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L’elettorato cristiano cede ai sovranisti?

Papa

L’analisi di Emmanuela Banfo per Affarinternazionali

Le chiese cristiane perdono elettori, almeno in Italia. Dopo l’esito del voto europeo, media e sondaggisti hanno parlato di vera e propria sconfitta di Papa Francesco, la cui politica pro-Europa, pro-accoglienza dei migranti, pro-dialogo con l’ Islam, è esplicita e in perfetta sintonia con gran parte del mondo protestante. L’elettorato cristiano, in Italia a maggioranza cattolica, non avrebbe ascoltato i ripetuti richiami a non cadere nelle trappole dei nazionalismi e delle chiusure identitarie e avrebbe tranquillamente dato i propri consensi a quel Matteo Salvini che non gode affatto delle simpatie di Francesco. Anzi, non è difficile vedere nell’ “altra Italia, quella dell’ 8 per mille alla Chiesa cattolica” proprio l’Italia anti-leghista, ovvero quella della solidarietà, dell’aiuto ai poveri, della pace e dell’incontro.

TEMPI CAMBIATI

Che corrisponda più o meno al vero che sia stato l’elettorato cristiano a rinvigorire le destre, cosa tutta da dimostrare, le chiese ‘sconfitte’ e in primis il Papa ignorano questo tipo di analisi, non perché di per sé falsa, ma fuorviante. Da tempo, forse ancora prima che Salvini nascesse, le masse non si muovono più a bacchetta. Quel che dice il pastore, e ancor più il parroco, la domenica mattina non è preso come oro colato. I pizzini del sacrestano o della perpetua con l’indicazione del partito da votare sono immagini d’archivio e la non aderenza dei cattolici ai dettami Vaticani ha permesso all’Italia di avere le leggi sul divorzio e sull’aborto.

Oggi, inoltre, il bombardamento mediatico, le persuasioni occulte esercitate attraverso la rete, possono essere ben più  incisive di mille omelie. Questo lo sa il Papa e lo sanno le chiese evangeliche impegnate da anni nei corridoi umanitari assieme alla comunità di Sant’Egidio.

IL RISCHIO DI GUARDARSI L’OMBELICO

Chi parla di sconfitta di questo pezzo consistente della cristianità italiana rispetto al voto del 26 maggi0 è portatore di un’idea di chiesa di massa egemonica e a un rapporto fede-politica strumentale. Anche la granitica chiesa cattolico-romana, con i suoi tempi lunghi, i suoi fragili equilibri interni alle gerarchie ecclesiastiche, sta cambiando pelle e mette in discussione la pretesa di essere unica, sola, legittima rappresentante di Dio in terra e di usare la religione per pilotare la società civile.

Il discorso tenuto da Francesco alla Facoltà Teologica di Napoli è stato eloquente incitando a “incarnare la fede cristiana in contesti talora di conflitto, di minoranza e di convivenza plurale con altre tradizioni religiose”. Ha indicato il Mediterraneo come luogo simbolico di un nuovo mondo: “Il Mediterraneo è il mare del meticciato – ha detto –, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione”.

Nel citare il leader battista Martin Luther King tra gli “artigiani della pace”, nell’invito a dialogare con gli ebrei e con i musulmani “per costruire il futuro delle nostre società”, questo Papa, scomodo nella sua stessa casa tra i suoi fratelli porporati, ha sicuramente guardato oltre il voto europeo e anche oltre una prospettiva eurocentrica che potrà, in un futuro non troppo lontano, essere l’insidia degli stessi europeisti. O si guarda all’Africa, all’Asia,  oppure Bruxelles finirà per guardarsi l’ombelico.

LE CHIESE DEL DIALOGO NON DEMORDONO

Incuranti del responso uscito dalle urne e dei pronostici che non palesano alcuna svolta in caso di imminenti elezioni politiche, le cosiddette chiese perdenti non demordono.  Il 22 giugno a Caltanissetta, per il centenario della nascita del Partito Popolare, è stato rinnovato l’appello di don Sturzo “ai liberi e forti”, invito a “congiungere nell’amore alla Patria, il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo” e, qualche giorno prima, il premier Giuseppe Conte ha risposto con interesse alla proposta inviata congiuntamente dal presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impigliazzo e dal presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca Maria Negro, di aprire un corridoio umanitario dalla Libia per 50mila profughi.

Oltralpe si respira la stessa aria. A pochi giorni dal voto europeo, il Sinodo nazionale della Chiesa protestante unita di Francia, che si è tenuto a Grenoble, ha centrato i lavori su ecologia, immigrazione e il futuro delle chiese cristiane in Paesi sempre più secolarizzati. Il 2 giugno il vescovo capo della Chiesa Evangelica Tedesca, Heinrich Bedford Strohm, ha incontrato in Sicilia l’equipaggio della Sea Watch 3. Sono state nette le sue parole contro la “criminalizzazione di queste Ong e di queste persone che salvano altre persone in mare”.

Il 13 giugno è partita la campagna “Io accolgo”, promossa da 42 organizzazioni, tra cui Fcei, Acli, Gruppo Abele, Medici senza frontiere, Save the Children, per far conoscere e diffondere le buone pratiche di ospitalità e integrazione di persone migranti. Il 18 giugno a Ginevra si è concluso il Consiglio della Federazione mondiale luterana, la cui XIII Assemblea si terrà a Cracovia il 21-27 giugno 2023 , una realtà di 148 chiese con 75 milioni di credenti in 99 Paesi. Tra le Risoluzioni votate quella contro la schiavitù (“Tutto gli esseri umani, i loro diritti e la loro dignità, non sono in vendita”) e quella per la “giustizia climatica” a protezione della biodiversità e dell’integrità del creato.

PERDERE ELETTORI, GUADAGNARE ANIME

La strada segnata da queste chiese sembra tracciata, senza possibilità che le oscillazioni elettorali possano causare un’inversione. Magari, secondo alcune interpretazioni, hanno perso elettori, ma forse hanno guadagnato anime, dentro e fuori le chiese. Sarebbe riduttivo intenderla come un modo moderno di fare proselitismo o di evangelizzare. Lo scopo è infatti questo: portare la chiesa fuori le mura, aprirla a chi non ne fa parte.

È un rischio che venga capita di più proprio da chi non ne fa parte? Se l’interrogativo è posto retrospettivamente di poco più di Duemila anni, si potrebbe concludere che l’ ebreo Gesù di Nazareth fece esattamente la stessa cosa: portò la Parola del Signore non solo alla propria comunità, ma ai Gentili, ai pagani. Quando il Papa sollecita gli studenti di teologia a studiare le lingue e le culture araba, ebraica, a sapere condurre i loro studi esegetici affrontando in parallelo Bibbia, Talmud e Corano, non sembra affatto preoccupato di formare eccellenze teologiche da accademia, ma apre un orizzonte che, tornando alle origini del monoteismo abramitico, guarda decisamente lontano, molto più lontano del 26 maggio.

Sarebbe un peccato se questa visione profetica di ampio respiro venisse barattata un giorno da un piatto di lenticchie come, ad esempio, la proposta di legge per l’abolizione dell’ora di religione cattolica nelle scuole e il ricalcolo delle quote Imu. Firmata da quasi tutti i partiti tranne la Lega potrebbe trasformarsi in arma di ricatto per silenziare l’inquilino ribelle del Vaticano. Che si spera, invece, tanto lungimirante da ben acconsentire che quell’ora sia studio di tutte le religioni e che le tasse siano un dovere uguali per tutti. Sarebbe coerente a se stesso. E al cristianesimo.

 

Articolo pubblicato su affarinternazionalit.it

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