La Chiesa vuole orientare il cambiamento epocale prodotto dall’IA verso il bene comune. Lavoro, giustizia, dignità, relazioni: ecco l’orizzonte di senso per Papa Leone XIV secondo il direttore di Avvenire Marco Girardo, intervistato per il nuovo numero del quadrimestrale d Start Magazine (anno IX, n.3 novembre 2025-febbraio 2026)
L’Intelligenza Artificiale è destinata a rivoluzionare il futuro dell’uomo post-moderno e il nostro stile di vita. Una trasformazione radicale che ha suscitato l’interesse del nuovo papa. “Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”, ha spiegato il pontefice due giorni dopo la sua elezione parlando davanti al collegio cardinalizio.
Papa Leone XIV è intervenuto sul tema anche in occasione dell’AI for Good Global Summit: “Questo cambiamento epocale – ha ammonito il Papa – richiede responsabilità e discernimento per costruire ponti di dialogo, promuovere la fraternità e assicurare che l’AI rimanga al servizio dell’intera umanità”. DI tutto questo ne abbiamo parlato con Marco Girardo, direttore di Avvenire.
Papa Prevost ha deciso di chiamarsi Leone XIV in omaggio a Papa Leone XIII che scrisse la Rerum Novarum. Perché la Chiesa pone così tanta attenzione alla nuova rivoluzione industriale a cui sta dando forma l’Intelligenza Artificiale?
Perché l’Intelligenza Artificiale sta cambiando il mondo a una velocità impressionante, e la Chiesa si interessa a tutto ciò che tocca concretamente la vita delle persone. Le trasformazioni tecnologiche non sono mai neutre: generano opportunità straordinarie, ma anche rischi profondi, soprattutto per i più fragili. Come Leone XIII, con la Rerum Novarum, offrì una lettura profetica della prima rivoluzione industriale, oggi Papa Leone XIV raccoglie quella eredità per interrogarsi sul senso umano e spirituale della rivoluzione digitale. L’IA interroga i fondamenti del vivere insieme: lavoro, giustizia, dignità, relazioni. La Chiesa vuole orientare questo cambiamento epocale verso il bene comune, offrendo parole e strumenti di discernimento in un tempo che rischia di essere dominato solo da logiche di efficienza e profitto. Mi sembra di poter affermare che in tal senso Leone XIV prosegua il cammino di Francesco e, per certi aspetti, recuperi anche intuizioni di Benedetto e Paolo VI. Ciò che emerge è un’antropologia cristologicamente fondata: il punto di incontro autentico con il mondo.
Come la dottrina sociale della Chiesa (che è dei primi del ‘900) può aiutare e/o influenzare il mondo del lavoro degli anni 2020?
La Dottrina sociale della Chiesa è viva, non è un insieme statico di regole, ma un metodo per affrontare le trasformazioni storiche. Lo ha detto chiaramente papa Francesco: l’obiettivo non è avere risposte prefabbricate, ma imparare ad avvicinare i problemi, a discernere. E lo ha ribadito recentemente papa Leone: la dottrina sociale «non vuole alzare la bandiera del possesso della verità, né in merito all’analisi dei problemi, né nella loro risoluzione. In tali questioni è più importante saper avvicinarsi, che dare una risposta affrettata sul perché una cosa è successa o su come superarla. L’obiettivo è imparare ad affrontare i problemi, che sono sempre diversi, perché ogni generazione è nuova, con nuove sfide, nuovi sogni, nuove domande» (Discorso ai membri della Fondazione Centesimus Annus, 17 maggio 2025). In un tempo segnato dalla precarietà, dall’automazione e da nuove forme di disuguaglianza, i principi della dottrina sociale – la dignità del lavoro, la centralità della persona, il primato del bene comune – tornano ad essere fondamentali. Aiutano a contrastare la riduzione del lavoro a mero ingranaggio, restituiscono senso e giustizia all’agire economico. E indicano una direzione chiara: dare voce agli ultimi, ascoltare gli scartati, guardare il mondo con gli occhi di chi ne resta ai margini.
Esiste una via cristiana per riscoprire l’equilibrio tra vita privata e vita professionale? Equilibrio che le nuove tecnologie stanno contribuendo a distruggere.
