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Perché Paolo Rossi è stato un simbolo di unità nazionale

Paolo Rossi

Cosa ha rappresentato Paolo Rossi per l’Italia degli anni Ottanta quando il calcio era “poco business e molta poesia”? Un eroe nazionale dalla personalità ed emotività imperfette, un simbolo di riscatto e di gioia, genio e immaginazione. L’intervista di Giuseppe Mancini allo scrittore Giancarlo Liviano D’Arcangelo per Policy Maker

In omaggio a Paolo Rossi, giovedì 10 dicembre la RAI ha cambiato il palinsesto: prima due documentari sulla sua carriera e sulla sua vita, poi la visione integrale di quell’indimenticabile Italia-Brasile 3-2 del Mundiàl spagnolo del 1982 che trasformò Pablito da grande centravanti a eroe nazionale. Scomparso a 64 anni, Rossi ha incarnato la generazione della riscossa dopo gli anni più bui del terrorismo in Italia, un simbolo che ha travalicato i campi di calcio.

Abbiamo chiesto di illustrarci questa sua dimensione ulteriore a Giancarlo Liviano D’Arcangelo, scrittore e saggista, autore di Gloria agli eroi del mondo di sogno. Il gioco del calcio. Racconto fantastico di un universo mitico (Il Saggiatore, 2014).

GM: Perché oggi ricordiamo con grande affetto Paolo Rossi, per i tre goal al Brasile (e i sei in tutto ai mondiali di Spagna) o anche per essere stato un simbolo che trascende il calcio?

Lo sport, e in particolare il calcio, ha un potere assolutamente magico per chi lo ama. La partecipazione non è soltanto emotiva o psicologica ma interviene qualcosa di più profondo a livello simbolico, di adesione al mito. Paolo Rossi agisce sul campo da gioco e trova una sequenza di partite, quelle dei mondiali dell’82, in cui sembra guidato da un’energia segreta, magica per l’appunto, e fa sognare una nazione intera. Per cui diviene simbolo, e un simbolo trascende sempre uno spazio confinato per liberarsi nell’immaginario. Rossi diviene simbolo di riscatto, di gioia, della possibilità per tutti i Davide, di sconfiggere Golia.

Quanto è stato importante Paolo Rossi per dare speranza e carica agli Italiani dopo il periodo più buio del terrorismo? Perché Rossi, Zoff, Tardelli, Bearzot, ma anche Pertini, sono diventati i simboli più rappresentativi – ancora oggi riconosciuti come tali – di quel periodo storico, dopo 40 anni?

L’Italia usciva in quel momento da un periodo nero, 15 anni di violentissimo scontro ideologico, per qualcuno reale e per qualcun altro strategico, in cui il paese stesso era divenuto un campo da gioco tra eversione nera ed eversione rossa con la variante impazzita dei servizi segreti. Le stragi, Moro, le rivolte studentesche, la criminalità che si faceva cool. Tutto estremamente pesante. Il Mundial ’82 riversò l’Italia nelle strade con una leggerezza che sapeva di rinascita, quella rinascita che il calcio consente nella vita quotidiana, in piccolo, ogni volta che una grande partita ricomincia. La vittoria è invece una sorta di palingenesi assoluta, che in quanto tale, è più rara ma decisamente più poderosa. Ecco perché ancora anche io che nel 1982 avevo 5 anni ricordo a memoria la formazione dell’Italia come una poesia.

Ritiene che siano figure simboliche dell’Italia solo in Italia, o anche al di fuori? L’Italia veniva identificata nel mondo tramite Paolo Rossi?

Sul piano del suo peso simbolico Rossi è stata una figura molto italiana, perché la peculiarità della sua vicenda, l’eroe dei mondiali, rimanda a una partecipazione emotiva che poteva riguardare solo chi i mondiali li aveva vinti, cioè gli italiani. Calcisticamente invece la sua notorietà fu sicuramente di grande portata internazionale anche grazie al Pallone d’oro 1982 e ai trionfi con la Juventus, per cui mi pare di poter dire che Rossi non richiamava un’identificazione mondiale uomo-paese come è accaduto, per esempio, per Maradona, ma sicuramente rientrava nelle prime dieci parole che nel mondo richiamavano all’Italia in quel preciso momento.

Possiamo dire che il calcio a livello di simboli travalicava il rettangolo di gioco? Il segreto è forse che allora – come diceva proprio Rossi – il calcio era “poco business e molta poesia”? È questa la differenza tra il 1982 e il 2020, anche a livello di simboli (simboli con cui identificarsi ieri, simboli prevalentemente commerciali oggi)?

A livello puramente simbolico molto probabilmente la portata degli eroi del mondo del calcio è anche più vasta oggi che un tempo, ciò che cambia sono le caratteristiche del simbolico. Oggi un calciatore come Cristiano Ronaldo è il simbolo del successo mediatico nel mondo come uomo vincente, ricco, potente, amato in ogni angolo del pianeta, straordinariamente performativo. Un uomo-macchina o uomo-azienda perfettamente efficiente e in grado di operare a livello mondiale. Sono i valori del nostro tempo riuniti in un unico corpo d’atleta.

Negli anni di Rossi, o di Maradona, per divenire simbolo bisogna essere imperfetti, incarnare valori non solo aspirazionali come il successo o la perfezione, ma trasmettere alla gente empatia, umanità, genialità anche fugace ma necessariamente in dialogo con la minaccia della normalità. La poesia che oggi sembra mancare era nient’altro che questo, uomini che pur visti a distanza mostravano personalità ed emotività imperfette, ma autentiche, originali, più vere e profonde.

Il genio, il talento individuale, resteranno il fattore determinante anche in quello ubiquo e ipertecnologico di oggi?

Anche in questo caso ciò che cambia non è la qualità del gesto tecnico – ne vediamo di straordinari quasi in ogni partita – ma la diversità. La velocità del calcio, che si è moltiplicata, riduce necessariamente la varietà dell’azione individuale o del talento puro, perché il genio è istinto che mixato a immaginazione produce il cortocircuito poetico che sono i gesti. Oggi c’è meno tempo per l’immaginazione, e quindi i gesti tecnici, anche superlativi, sembrano più delle esecuzioni che invenzioni vere e proprie.

A livello di simbologia, qual è a suo avviso la differenza tra Rossi e Maradona?

Maradona a livello simbolico è impareggiabile, ha una potenza straordinaria. Le origini in favelas, la statura, l’identificazione con gli ultimi, la genialità fulminante, la mano de dios, la sofferenza con la droga, le tentazioni, il continuo ondeggiare tra massimo successo e massimo fallimento. Ha le caratteristiche ancestrali del mito, dei poemi epici. Rossi è un simbolo meno universale ma più legato a una parentesi gioiosa, indimenticabile per il nostro paese. Ed è già qualcosa di raro e bellissimo.

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