnec. Esiste infatti una regola empirica, confermata (anche in Italia) dagli andamenti reali, secondo cui la percentuale per la quota elettrica è quasi doppia di quella complessiva. Non a caso, al 28% totale della Sen corrispondeva il 55% per l’apporto delle rinnovabili elettriche, per cui nel Pnec l’obiettivo più probabile è intorno a 59%.
Inoltre, tenendo conto che il ritardato avvio operativo del nuovo Decreto sulle rinnovabili elettriche creerà pochi investimenti nel 2019, dal 2020 al 2030 si dovranno annualmente allocare in media più di 3 miliardi di euro in impianti di generazione; per la massima parte nell’eolico e nel fotovoltaico.

ANCORA TROPPO POCHI I PPA

Il problema, come purtroppo si sente ancora oggi ripetere in interventi di addetti ai lavori, non è il maggior onere sulle tariffe, in quanto la riduzione dei costi di tali impianti li metterà in grado di essere realizzati o ripotenziati senza bisogno di incentivi.
Non lo sono più nemmeno gli strumenti per rendere bancabili gli investimenti. Dopo quasi undici mesi del 2018, caratterizzati da molteplici dibattiti sulla praticabilità in Italia dei Ppa (contratti a lungo termine di compravendita di energia elettrica), costellati da sequenze di “se” e di “ma”, gli ultimi due mesi hanno visto la stipula di Ppa per circa 400 MW, dove la controparte del produttore è stato un trader.

Mentre, secondo gli scettici, per la scarsità di grandi imprese in Italia difettavano controparti del produttore, in grado di garantire la diffusione dei Ppa su larga scala, e dall’altra parte della barricata ci si ingegnava a indicare alternative – come aggregazioni di Pmi e comunità energetiche locali – tutte però solo potenziali, le dinamiche del mercato hanno messo in campo una prima controparte reale: i trader. Questo, “senza che ne derivino oneri a carico dello Stato e dei consumatori”, come richiesto dal Pnec.
Inoltre, va tenuto conto dell’apporto complementare, pure previsto dal Pnec, fornito dai contratti per differenza da stipulare a seguito di gare competitive, anche se l’esperienza defatigante dei Decreti sulle rinnovabili non depone a favore dell’efficacia di questo strumento.
Viceversa, la promozione delle installazioni prevalentemente dedicate all’autoconsumo potrà essere garantita dagli ecobonus per quelle domestiche e dai superammortamenti quando ad adottarle sono imprese; a patto, però, che queste misure siano confermate e rese stabili.

INVERTIRE LA TENDENZA

Tuttavia, per garantire tra il 2020 e il 2030 l’installazione media annua di poco meno di 4 GW di eolico e fotovoltaico, prevista dal Pnec, tali strumenti dovranno essere messi in condizione di funzionare senza altri vincoli oltre a quelli imposti dal rigoroso rispetto della normativa, a partire dall’impatto ambientale.

Per invertire la tendenza, non mancano proposte di modifica dei processi autorizzativi, di selezione ex-ante delle aree abilitate a ospitare gli impianti Fer, di applicazione più efficace del burden sharing: tutte soluzioni che in passato si sono dimostrate per lo più incapaci di reggere la pressione esercitata da contestazioni locali.
Più credibile appare la scelta di individuare localmente una controparte con cui stipulare un Ppa in grado di garantire la fornitura a lungo termine di energia elettrica a prezzi convenienti ma, per coinvolgere i cittadini, le aziende presenti nell’area interessata e gli enti pubblici locali, le controparti dovrebbero essere comunità energetiche, non ancora normate nel nostro Paese.
Lo stesso Pnec, pur collocandole tra gli strumenti idonei a promuovere lo sviluppo delle rinnovabili, sottolinea che “richiederanno la definizione di strumenti di governo che assicurino la sicurezza del sistema, la tutela dei consumatori e l’equa allocazione degli oneri di rete e di sistema”.

UNA SOLUZIONE: IL COWDFUNDING

Per cointeressare concretamente a progetti Fer le popolazioni circostanti l’unica soluzione a portata di mano è il crowdfunding. Già adottato con successo in UK, Germania, Olanda, Francia, è stato recentemente replicato anche in Italia con esiti positivi.

Edison ha associato i cittadini nel finanziamento dell’impianto mini-idro di Palestro, cui hanno potuto partecipare con quote comprese tra 100 e 5.000 euro, a un tasso di interesse fisso annuo lordo pari al 7%, se residenti nelle province interessate dal progetto (Pavia, Vercelli e Novara), al 5% per i residenti altrove e in possesso di un contratto luce, gas o servizi di Edison Energia, al 4% per tutti gli altri prestatori. L’offerta si è conclusa anticipatamente, con una raccolta di oltre 250.000 euro.
La stessa Edison ha replicato con analogo successo il crowfunding per finanziare a Barge, comune in provincia di Cuneo, un impianto di teleriscaldamento, con il calore proveniente da tre caldaie alimentate da biomassa “a filiera corta” (prodotta entro un raggio di 50 chilometri).

In entrambi i casi la sindrome Nimby non si è manifestata.

 

Articolo pubblicato sulla rivista Il Pianeta Terra numero febbraio 2019

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