Sì, ed è legata a una visione del tempo e della vita fondata sul rispetto dei ritmi umani. Il Vangelo ci insegna che non siamo fatti solo per produrre: esistono il riposo, la festa, la gratuità, la relazione. Le nuove tecnologie tendono a confondere i confini tra lavoro e vita privata, rendendoci costantemente connessi e disponibili. E soprattutto ci rubano attenzione. “C’è qualcosa nella nostra anima che respinge la vera attenzione” scriveva Simone Weil. Curare l’attenzione vera, ossia quella più concentrata e focalizzata, è gesto quotidiano salutare. E invece così poco lo teniamo presente, così poco ci facciamo attenzione. Ma vivere bene significa anche saper dire “basta”, riconoscere che il tempo ha un valore che non si misura in efficienza. L’equilibrio è possibile se si torna a dare centralità alla persona, ai suoi bisogni profondi, al suo desiderio di senso. Alcune imprese, le più illuminate, l’hanno già capito: il benessere autentico non è un lusso, è la vera produttività.
L’Intelligenza Artificiale può essere anche un’opportunità di benessere per i Paesi del Terzo Mondo e per i Paesi in via di Sviluppo che Papa Leone XIV conosce bene?
Può esserlo, se è guidata da criteri di giustizia. L’IA può offrire strumenti innovativi per l’istruzione, la sanità, l’agricoltura sostenibile, la gestione delle emergenze ambientali. Ma senza volontà politica e cooperazione internazionale, rischia di ampliare il divario invece di colmarlo. Il La cosiddetta “trappola del debito” ne è un esempio: solo un approccio multilaterale e coordinato potrebbe raccogliere l’appello pressante con il quale ci ha lasciato papa Francesco e appena richiamato da papa Leone a un’azione che tenga assieme debito ed emergenza climatica. È necessario essere pragmatici e realisti, indirizzando energie e sforzi verso l’individuazione di soluzioni capaci di creare condizioni di mutuo vantaggio per conquistare in questo modo il consenso da parte di un gruppo di creditori. Soluzioni piccole ma scalabili, come quella della trasformazione di una parte del servizio del debito che un Paese sta pagandolo in un fondo per finanziare e rendere più facili gli investimenti in progetti di alto impatto sociale ed ambientale nello stesso Paese. Non basta quindi la tecnologia: servono coordinamento politico sul piano macro e ascolto dei bisogni reali delle persone. E soprattutto: serve la pace. Dove c’è guerra, ogni progresso è congelato. Papa Leone XIV ci ricorda che la giustizia e la pace sono inseparabili, e che non c’è benessere autentico senza riconciliazione e dialogo.
L’altra faccia della medaglia, invece, può essere che l’IA diventi una nuova forma di “colonizzazione” e di dominio dell’Occidente sui Paesi più fragili. Da questo punto di vista quale può essere il ruolo che può giocare la Chiesa Cattolica?
La Chiesa, con la sua presenza capillare e il suo radicamento tra i più poveri, può e deve tenere desta l’attenzione su questo rischio. Può contribuire a una alfabetizzazione tecnologica che sia inclusiva, può promuovere una cultura dell’accesso equo alla tecnologia, può far emergere dal basso una narrazione alternativa a quella imposta dai centri di potere globale. La sua vocazione universale la rende ponte tra i popoli, capace di costruire alleanze per un uso etico e solidale dell’IA. Non è una battaglia tecnica: è una questione di giustizia. Non possiamo limitarci a fornire criteri per governare le tecnologie. La Chiesa può offrire un’antropologia profonda, che sia guida e profezia. Non basta dire “attenzione, ci sono dei rischi”: siamo chiamati a indicare un orizzonte di senso e una meta per l’umanità immersa nel digitale.
L’intelligenza artificiale, e segnatamente i LLM, sono stati realizzati a partire da contenuti e regole appartenenti alla cultura occidentale. Come si potrà salvaguardare la diversità culturale, le persone umane e le radici da cui provengono dal rischio di omologazione?
È sicuramente una delle sfide più urgenti. E intriganti. Papa Leone XIV ha richiamato proprio l’importanza di tutelare la ricchezza delle culture e delle tradizioni spirituali contro la spinta omologante dei modelli digitali (Messaggio ai partecipanti alla seconda Conferenza annuale su intelligenza artificiale, etica e governance d’impresa, 19-20 giugno 2025). Le grandi IA generative, come i LLM, rischiano di appiattire il pensiero, di uniformare i linguaggi, di produrre testi puliti ma senza anima, culturalmente anonimi. The New Yorker di pochi giorni fa riferiva esperimenti di MIT e Cornell che evidenziano come la scrittura assistita da IA porti a testi più “piatti”, meno originali. Per resistere, serve anzitutto che maturi una consapevolezza diffusa, in secondo luogo una regolazione attenta, ma soprattutto il contributo intellettuale di una pedagogia della differenza. L’alternativa, come ammoniva Orwell, è una realtà senza verità, in cui tutto è manipolabile. Ma se custodiamo le radici, le memorie, le parole vere, possiamo ancora opporre umanità all’algoritmo.


